Nervosa e arrabbiata, sedevo tra i miei genitori nella piccola sala d'aspetto.
Le spalle ricurve mi sbilanciavano leggermente in avanti e tentavano di schermare il mio viso dagli occhi di chi mi aveva tradito e da quelli di chi, davanti a una porta scura, mi invitava ad entrare.
Gli stessi di un: 'Mi racconti che cosa c'è che non va?', gli stessi ai quali risposi accentuando la la nicchia formata dalla curvatura delle spalle.
Stanca di dover raccontare per l'ennesima volta la mia storia a uno sconosciuto, lasciai che fossero i miei genitori a narrare il libro di cui ero io l'autrice, e senza ascoltare in che modo lo facevano, ossessionata dal solo pensiero di fuggire via di lì.
Non riuscivo a capire perchè all'improvviso fossi diventata così interessante da catturare l'attenzione di chi non mi conosceva, perchè venissi tracinata da una clinica a un'altra quando io stavo benissimo, perchè fossi considerata matta quando i matti erano gli altri.
La mia attenzione fu catturata dallo schizzo a biro su un foglio bianco che la donna seduta di fronte a me fece scivolare in silenzio sulla superficie trasparente del tavolo.
Uno schizzo a cui se ne aggiunse velocemente un altro, e un altro ancora, e ancora un altro e più il foglio si riempiva di frecce e simboli, più fui sorpresa di aver trovato qualcuno che parlasse la mia stessa lingua, qualcuno che sembrava aver trovato la chiave per accedere ai miei pensieri.
E più, allo stesso tempo, i miei genitori ebbero l'impressione di essere loro quelli fuori posto: la situazione si era capovolta, girava a mio favore.
Raddrizzai leggermente la chiena fino a sentire la colonna vertebrale toccare la plastica dura dello schienale della sedia senza che la felpa riuscisse ad ammorbidirne il contatto e sollevai leggermente il capo fino ad incontrare lo sguardo vispo e curioso che mi induceva a fidarmi di lui.
Mi lasciai coinvolgere mantenedo comunque un certo distacco e iniziai a muovere il capo in cenno di assenso in risposta al suo "Riesci a seguirmi, vero?".
Iniziai così a viaggiare tra gli schemi e le gabbie che mi ero inconsapevolmente costruita e che, seppur facessero parte di me da tanto tempo, ancora non conoscevo; iniziai a comprendere che 'dentro' avevo tante cose con cui non ero nata, nè cresciuta, ma che si erano introdotte nella mia testa senza prima bussare, nè chiedere il permesso.
Iniziai a percepire di essere stata violata, e a sentire il flebile desiderio di ricucire la mia intimità.
Iniziai a sentire che quel 'qualcosa' iniziava a darmi fastidio e a risultare ingombrante, ma era una sensazione ancora troppo vaga.
Inviato da: ammore_piccolina
il 04/06/2009 alle 14:08
Inviato da: mad_giu
il 02/06/2009 alle 19:50
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il 02/06/2009 alle 14:02
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il 01/06/2009 alle 17:27
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il 31/05/2009 alle 10:54