Creato da DerSpinne il 27/10/2004

MBA

Mistico Barbarico Annoiato
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
 

 

Come una canzone ripetuta

Post n°148 pubblicato il 28 Maggio 2008 da DerSpinne

La notte è carta moschicida, fa caldo, trasudano le stelle, l'aria è densa.
Un bicchiere caldo da bere con il caldo. Qualcosa che fatichi ad inghiottire.

Quand'è così mi piace ascoltare un pò di musica. Sentire e risentire di seguito una canzone che mi piace mi aiuta a focalizzare. Come se nella ripetizione potessi trovare un senso, che va oltre le parole e le cose che succedono.

I piccoli guai della vita quotidiana scompaiono nella notte. Vengono inghiottiti come da gigantesche bocche. Le gigantesche bocche da fuoco delle stelle. Sparano verso la terra la loro luce, inevitabilmente uguali da milleni.

Mi chiedo e la canzone mi chiede, cos'è il grande mistero della diversità.
Cosa ci distingue l'uno dall'altro e ci rende così incomprensibili a volte?

La notte non risponde e rieseguo per l'ennesima volta la canzone. Non troverò risposte, già lo so.

Ma a me piace così. Mi piace arrivare al fondo delle cose.

La notte è calda ed è carta moschicida, i miei pensieri si appiccicano sopra e si dimenano. Sbattono le ali imprigionate, sprimacciano gli artigli e si invischiano ancora di più.

Infondo finchè la canzone gira, finchè c'è musica posso continuare a danzare un pò da solo nella mia stanza. Posso far cozzare ogni pensiero, convergerlo verso quello che è, senza tutti i se e senza tutti i forse.
Cercare nella notte quello che non può essere trovato. Seguire solo il ritmo, soltanto quello.

In realtà sto qui a non dire nulla, perchè non voglio dire nulla.
Le cose mie sono mie, e non amo dirle in giro.

Vi basti sapere che la notte è calda, la luce fioca, la musica una lenta ripetizione.

Di questa cosa che chiamiamo vita.

 
 
 

UNO DI NOI

Post n°147 pubblicato il 22 Maggio 2008 da DerSpinne

John Terry, il capitano del Chelsea è sul dischetto. E' il rigore decisivo. Se Terry segna il Chelsea vince la champions league per la prima volta. Per la prima volta la squadra può diventare campione d'europa proprio grazie ad uno dei suoi uomini più rappresentativi, il capitano di sempre, da 10 anni al chealsea.
La maglia blu sembra cucita addosso dalla pioggia, dagli anni e dall'odore dell'erba bagnata.

Terry prende la rincorsa. E' sicuro, si avvicina con una falcata potente. Sta per calciare.
La gamba sinistra è a terra la destra in aria, tesa all'indietro per poi schizzare in avanti e colpire la palla verso la rete.

Lentamente la caviglia si storce, scivola, frana. Il piede d'appoggio parte proprio mentre il piede sinistro impatta con la palla.

John Terry scivola a terra e la palla viaggia verso la porta, sul lato destro, mentre il portiere si butta a sinistra. Viaggia verso la porta. E va fuori.

John Terry rimane lungo disteso a terra. Non ha sbagliato, è scivolato ed ha colpito male il pallone.

Tocca al Manchester che ne mette dentro uno, poi il Chelsea, poi il Manchester, poi il Chelsea sbaglia ed il Manchester è campione.

John Terry è in lacrime mentre gli avversari festeggiano. La sua faccia di ventottenne capitano inglese appare più bianca del solito. Gli occhi più chiusi, le lacrime scendono, i capelli ritti sulla testa sono umidi di pioggia o forse di lacrime.

John Terry ha sbagliato il rigore della vita, perchè è scivolato. Non è colpa sua. Ed ora è inconsolabile in mezzo al campo, e piange.

Voi mi direte. E' un gioco. Gente che gioca in calzoncini, corre e cerca di infilare una palla in una rete.

Eppure, come assomiglia alla vita questo gioco. Quanti di noi sono stati John Terry?
Quanti hanno sbagliato il colpo decisivo, la parola, il momento, l'azione, sicuri invece di riuscire, e sono scivolati perdendo tutto?

