Creato da Marvelius il 21/08/2012

Marvelius

Elrond lands :dove il mito e la fiaba, la realtà e la fantasia si incontrano al crocicchio del vento

 

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Borderline I

Post n°101 pubblicato il 01 Maggio 2015 da Marvelius
 

 

 

 

Entro in un bar di terz’ordine, un sudicio locale dove ogni avventore sembra un otre pieno di pensieri malconci, finanche il cameriere al di la del bancone ha un viso lungo che invita a bere per non guardare. Poche sedie rattoppate e tavolini di formica rossa, un bancone di legno marcio laccato d’un verde spento su cui si è depositata la polvere di vent’anni e un lercio pavimento oleoso, scuro come il bitume.

Il fumo sale in volute e spirali annebbiando ogni cosa e nell’angolo dove mi sono nascosto anche la luce fatica ad arrivare, un cono d’ombra che rinserra sotto la sua coperta la mia intimità bisognosa di quiete. Seguo con lo sguardo l’uomo che serve dietro al banco dei liquori,  una maschera di un cupo marcio e un corpo smilzo avvolto  nell’ampio grembiule in cui sembra navigare, cercando un appiglio per non lasciarlo andare dietro alla corrente degli spifferi che sibilano tra le commensura del tavolato.Capelli unti e corti striati di bianco . Avrà quarant’anni ma ne dimostra più di cinquanta con quelle sue occhiaie cadenti, le guance smunte e la pelle emaciata di chi non vede il sole da una vita.

 

 

 

 

E il fumo sale come i miei pensieri, si perdono sul soffitto annerito e ridiscendono pesanti come gocce d’ afa che ti si appiccicano alla pelle. La mano  ruota un bicchiere troppo vuoto per alzarlo ancora e  la bottiglia  riflette uno spicchio del mio viso e  lo deforma come uno specchio bislungo, lo penetra coi suoi riflessi tra la luce smorta del locale. Sulla mia destra due uomini rubizzi parlano sottovoce e mi guardano in cagnesco in fondo al locale una giovane donna nei suoi vestiti discinti danza su un cubo che sembra un sasso giunto alla fine della sua esistenza, si agita senza passione  tra movenze lascive e sguardi non troppo convinti di altri uomini sprofondati su sedie bislenghe.

Sorrido di tutto questo, della donna che muovendosi sembra pensare alle sue cambiali, degli spettatori immersi nei fumi dell’alcool e dei due uomini che mi stanno a fianco facendo calcoli su quanto possa avere nel mio portafogli. Potrei sbatterli al muro senza difficoltà e riempirli di bastonate senza sporcarmi di una goccia di sangue e senza smettere di  bere, se fosse ancora pieno il mio bicchiere, e continuare a osservare la decadenza che mi circonda e di cui io stesso sono parte.

Ma non ho voglia di alzarmi e godo nel lasciarli ai loro conti, così piego il capo e i capelli lunghi  mi ricadono sul collo, mentre sfioro il viso con le dita e l'ispido graffiare  della barba incolta da qualche giorno mi ricorda il tempo passato a pensare alla banalità dell'esistenza e alla sua meravigliosa inconsistenza.

 

 

 


L’unico di cui mi interessa è l’uomo col grembiule, il suo sguardo fisso come una maschera di argilla, le sue spalle raccolte sotto il peso di chissà quali ricordi e la sua capacità di lasciarsi attraversare da tutta questa rovina. Mi chiedo come ci sia arrivato qui dentro, cosa ci sia venuto a fare in questa morte che si  trascina tra parvenze di vita, lasciti di speranze infrante sugli scogli delle esperienze, scommesse perse ai dadi col destino beffardo.

Così, tra questi stolti pensieri di un uomo percorso dai dubbi nella certezza del mio essere pensante  lascio cadere due monete accanto al mio bicchiere vuoto, raccolgo il mio bastone d’avorio e  mi alzo come un angelo stanco chiuso nel suo abito elegante.

