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A pranzo con le divagazioni

Post n°19 pubblicato il 06 Maggio 2009 da mad_giu
 
Tag: Giulia

Si avvicina l’ora di pranzo, mentre io mi avvicinano alla tavolata, obbligata da quel presuntuoso e prepotente impulso di fame, che a volte mi è tanto facile da governare. Una tavolata rosso amaranto con ricamati intrecci di un tono più scuro. Il rosso è un colore che mi turba è colore di sangue, di vita, dei “coppi” del tetto, della mia ex-felpa-alias-coperta-di-linus, dell’accendino che mi tiene sempre compagnia in borsa, del tramonto che il giorno dopo ci assicura il bel tempo, del rossetto della donna che mi sta fissando in questo momento, del pesce rosso che sognavo di vincere alla sagra quando ero piccola, è il colore che alcuni affetti da daltonismo confondono con il marrone, del libro di matematica.. dell’abbandono alla passione. Ed è per questo che mi infastidisce, perché (tralasciando questi esempi futili), mi fa palpitare l’iride, per quanto razionalmente sia impossibile.

Divagazioni a parte, riprendo il filo del discorso.

Al centro di questa tavolata, una bottiglia capeggiava in mezzo ad altre tre, vuoi per la forma diversa, più affusolata ed elegante rispetto ai tozzi vetri d’acqua, vuoi per il colore più palpabilmente appetibile: rosso. Una bottiglia di vino rosso, con un etichetta molto elaborata, contornata da stemmini dorati dell’azienda in cui era stata imbottigliata e rifinita a dovere. La curiosità mi fa andare oltre la forma.. già aperta, non esito a versarmene metà bicchiere, immedesimandomi in una “somelier all’assaggio”. Giro e rigiro quel liquido che ad ogni movimento mi sembra diventare sempre più fluido, sembra prendere la consistenza densa dell’olio, distolgo lo sguardo, lanciando l’ennesima occhiata alla composizione di bottiglie e tornando sul vortice by my self mi accorgo che era tutta un’impressione, ottica o psicologica, da qualcosa doveva pur essere dettata.

Un altro sguardo malizioso verso quell’affascinante forma, affusolata e smagliante. Non mi sono ancora arresa, nonostante sia l’ennesimo senza risposta, senza segni di approvazione, di compiacimento o di turbamento. Impassibile. Il non essere ricambiata mi butta giù a tal punto da vedere quante altre persone l’hanno amata prima, e hanno lasciato un segno del loro passaggio scrivendo almeno un paio di tutte quelle lettere che compongono l’etichetta posteriore.

 

Da "un po' di tempo fa",

quando alcune concezioni

mi parevano

immanenti.

 
 
 
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