John Terry è uno di noi. E' uno che ha perso perchè un dio del calcio, cattivo e maligno, ha spinto i suoi tacchetti, sbilanciato il suo peso, spostato la sua zolla.

Non è colpa sua. Ma ha perso. E si potrà parlare o pensare, che se avesse fatto mezzo passo di meno, messo meglio la palla, bilanciato meglio il corpo, non sarebbe scivolato ed avrebbe vinto.

Ma l'unica realtà è che è scivolato ed ha perso, per questo John che piange in mezzo al campo e che sconta colpe non sue, la sfortuna, la pioggia, è come tutti noi..

Fra qualche anno quando mi chiederete chi ha vinto la finale di coppa del 2008 io di sicuro non me lo ricorderò.

Ma mi ricorderò che in quell'anno John Terry ha sbagliato il rigore decisivo perchè è scivolato. Ed ha perso.


So che saprà andare avanti, perchè le facce di quelli che adesso ballano tenendo la coppa domani saranno già scordate.

Ma quello che john ora ha nel cuore, ci sarà e ci sarà sempre e ci sarà ancora, ogni volta che qualcuno di noi perderà per un colpo di sfortuna.

Quell'insondabile smarrimento, quella disperazione che annega nelle lacrime, non l'errore, ma l'ineffabile destino, la ritroveremo nei nostri passi e nella nostra vita.

Ricordando che non è solo cosa nostra, ma di tutti, perdere senza meritarlo.
Ed uscire a testa alta.

 
 
 

IMMAGINI LIQUIDE

Post n°146 pubblicato il 20 Maggio 2008 da DerSpinne

Fuori dalla finestra è uno specchio liquido. Piove, di pioggia primaverile stranamente fredda.
Questo maggio è un pò così quest'anno. Ma le divagazioni sul tempo sono piuttosto noiose.

Chissà perchè se penso alla pioggia, mi viene da pensare ad una vecchia immagine.
Forse era un cartellone pubblicitario, forse una schermata fissa della televisione. Sostanzialmente reclamizzava una radio locale.

Nella figura c'era un attore famoso, mi sembra Alain Delon. E' chiaramente la scena di un vecchio film in bianco e nero, e Alain è chiuso nel suo capotto e sta camminando in una strada bagnata, deserta, umida. Il freddo si percepisce da come il cappotto è stretto, abbottonato ad Alain, è quasi una seconda pelle che lo protegge dall'acqua e dall'aria.

Alain ha il volto crucciato, contratto. Sta fumando nervosamente una sigaretta. Una frettolosa boccata, come per sbrigarsi e darsi coraggio. La strada è deserta e lui cammina solo sotto la pioggia, non ha un ombrello.

La faccia è chiusa su se stessa, aspira velocemente il fumo caldo della sigaretta.
Il capello un pò bagnato dalla gelatina e dall'acqua. Sta ancora piovendo e lui accellara il passo, contrae il viso e da una tirata alla sigaretta infastidito dalla pioggia.

Non credo che sia un passo di quelli veloci. Non è fretta, non lo disturba troppo neanche l'acqua. La sua è una reazione sottopelle, quasi istintiva, dovuto al freddo, all'umido.
Si vede chiaramente che sta pensando a qualcosa, qualcosa che lo distrae, lo fa sbandare, noncurante della pioggia.

Non ho mai scoperto a quale film appartiene questa scena, mentre mi sono trovato io stesso a girarla molte volte. La strada deserta, qualcosa a cui pensare, la pioggia che ti cade addosso ed è il male minore. Tu non te ne accorgi, il corpo si, una tirata nervosa alla sigaretta, come per aggrapparti a qualcosa di caldo e le spalle strette, i sopraccigli contratti.

C'è da chiedersi cosa aveva in quel momento nell'anima Alain. Mentre per quel che mi riguarda lo so bene. E' un misto di solitudine e qualche pensiero che ti circola per la testa. Mentre il mondo è un posto grigio e piove.

Non credo che esista qualcosa di più solitario che camminare soli nella pioggia. Con la strada bagnata sotto i piedi ed i propri pensieri. Il resto del mondo non esiste, esiste solo il passo, il respiro, l'aria bagnata.