Prima ancora che i due al mio fianco possano fare lo stesso pianto i miei occhi nei loro come pugnali roventi, li fisso immobile come a scrutarne ogni abisso, ogni più nascosto sentore, e vedo abominio e tristezze turpi rozzezze da disperati  senz’anima, ma i miei occhi sanno ammansire perche in essi ho trasferito ogni mia ferocia, la rabbia di un vissuto che spaventa e  che attraversa i secoli di una vita che ha bandito la morte.

Vedo le loro mani abbandonare una decisione che si spegne tra i fumi di un arrendevolezza troppo presto giunta nei conati della disperazione e i loro sguardi pian piano piegarsi e acquattarsi negli angoli della sala come docili creature dimenticate da Dio . Riprendono a sussurrare dei loro affari ma ogni calcolo su di me  è svanito dalle loro intenzioni e tornano ad affogare le loro inutilità nel rancido lezzo di un liquore che  ucciderebbe un elefante.

 Giro tra i tavoli come un fantasma tra le cripte di un cimitero e mi fermo dinnanzi alla donna, la guardo come se la vedessi solo ora veramente, all’inizio sembra non accorgersi di me, poi pian piano alza lo sguardo e i nostri occhi iniziano a dialogare. Mi fa un sorriso come tanti, ma non ho voglia di carezze ne spiccioli in un cappello, la musica è un massacrante ritornello che strazia le orecchie  e lei un odalisca che ha imparato poche movenze come una straniera la lingua in un corso serale . Mi avvicino a lei fin quasi a sfiorarla, è bella e ha un corpo prorompente, diamine non starebbe li a ballare se così non  fosse. Usa un trucco dozzinale e un profumo di rose che stordisce i sensi, odio entrambe le cose, quel suo rossetto rosso e l’ombretto azzurro lucido e pesante, avrei voglia di toglierglielo col polsino della mia camicia, ma continuo a osservarla e lei a muoversi tra la musica che mi ricorda Samarcanda.

 

 

 


È eccitata dalla mia presenza e finalmente si muove come sa fare una donna e non come un automa che ha reso l’anima per un tozzo di pane, sa ondeggiare i fianchi accovacciarsi come se sentisse il bisogno di urinare e nel farlo mi guarda con occhi pieni di voglie, apre leggermente la bocca e la sua lingua si affaccia per brevissimi attimi sull’uscio delle sue labbra che i denti mordono con lussuria misurata. Le sue mani accarezzano il suo corpo con eleganza, i suoi fianchi con ondulato piacere seguono il bacino smanioso e il suo seno si espone alla vista come una profferta di delizie in un mercato orientale.

Mi accorgo che  anche gli altri uomini sembrano aver dimenticato l’ebbrezza che spezza le gambe, l’alcool che li ha resi ciechi e recuperano ciò che la natura gli ha impresso nella notte dei tempi. Alzo il mio cilindro sulla fronte e asciugo i miei sudori col polsino della giaccia, l’aria è rovente , un afoso vaporio che leva il respiro inebriando i sensi . Quando la voglia ha raggiunto l’apice del mio desiderio le giro dietro e la stringo tra le braccia,la musica si ferma e tutto sembra sospendersi nel tempo scandito dai battiti del nostro petto. Tra respiri affannosi giunge l’ attimo che tutti aspettano , anche l’uomo del bar smette per un attimo di roteare bicchieri intorno a un panno liso e consunto … la bacio e lei sembra perdersi dentro di me … ogni cancello si apre, ogni steccato si infrange sotto l’onda dei nostri odori e tra gli sguardi morbosi degli avventori la porto via, nel silenzio di chi vorrebbe protestare e nella voce mozzata di chi sa che è meglio non fiatare .

 

 

 


 

 

MARVELIUS

 

 
Rispondi al commento:
Marvelius
Marvelius il 07/05/15 alle 08:45 via WEB
si corre il rischio perchè pericoloso e nel pericolo si avvertono sensazioni ce spesso vale la pena di provare...un adrenalinico senso di scoperta con l'ignoto destino di come andrà
M.
 
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