Creato da Marvelius il 21/08/2012

Marvelius

Elrond lands :dove il mito e la fiaba, la realtà e la fantasia si incontrano al crocicchio del vento

 

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L'Illuminazione II

Post n°74 pubblicato il 07 Novembre 2013 da Marvelius
 

 

 

Si tirò su appoggiandosi sui gomiti e piegò il

capo indietro fino a toccare la testata del letto,

sistemò il cuscino dietro la schiena e stese le

gambe nude sulle lenzuola bianche.

I capelli castani  scuro e gli occhi tristi  come

il cielo d’inverno spiccavano sul candore delle

 vesti come un pugnale di tenebra conficcato

nell’avorio della pelle.

 



Si passò una mano tra le ciocche e volse lo

sguardo alla finestra rigata dalla pioggia e subito

 le lacrime le bagnarono gli occhi sciogliendosi

 in un pianto sordo fatto di singulti mozzati nella

 gola.

Tirò su col naso e col polso cercò di asciugarsi

le guance, alcune gocce caddero sulle lenzuola

bagnandole e  lei vi appoggiò le dita quando

ormai erano penetrate nel tessuto spandendosi

come un mare gonfio su rive limacciose,

poi sembrò quietarsi quel suo gemere d’affanno

e i suoi singhiozzi parvero un lontano ricordo.

Piccoli cerchi neri le pennellavano i contorni

degli occhi e al bianco splendente delle pupille

si era sostituito il rosso bruciore delle lacrime

versate.

Infisse il suo sguardo oltre le vetrate della sua

finestra e oltre ancora e tra la pioggia battente

si perse la  vista, come aria smossa nel freddo

pungente dell’inverno.

Alitò nel suo petto l’ultimo calore rimasto ma

nulla servì se non per vedere andare in frantumi

le stanze solitarie dei suoi silenzi, così giacque

nel pungente ricordo quel suo cupo ansimare .

Quando fu stanca del suo peregrinare chiuse le

ali e si posò sul ramo scarlatto della sua sventura

lì serrò gli occhi per rivedere se stessa nei suoi

sogni ancora possibili, i suoi mari calmi e caldi

le sfiorarono la pelle, il vento della collina le

scompigliò i capelli e le carezzò gli occhi fino a

farla lacrimare mentre davanti a sé i suoi giorni

futuri presero a scolorire passandogli accanto.

 

 

Poi riaprì le porte del suo cuore, un rumore di

cardini ferrati cigolò nell’eco delle sue stanze,

enormi lastroni di marmo bianco e levigato si

spalancarono alla sua vista e le fiaccole che

prima ardevano imperiose illuminando le volte e

le lesene dell’atrio ora erano poco più che lumini,

piccole fiammelle gialle e tremolanti e lei …

oh lei … candida vestale tra ombre forestiere.

Lei entrò oltre la soglia del suo cuore, ne senti

il richiamo debole e pulsante, il grido lontano

di un dolore profondo, infine dopo tanto cercare

lo trovò riverso sul ghiaccio impiantito di una

caverna disadorna.

Vi posò la mano e ne senti il debole calore, il

battito lieve e la voce stanca . Lo raccolse tra i

palmi esangui e lo tenne tra le mani tremanti,

accanto a lei rosse farfalle svolazzavano senza

requie, i suoi sogni sbocciati in un tempo felice

ora vagano nelle stanze del suo castello come

volute di torba, senza uscita, senza una vera meta.

Pianse nel silenzio del suo seno, pianse di un

lamento eterno e devastante  e di quel pianto

cosi struggente ebbe misericordia persino la

pietra della sua torre,finanche l’acqua dei ruscelli

e la pioggia ghiaccia, ne ebbe pietà la neve e

gli alberi, si piegò il cuore duro delle rocce

e il cielo si squarciò le vesti gemendo e quelle

lacrime bagnarono i grandi lastroni di marmo

fin dentro le mura della Faro antico, tinsero di

candore l’aria rarefatta e mulinarono nel vento

che annunciava la primavera.

Poi quelle stille caddero sul suo cuore affranto,

una a una come il tintinnio di una cascata

argentina ed esso palpitò di nuovo, un piccolo

battito lieve come il soffio di un refolo di mare,

 un impercettibile rintocco di vita penetrò nelle

vene sciogliendone il sangue reso duro dal

dolore del distacco e di nuovo in quelle sale

tuonò il canto gaio di un tempo .

Quando giunse sull’uscio della caverna  e

oltrepassò i cardini dei neri cancelli, un prato

di viole avvolse i suoi piedi nudi e le farfalle

che prima in esilio volteggiavano raminghe tra

le tenebre della torre ora le danzavano intorno

ponendo su di lei ghirlande di fiori e polvere

di ametista.

Poi il tempo pose una mano sulle sue spalle e il

vento le alitò sul viso un soffio di calore e

quando tutto ebbe termine  due tese piumate

 si aprirono nelle sue esili falde senza dolore

e come in un sogno d’incanto la librarono in

volo oltre le sue paure, oltre i limiti del

suo tempo .

 

                                                                                         (segue)

Marvelius

 
Rispondi al commento:
lucre610
lucre610 il 10/11/13 alle 06:52 via WEB
Marvy ti auguro una radiosa domenica
 
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