Ecco, io associo la pioggia a questa immagine. Ed anche oggi, se mi affaccio a guardare dalla mia finestra, nella strada stranamente deserta, mi vedo camminare con un cappotto stretto, chiuso per i fatti miei, sotto la pioggia.

Inutile dire che è un immagine che amo molto, non so spiegarmelo neanche io forse.
So solo che sono stato io stesso a disegnare quella scena per Alain. Quel suo passo in bianco e nero su un cielo in bianco e nero. Nell'asfalto nero con il volto bianco. Con quel qualcosa dentro, che è lo specchio della pioggia.

Come se nel cadere, fosse regista inconsapevole, di una scena, che viene girata milioni di volte.

 
 
 

La fame

Post n°145 pubblicato il 05 Maggio 2008 da DerSpinne

Ci sono sere in cui metti una canzone e la fai ripetere all'infinito.
Sere in cui la passione che provi per la vita ti fa stendere le braccia verso l'infinito.
Vorresti abbracciare, prendere, carpire, cogliere tutto. In certe sere sei il tendone di un circo.

Nessuno sa sanare quest'urlo, che tutto invidia e tutto vuole. Parte da così lontano.
Cosa vuoi dal sole? cosa dalle nuvole? cosa dalla vita?

Ti fai domande che scivolano come dita su i tasti bianchi e neri di un piano. Un piano che non sai mai suonare e che per quanto ti sforzi, tira fuori note stonate.

Cos'è questa fame? questa fame che hai sempre avuto. Questo incendio che ti divora e che ti porta ad essere amante, fratello, marito, compagno, amico, padre, figlio, nonno, conoscente, sconosciuto.

Entrare in ogni casa, vivere ogni vita, come se non ti bastasse mai, vivere mille vite in una volta. Essere come il camaleonte, come lo scorpione, come un insetto primordiale, che dice tante cose, che parla tanto, che dice cose a cui non crede.

Perchè non mi hanno tagliato un mondo su misura, ma mi hanno lasciato questa vita limitata dai punti cardinali che si stagliano all'orizzonte.
Non basta, non basta mai, divori tutto. Divori libri, film, giornate di sole, donne, amori, amicizie, gatti, ricordi. Niente sana questa ferita che è carne viva e ruggine.

Dopo 20 anni, ti accorgi che non sei cambiato. Sei sempre sul balcone, guardi le nuvole, gli scorpioni alle pareti, le coppie che portano a spasso i carrozzini. Non capisci.

Sono un estensione delle mie passioni. potessi dare fisicità a tutto questo mi renderei aguzzo ed infinito. Stenderei i palmi e ti carezzerei il viso.

Può il vuoto essere colmato? così connaturato a noi tutti, così vicino, così insanabile.

Citazioni, citazioni, vivo di citazioni, storie, esperienze. Metti una faccia per incontrare altre facce. Tu sei un grande strumento sbudellato, quindi trattati bene. Stretto come un crocifisso nel palmo di un morto. Il tempo è venuto, è ora di venir via dalla periferia.
Gente più grande di me non è venuta a patti con la vita.

Qualcosa ho imparato, qualcosa ho perso, me ne sfugge a volte il senso. Lo scorrere del tempo ti toglie la sabbia sotto i piedi, ti leva quello che avevi conquistato.
E' un invasione barbarica. Sono i goti di Alarico che invadono l'italia dall'illirica.
Non è la fine, solo questo immenso, continuo mutamento. Siamo serpenti che cambiano pelle, rimanendo serpenti.

La fame è qualcosa di mentale, mai di fisico. La fame è il cuore che batte un colpo a vuoto, l'estrema consapevolezza che vuoi vivere la tua vita.

Questioni di spazio, più che di tempo. Ma per uno sguardo, un bacio, una risata, sono disposto a cedere qualunque scettro. Abiurare ad ogni durata.

Ricoprimi di momenti. Ma che siano fantastici.

 
 
 

Ich Bin ein Berliner?

Post n°144 pubblicato il 04 Maggio 2008 da DerSpinne

Quando scendi dalla pancia dell'uccello metallico e tocchi il suolo, solo in quel momento ti accorgi che sei in viaggio, che sei atterrato in una terra staniera. Solo in quel momento ti senti libero.

