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Post n°23 pubblicato il 21 Gennaio 2008 da ivanfi

Sono passati cinquant'anni da quel 1° gennaio 1948 in cui entrò in vigore la Costituzione della Repubblica italiana, cinquant'anni di schiavitù e oppressione per il proletariato, cinquant'anni costati miseria, indicibili privazioni e lutti alle masse popolari mentre la borghesia ha spadroneggiato saldamente al potere appropriandosi di incalcolabili ricchezze e privilegi di ogni tipo. Quest'anniversario è l'occasione buona per un bilancio che aiuti il proletariato, forte anche dell'esperienza storica maturata nel secondo dopoguerra, le masse popolari e le nuove generazioni a prendere coscienza della sua natura borghese e antiproletaria.
La Costituzione del '48 ha consacrato attraverso principi essenziali, norme giuridiche fondamentali e ordinamento statale il sistema economico, politico e sociale capitalistico e lo Stato repubblicano a dittatura della borghesia, contribuendo a evitare che l'abbattimento del regime fascista conquistato dalla vittoriosa Resistenza armata contro il nazifascismo potesse in qualche modo compromettere la sopravvivenza e favorire la disgregazione e rovina dello Stato borghese. Ecco qual è il suo carattere di classe e quale il suo significato storico.
Quantunque sia stata oggetto di un vero e proprio culto da parte dei revisionisti togliattiani e della corrente più a sinistra dei costituzionalisti borghesi, e sia tuttora venerata dal PRC, battezzatosi ``popolo della Costituzione'', come una divinità taumaturgica capace di produrre democrazia, la Costituzione del '48 non ha fondato nessuno Stato nuovo ma ha semplicemente riorganizzato sulle basi nuove della repubblica democratico-borghese la forma di dominio e la struttura dello Stato capitalistico configurate e attuate dal regime fascista mussoliniano. Senza ledere in alcun modo il dominio della borghesia, senza cioè toccare l'essenza dello Stato capitalistico, ha semplicemente introdotto quelle modifiche, anche profonde, indispensabili dopo la caduta del fascismo e ha realizzato in Italia quanto non era accaduto prima, accomunandola nel suo percoso storico a tanti paesi capitalisti che si erano già trasformati con tempi e modalità diversificati da monarchie assolute a monarchie costituzionali, a repubbliche, a repubbliche parlamentari. Si ripeteva così in Italia quanto aveva modo di osservare acutamente Marx nel corso delle rivoluzioni borghesi ottocentesche: ``Il dominio borghese come emanazione e risultato del suffragio universale, come espressione della volontà popolare sovrana, questo è il significato della Costituzione''. La ``repubblica borghese significa dispotismo assoluto di una classe su altre classi'' e rappresenta per le diverse frazioni della borghesia la ``forma più solida e più completa del loro dominio di classe''.

