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Usa rischiano deflazione e tassi zero

Post n°159 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da gianzav1

“Quando il tasso di interesse nominale e’ ridotto a zero” in una situazione di deflazione, “il tasso di interesse reale pagato da chi ha contratto dei prestiti e’ uguale all’atteso tasso deflativo”. In pratica, se si contrae, ad esempio, un mutuo per pagare una casa a tasso zero, ma con un una deflazione del 10%, a fine anno il costo reale del prestito e’ stato del 10% e non dello zero. “In un periodo con una severa deflazione, il costo reale dei prestiti diventa proibitivo. Gli investimenti, l’acquisto di case  e altri tipi di spese calano, peggiorando” la situazione economica.

E’ quanto spiegava Ben Bernanke, presidente della Fed, nel novembre del 2002, in un discorso davanti al National Economists Club di Washington diventato famoso per la citazione di Milton Friedman del lancio dei dollari dall’elicottero.

In quell’occasione Bernanke spiegava che i tassi zero hanno effetti negativi sui mercati finanziari e sui contraenti di prestiti, ma non limitano la capacita’ di azione della Banca centrale. La Fed, infatti puo’ stimolare la spese abbassando i tassi a piu’ lungo termine attraverso l’acquisto dei titoli, ad esempio fino a 2 anni, fino al raggiungimento del rendimento prefissato. Se neppure questo dovesse funzionare, la Fed potrebbe cominciare a compare obbligazioni corporate. Il che equivale, appunto, a gettare denaro da un elicottero.

La conseguenza, pero’, potrebbe essere quella di innescare un altro ciclo inflativo con un brusco rialzo dei tassi di interesse, oltre allo scoppio di un’ulteriore bolla speculativa.

Ieri il Fomc ha ridotto i Fed Funds all’1% e ha segnalato di essere pronto a tagliare ancora. Il mercato sconta in pieno un altro allentamento di 25 punti base nella riunione di fine dicembre. I tassi scenderebbero cosi’ allo 0,75%. E’ quindi possibile che si verifichi lo scenario che nel 2002 disegnava Bernanke. Il Giappone ha gia’ vissuto una situazione uguale con tassi a zero tra il 2001 e il 2006 e a mala pena e’ riuscito ad uscire dalla deflazione. Domani la BoJ dovrebbe tagliare i tassi di 25 punti base, portando il saggio di riferimento allo 0,25%. La mossa e’ dettata dalla necessita’ di iniettare fiducia sui mercati con la Bce e la BoE che la prossima settimana allenteranno la politica monetaria, molto probabilmente di 50 p.b.

Con la turbolenza finanziaria che ha innescato la crisi economica e il Pil del 3* trimestre negli Usa che ha registrato la maggiore contrazione da 7 anni a questa parte, anche gli Stati Uniti devono ora affrontare lo spettro della deflazione. In un settore, quello immobiliare, questo scenario si e’ gia’ palesato.

I consumi, che contano per il 70% della crescita degli States, hanno registrato una flessione del 3,1%, drenando 2,25 punti percentuali al Pil. Tengono le esportazioni e calano ancora le importazioni, ma ad un ritmo inferiore rispetto al 2* trimestre. Il 4* trimestre per gli Usa sara’ ancora difficile e gli economisti di Merrill Lynch hanno tagliato le previsioni di crescita per gli Usa al –0,4% nel 2009, la maggiore contrazione degli ultimi 30 anni. In questa situazione, e’ molto probabile un ulteriore pacchetto di incentivi fiscali, come Ben Bernanke ha gia’ anticipato nell’ultima audizione davanti a Capitol Hill. Anche nel 2002 l’attuale presidente della Fed, sottolineava come l’efficacia della politica anti deflazionistica puo’ essere significativamente migliorata attraverso la cooperazione tra le autorita’ monetarie e quelle fiscali. I due candidati alla presidenza, John McCain e Barack Obama, hanno gia’ pronti due piani da circa 60 mld usd per stimolare i consumi.

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