Se prima di partire, qualcuno mi avesse nominato Berlino, mi sarebbero venute in mente bizzarre associazioni di pensiero:

Berlino è inevitabilmente il muro, noi ragazzi dello zoo di berlino, il terzo reich, il cielo sopra berlino, alexander platz, la DDR, le spie della stasi, la severa aquila prussiana, federico il grande, il cavallo rampante degli hoenzoller, il vento ed il ghiaccio, crauti e wurster, il kummel, i bombardamenti, la porta di brandeburgo.

Qui il muro è caduto, in primis nelle coscienze. C'è un cielo azzurro che illumina i mattoni rossi delle chiese luterane.

Anche i palazzoni intorno Alexander platz, sembrano migliori dei nostri. L'ex DDR non lesinava di certo in cemento e strade larghe. L'asfalto resisteva ai cingoli dei carri armati ed il gigantismo delle costruzioni era ispirato all'essenzialità.

Eppure in quelle strade enormi, tra quei palazzi che si prendono una fetta di cielo, in questa immensa piana prussiana, il colore è un riflesso degli alberi. Il verde ti invade, penetra nel campo visivo, donato quasi di luce propria.

Sarà che l'aria del Nord è semplicemente più pura, o che qui piove tanto ed il verde ha un'altra brillantezza.

La Sprea con la sua acqua sporca è l'unico confine delimitato. Berlino potrebbe essere infinita. Una successione di viali enormi, giardini, palazzi, e uffici governativi immensi. All'infinito.

Mi muovo "uter den Linden" letteralmente, sotto i tigli. Il viale dei trionfi che porta a quella porta di brandeburgo così incastonata tristemente tra i palazzoni.

L'angelo dorato guarda da lontano, la sua colonna è ornata di cannoni francesi strappati al nemico nelle guerre franco-prussiane. Da sotto le sue gonne si vedono tigli e palazzi, strade fatte per durare, la coscienza ricostruita di Berlino.

Qui tutto è stato tirato su di nuovo. Ricostruiti i vecchi palazzi, costruiti i nuovi, divisa la città, unificata la città, ricostruiti i nuovi palazzi che nel frattempo sono diventati vecchi.

Berlino è un cantiere dove si ridisegnano continuamente le coscienze, si ristrutturano, si cementano e si dividono nuovamente.

L'aquila nera prussiana aleggia nei giardini, tra laghi incantevoli che devono aver inspirato più di un poeta della Sturm und Drang. Un t34 russo sta lì da una parte, vicino alle foto dei bombardamenti. Qui la memoria è messa sotto una teca di vetro. Disponibile, fruibile, sorpassata. Anche i tigli secolari, sono entrati nell'orbita del passato. Camminarci sotto è ripercorrere.

A Berlino, tutto si muove con calma, tutto è colossale. Trovo un vecchio muro, in periferia, con su il filo spinato. Gli faccio una foto. Il muro di berlino ancora esiste.
No, non è quello colorato commercializzato in cartolina, venduto a pezzetti.

E' questo, che si confonde tra i cortili piastrellati, tra questi mattoni rossi del brandeburgo. Vedo muoversi il filo spinato, mosso dal vento, sul cielo grigio di Berlino.

Qui non finisce mai del tutto nulla. Ne i muri, nelle coscienze, ne i prati tempestati di tulipani. Qui con calma, tutto si ripete, in una maniera tutta nuova, con una coscienza immacolata.

I marciapiedi sono fatti di lastre di basalto scuro, incastrate con perfezione teutonica, fatte per resistere al tempo, alla neve, e al sole del nord.

Un giorno saranno anche esse bombardate, divise, riunite e ricostruite nuovamente.
Perchè è questo lento mulino produce grano nell'aria boreale. Sempre girano le pale per fare e disfare qualcosa.

S.Giorgio uccide il drago e quello rinasce, ogni volta, in una forma nuova.

Getta le tue ceneri nello Sprea, rinascerai un giorno anche tu con una coscienza tutta nuova.

Questa è Berlino, dove i camposanti, in primavera, si svuotano e diventano giardini.


 
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

khanti73irenetizianomarikakitepierluigi.trisielisabetta.facciniandrea.jexprof.fabriziominoguarinielisabettamaistoinfonet79chimba1impresa.turatimatjoeisabeoeleganzaaa
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963