come la concepiva Togliatti

Che cos'è una Costituzione? Non possiamo cioè definire i caratteri di classe e le peculiarità della Carta costituzionale del '48 senza aver chiarito che cosa dobbiamo intendere per Costituzione in generale. Altrimenti quest'ambiguità finirà per spuntare come un folletto, complicare inspiegabilmente anche la più chiara delle materie e vanificare ogni critica.Come spiega bene Mao: ``Un'organizzazione deve avere le sue regole e così uno Stato. La Costituzione è un insieme di regole generali, è la legge fondamentale''.La Costituzione - secondo la precisa definizione data da Stalin che peraltro ci aiuterà moltissimo nel trovare una risposta completa a questa domanda prioritaria - è la legge fondamentale, e null'altro che la legge fondamentale''di uno Stato. Nulla di più e nulla di meno della legge fondamentale. Il che significa, com'ebbe a spiegare bene Stalin, che non le si può attribuire fantasiosi e inconsistenti poteri programmatici né svilirla al rango di un codice legislativo. Soggettivamente potremmo anche contraddire questo assunto, poi ci penserebbe la realtà stessa delle cose a imporsi, a dimostrare l'inconsistenza di ogni nostra ipotesi velleitaria e fantasiosa. E se guardiamo al nostro secondo dopoguerra, la storia ha finito sempre per prendersi la rivincita.La Costituzione - aggiunge Stalin - non deve essere confusa con un programma. Ciò vuol dire che tra un programma e la Costituzione vi è una differenza sostanziale. Mentre il programma parla di ciò che non esiste ancora, che deve essere ottenuto e conquistato nell'avvenire, la Costituzione, al contrario, deve parlare di ciò che esiste già, che è già stato ottenuto e conquistato, adesso, nel momento presente''. La Costituzione non esclude, ma presuppone il lavoro legislativo corrente e di futuri organi legislativi. La Costituzione dà una base giuridica alla futura attività legislativa di questi organi''.Per quanto possa informare l'attività legislativa futura la Costituzione non disegna uno Stato futuribile o auspicabile ma lo presuppone, è espressione di quello Stato storicamente determinato sia esso capitalista che socialista e non può in alcun modo sovvertirlo. Non è lo Stato a poggiare sulla Costituzione bensì è la Costituzione a poggiare sullo Stato. La Costituzione è la registrazione e la sanzione legislativa della conquista già ottenuta e garantita''. Queste illuminanti definizioni date da Stalin circa il carattere, il ruolo e il valore delle costituzioni sono state esplicitamente negate e contestate da Togliatti in sede di prima sottocommissione dell'Assemblea Costituente. Illustrando le proposte del PCI, questa volpe revisionista si arrampica sugli specchi per dimostrare che nel caso italiano si vede costretto a distaccarsi da questa norma. E le ragioni risiederebbero nella peculiarità della caduta del fascismo e dal momento che, a suo dire, ``non è avvenuta, tra di noi una rivoluzione la quale abbia violentemente distrutto tutto un ordinamento sociale gettando le basi di un ordinamento nuovo''.
Confondendo ad arte rivoluzione socialista e lotta antifascista, che per forza di cose si era limitata all'abbattimento della dittatura mussoliniana e aveva visto il concorso di correnti e partiti per questo obiettivo comune, Togliatti si appella all'unità antifascista per accomunare partiti che viceversa dovrebbero avere programmi politici diversi e antagonistici, come del resto le vicende successive dimostreranno amaramente: riguardo ``alle trasformazioni sociali, si può dire che è in corso nel nostro paese un processo rivoluzionario profondo, il quale, però, per comune orientamento delle forze progressive, si svolge senza che sia abbandonato il terreno della legalità democratica... Per questo parliamo... Di una `democrazia progressiva''. Il processo rivoluzionario a cui pensa è evidentemente tanto profondo da risultare indefinibile e impercettibile, tanto ambiguo dal punto di vista di classe da presupporre l'abbandono del terreno della lotta di classe, il solo terreno su cui la rivoluzione avanza e non si impantana nel volgare riformismo borghese.Insomma questo rinnegato cerca di giustificare il tradimento della rivoluzione socialista, che avrebbe dovuto dirigere il PCI dopo la vittoria della Resistenza, attribuendo surrettiziamente alla Costituzione una funzione propulsiva che essa non avrebbe mai potuto intrinsecamente possedere. Anzi ne fa una sorta di surrogato della lotta per il socialismo, la sostituisce alla lotta di classe e vede nella Costituzione il quadro legislativo elastico e aperto entro cui avrebbe dovuto dipanarsi la sua ``via italiana al socialismo'', prestando molta attenzione a non allarmare la borghesia e ad assicurarla sul senso generale delle pretese avanzate dal suo partito in sede di definizione della carta Costituzionale: ``è per questo che le proposte che io faccio, pure muovendosi nella direzione di una trasformazione economica socialista, mi sembra possano essere accettate da tutte le correnti democratiche e progressive dell'assemblea e del paese, poiché del socialismo esse esprimono quello che oramai è entrato nella coscienza comune di tutte queste correnti, e veramente può diventare elemento di orientamento e guida per tutta la nazione''.Se il socialismo a cui pensa Togliatti può essere accettato tranquillamente da tutti i partiti borghesi esistenti, come la DC di De Gasperi, il PSI di Nenni, il PSLI di Saragat, il presidenzialista Partito d'Azione, e divenire spontaneamente ``orientamento e guida per tutta la nazione'', allora quel socialismo è niente di più di una generica e innocua adesione ad altrettanto generici principi che non hanno niente a che vedere col socialismo autentico per cui hanno combattutto Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. E del resto, paralizzati dalla camicia di forza della legalità democratico-borghese, non si potrebbe andare al di là del pretesco socialismo solidaristico e filantropico vagheggiato come messianico futuro da chi vuol semplicemente stemperare le asprezze del capitalismo, imbellettarlo e renderlo meno inviso agli sfruttati.Il socialismo, quello vero, non può coesistere ed è inconciliabile col capitalismo: è il frutto della rottura rivoluzionaria ossia della distruzione della macchina statale borghese e della sua sostituzione con la dittatura del proletariato. E come non esistono in Occidente Stati non più borghesi e non ancora socialisti, così è pure fantasia concepire, come fa Togliatti, una Costituzione in grado di compiere quella miracolosa metamorfosi. Tant'è che a cinquant'anni di distanza l'unica metamorfosi che è stata in grado di ispirare e avviare è la restaurazione sotto nuove forme del regime mussoliniano.Solo se si fa piazza pulita di ogni fumosa ambiguità sul carattere di classe borghese della Costituzione italiana, se ne possono evidenziare le particolarità essenziali. Chiamarla, come fa Togliatti, ``progressiva'' poiché non si limita all'enunciazione dei diritti civili e politici, ma prevede un presunto programma di trasformazione dei rapporti sociali, è invece un modo per aggiungere ambiguità ad ambiguità e si risolve in un opportunistico artificio per evitarne una esplicita definizione di classe.

