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Missionari francescani del Rosario

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CHI SIAMO

 

L’ Associazione Secolare “Missionari Francescani del Rosario” si è riunita per la prima volta nel 2009 presso l’ospedale civile di Caserta. Si desiderava dar vita ad un’associazione di laici che vivesse nel mondo la missionarietà propria che scaturisce dal Battesimo, nella semplicità francescana, evangelizzando attraverso la preghiera del Rosario. Primo assistente spirituale dell'associazione è fra Rosario Perucatti ofmcap, ex cappellano dello stesso ospedale. Fra Rosario ha riunito intorno a sé volontarie e volontari ai quali ha dato mandato di recitare il santo Rosario della Madonna di Pompei insieme agli ammalati e ai loro familiari nella sala di attesa della rianimazione e nei vari reparti dell’Ospedale. Lo stesso fra Rosario ha poi dato vita ad una catechesi mariana, attraverso la Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II, “Rosarium Virginis Mariae”, cui tutti erano chiamati a partecipare per acquisire una maggiore conoscenza del Rosario. Alla Missionaria dell’Immacolata Padre Kolbe Lucia Corcella, poi, è stata affidata una ulteriore catechesi sul valore ed il significato della missionarietà. È nata, infine, la tradizione di Solennizzare la festa della Madonna del Rosario il 7 ottobre: durante la Celebrazione Eucaristica, viene consegnato il mandato missionario a coloro che entrano a tutti gli effetti nell’Associazione. Oggi, l'“Associazione Secolare missionari francescani del Rosario”, nata dallo spontaneo desiderio di portare la parola di Dio ai fratelli, ha raggiunto una sua forma statutaria e continua ad operare anche al di fuori dell’ospedale e si offre a quanti sentono il desiderio di pregare.

 

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Il Vangelo

Post n°566 pubblicato il 06 Giugno 2014 da mfr_caserta

Dal Vangelo secondo Giovanni 21,15-19.

In quel tempo, quando si fu manifestato ai discepoli ed essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle».
Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle.
In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».


Commento al Vangelo

Il rapporto tra Gesù e Pietro è sempre stato singolare e tormentato: già nel Vangelo di Matteo (Mt 16, 13-23), quando aveva appena assegnato a Pietro il ruolo di capo della Chiesa, ecco che Gesù l'aveva addirittura chiamato "Satana", poiché non era ancora entrato nell'ottica di "pensare secondo Dio, ma secondo gli uomini!".
Giovanni ci presenta una situazione per certi versi simile: il contesto è quello che segue la passione e resurrezione di Cristo, durante la quale - non dimentichiamoci - Pietro l'aveva rinnegato addirittura tre volte! Ma Gesù è tenace, e se lo vuole tenere ben stretto: chiede, a Simone-Pietro, "mi ami?", ossia "sei pronto a dare la tua vita per me, a donarti completamente per seguirmi?". La risposta di Pietro è finitamente umana: dal basso delle sue debolezze e del suo senso di inadeguatezza, egli non è capace di "amare", ma riesce solo a dire "ti voglio bene", ossia "Signore, io ci sono, ma...". E nonostante tutto, ancora una volta Gesù conferma la sua volontà: Pietro sarà il suo "portavoce" in terra.
E così, alla terza volta è proprio lui ad abbassare le pretese: ha capito che il discepolo non è ancora pronto per un amore totale (che egli chiama agape) ed accetta il suo volergli bene (che in greco è tradotto con filia), gli assicura che a lui va bene così, e rinnova l'invito a pascere le sue pecore. "Seguimi" gli dice infine: Gesù sa che col tempo egli imparerà anche ad amarlo.
Chi meglio di Pietro in questa occasione - ma potremmo dire durante l'intero vangelo - rappresenta noi cristiani: attanagliato da dubbi e incertezze, non ancora in grado di relazionarsi a fondo con Dio, addirittura capace di negare di avere qualcosa a che fare con lui. Chiunque, dopo tutte queste delusioni ricevute, avrebbe lasciato perdere Pietro, poiché troppe volte lo aveva tradito! Ma qui sta la bellezza della carità di Dio: lui ci solleva dalla bassezza del nostro peccato per innalzarci a suoi figli prediletti.

 

 
 
 
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