Costituzione borghese

La Costituzione italiana è una Costituzione borghese da cima a fondo, dall'articolo 1, che la apre e ne elenca i primi ``Principi fondamentali'', fino all'articolo 139, che la chiude prima delle ``Disposizioni transitorie e finali''. E ciò lo evidenziano ogni suo passaggio e formulazione.
Ma esistono due ragioni fondamentali che precedono ogn'altra considerazione: la prima è il carattere capitalistico del sistema economico da essa presupposto, sancito e tutelato, un carattere ritenuto tanto scontato dai costituenti da indurli a non trattarlo in modo organico e completo in un solo articolo ma a lasciarlo trasparire come una legge indiscutibile, naturale e assoluta che non suscita perplessità e quindi non necessita di essere affermata e sottolineata. Tale scelta fu senz'altro suggerita da opportunità di carattere contingente, come la necessità di coprire il PCI di Togliatti che avrebbe solennemente sottoscritto quella carta costituzionale e l'avrebbe persino elevata a stella polare del suo programma politico; tuttavia, se ci riflettiamo, risponde a un'altra e più ambiziosa necessità che accomuna tutte le costituzioni borghesi, cioè quella di sacralizzare i principi borghesi come se fossero principi naturali, inviolabili, eterni e universali. La proprietà privata capitalistica è considerata dai costituenti come un assioma, una proposizione primitiva accettata per vera ed evidente, e come tale non si discute, un fondamento entrato a far parte del Dna della società borghese a cui evidentemente pensano. Per far affiorare il primo comandamento borghese che la proprietà privata capitalistica è sacra, occorre passare in rassegna i tredici articoli dedicati ai ``Rapporti economici'' e cogliere quei passaggi da cui risulta il suo carattere prioritario.
Due sono in particolare gli articoli significativi, il 41 e il 42, che recitano rispettivamente: ``L'iniziativa economica privata è libera''; ``la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto''. A evidenziare il conflitto tra capitale e lavoro salariato che contraddistingue il sistema economico capitalistico ci pensano poi gli articoli 36 e 37, che fissano le regole di quello che definiscono senza imbarazzo ``lavoro salariato''. E le fissano capovolgendo le modalità che legittimano e consacrano la proprietà privata. Mentre l'articolo 41 sanziona l'illimitata libertà del capitale, il 36 disciplina le questioni essenziali relative alla produzione e riproduzione della forza-lavoro.La seconda ragione fondamentale a rendere la Costituzione italiana una Costituzione borghese è il cordone ombelicale che la lega allo Stato capitalistico, da essa sanzionato, riorganizzato e ridisegnato. Pur senza addentrarci nell'esame dell'``Ordinamento della Repubblica'' che costituisce la Parte seconda della Costituzione, appare indubitabile che, al di là delle nuove forme, della riorganizzazione statale, delle nuove norme giuridiche fondamentali dell'intero ordinamento statale rispetto al precedente Stato fascista, essa non sostituisce ma perpetua lo Stato capitalistico, non instaura un fantomatico Stato di tutto il popolo, democratico e al di sopra delle classi, ma impone la dittatura della borghesia nella forma più evoluta e aggiornata. ``Il tipo più perfetto e progredito di Stato borghese - spiegava Lenin - è la repubblica democratica parlamentare:  il potere appartiene al parlamento; la macchina statale, l'apparato amministrativo e l'organo di direzione sono quelli di sempre: esercito permanente, polizia, burocrazia praticamente irremovibile, privilegiata, posta al di sopra del popolo''.Per quanto possa apparire profondo ed esteso il cambiamento prodottosi con l'avvento della Repubblica si tratta pur sempre di un cambiamento che tocca le forme del dominio di classe e non l'essenza della macchina statale capitalistica. Tant'è che per decenni è proseguita la polemica sulla continuità sostanziale e persino formale tra Stato fascista e Stato repubblicano che del precedente manteneva la vecchia legislazione, il codice Rocco, i vecchi apparati polizieschi e burocratici, e istituti di controllo governativo sul potere locale e sul territorio, come il sistema prefettizio.Lo Stato riorganizzato dalla Costituzione repubblicana rimane lo Stato capitalistico anche se il suo nuovo volto può apparire esteriormente quasi irriconoscibile, ove si dimentichi che essa fu il prodotto della vittoria della Resistenza, di quella lotta armata di popolo che racchiuse in sé il duplice carattere di rivoluzione antifascista e di guerra civile. Il rivolgimento sociale e politico da essa provocato era stato il frutto di un'alleanza tra svariate classi come il proletariato, i contadini, la piccola borghesia e la borghesia democratica e repubblicana. Un'alleanza che i dirigenti revisionisti togliattiani lasciarono egemonizzare alla b

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kaoxing
kaoxing il 23/01/08 alle 15:31 via WEB
Sulle democrazie borghesi sono illuminanti anche le parole di Lenin in "Stato e rivoluzione". Davvero interessante questo tuo scritto. A dimostrazione di come Stalin, non solo ci salvò dal nazismo, ma era anche un pensatore. Un politico che produceva teoria.
(Rispondi)
ivanfi
ivanfi il 23/01/08 alle 23:02 via WEB
Stalin: Principi del leninismo - questioni del leninismo. Tosto, ma ti fa' capire che grande cervello era.
(Rispondi)
Earthlessheartless
Earthlessheartless il 21/02/08 alle 15:48 via WEB
60? :)
(Rispondi)
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