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Alonso - Raikkonen, chi il migliore?

Post n°739 pubblicato il 15 Marzo 2014 da massimo.maneggio
 
Foto di massimo.maneggio

Gli anni passano, i campioni restano. Fernando Alonso è arrivato a toccare i trentatré anni e appare ancora un ragazzino, anche se ormai è da tanto che non vince un titolo mondiale di formula 1. In mezzo tra l’era Schumacher e quella recente di Vettel, ha vinto due campionati e ha poi perso anche l’allegria, dopo esser stato frenato prima dalla McLaren e in parte dalla Ferrari. Ha fatto sceglie sbagliate, dall’appoggiare la riconferma di Massa al suo matrimonio con Raquel Del Rosario (che cantò anche a Sanremo un’assurda canzone sotto i suoi occhi), e davanti alle telecamere è diventato molto più sbruffone. Metamorfosi, presunzione o consapevolezza delle sue scelte? Chissà, ma quest’anno con una Red Bull ancora in ritardo evidente e altre avversarie in cerca di continuità, Alonso può e deve partire con tutti i pronostici dalla sua parte. La Ferrari di quest’anno è un’altra bella incognita, con le nuove regole che non aiutano di certo: il raddoppio dei punti all’ultima gara non è un fattore positivo per Alonso. Infatti, ha vinto soltanto una volta negli ultimi incontri dal momento in cui è al volante di una macchina automobilistica: soltanto nel 2005 con la Renault in Cina, dopo aver già vinto il suo primo mondiale. Occhio, quindi, a fare una scorta già prima per non soffrire nell’ultima ora e mezza. Ateo, giocatore di poker, ambasciatore Unicef e principe delle Asturie, da lontano non sembra neanche un pilota, per via di quell’altezza che proprio non si addice a un campione sportivo. Poi, una volta seduto in macchina, fa ricredere tutti. Già nel 2001 ci fu il suo esordio alla guida di una delle ultime Minardi, che in tutta la sua storia vivacchiò sempre negli ultimi posti, ma con Alonso almeno lo fece con gran dignità, mettendosi alle spalle anche qualche avversario ben più esperto. È Flavio Briatore, però, a puntare su di lui: un anno da collaudatore alla Renault - Benetton e poi il secondo volante nel 2003, al posto di Jenson Button e insieme a Jarno Trulli. Dal 2005 arrivò la definitiva maturità, con la Benetton che costruì una macchina a sua immagine e somiglianza, con anche l’intelligenza di affidarlo in mano a Giancarlo Fisichella per la definitiva consacrazione. Vinse il mondiale a settembre in Brasile e l’anno dopo lottò insieme a Michael Schumacher e una Ferrari in netta ripresa. La Spagna intera era dalla sua parte e fece il bis, non prima di aver firmato con la McLaren. E quella, forse, fu la sua rovina sportiva: mal sopportato già in partenza, si ritrovò in mezzo a spy story e all’esplodere di Lewis Hamilton, con il ritorno alla Renault che fu una rapida conseguenza. Siamo nel 2008 e durò due anni l’avventura, con il caso Piquet che lo convinse all’approdo in Ferrari. Lottò miracolosamente per il titolo nel 2012, contro Vettel che possedeva una macchina più competitiva e non era arrivato sfiancato al traguardo finale. Per tre punti non gli riuscì l’impresa del titolo conquistato in Ferrari, e anche nella scorsa stagione prese la piazza d’argento (la terza nelle ultime quattro stagioni) anche se il vertice era irraggiungibile. Statisticamente parte con questi numeri: 217 gran premi disputati, 32 quelli vinti, 96 podi, 1606 punti ottenuti, 22 pole position, 21 giri veloci. Ora dovrà puntare alla vittoria del titolo mondiale, per se stesso e per la Ferrari: nove anni senza gloria sono eccessivamente un po’ troppi.

 

Massimo Maneggio

 

Un ritorno da figliol prodigo? Meglio dire un ritorno da vincente. Per Kimi Raikkonen la nuova avventura in Ferrari rappresenta il riscatto verso tutti quei detrattori che, a cuor un po’ troppo leggero, preferirono puntare sulla coppia Alonso – Massa con effetti disastrosi, ora sotto gli occhi di tutti. E anche in questo caso, ovvero nel ritorno in Ferrari, Raikkonen ha dovuto vincere anche lo scetticismo. Come anticipato dalle colonne del nostro giornale nel mese di giugno scorso, la Ferrari aveva puntato su Kamui Kobayashi, terzo pilota ma soprattutto portatore di yen giapponesi, che in questo momento servono come oro colato. Il rifiuto di Kobayashi (!) per guidare la seconda monoposto della Ferrari, ha così aperto le strade al ritorno del finlandese dagli occhi di ghiaccio. Ed è stato meglio così: in paragone un conto è avere sul palco Leone Di Lernia, un altro è avere Frank Sinatra in frac. Personaggio schivo e restio ai microfoni, Raikkonen fa parlare la continuità a punti delle sue macchine, con le statistiche che meritano rispetto: 194 gran premi disputati, 20 quelli vinti, 77 podi, 969 punti conquistati, 16 pole position e 39 giri veloci. Dulcis in fundo, il mondiale vinto al primo anno in Ferrari nel 2007 all’ultima gara di campionato: bastarono 110 punti per vincerlo, scavalcando nella corsa Hamilton e Massa e contribuendo anche a portare il titolo costruttori alla Ferrari. Se l’esordio era stato ottimo, gli anni successivi furono un mezzo calvario, con una macchina poco competitiva che non poteva essere, certamente, sostenuta e adeguata per i ritmi di un campione del mondo. Nel 2008 divenne il gregario di Massa, che perse il titolo mondiale praticamente all’ultimo giro dell’ultimo gran premio, mentre nel 2009 cadde proprio in un’apatia sportiva che convinse la Ferrari al cambio, pagando a Raikkonen un anno di contratto per farlo stare fermo. Il finlandese non perse la calma (figurarsi: all’esordio in Sauber si addormentò poco prima della gara) e ripartì quasi da zero, correndo nelle macchine rally e nei Nascar e ripartendo, poi, nel 2012 con la Lotus che bruciò sul tempo la Williams, con un ricco contratto offerto e mai pagato sino in fondo. Il ritorno di Raikkonen nel circus è una festa nella seconda parte di stagione, quando s’inserì prepotentemente nella lotta al titolo: non bastarono 207 punti contro il marziano Vettel, ma dimostrò a tutti di non essere un pilota bollito. Nella scorsa stagione partì benissimo con quattro podi nelle prime cinque gare, ma si perse alle prime voci di mercato e agli assegni che tardavano ad arrivare. Ha saltato le ultime due corse per un infortunio alla schiena (con successiva operazione) e ora è ritornato in sella alla Ferrari, dove il suo ruolo appare subito un rebus. Sarà un secondo o un mezzo primo? Potrà rivincere un mondiale o fare da spalla ad Alonso? Certo è che non vedremo una copia di Felipe Massa, non si accontenterà di fare il gregario e, soprattutto, correrà sempre per vincere. Soprattutto, è arrivato per pochi spiccioli, in confronto a quanto successe nel 2002, con la McLaren che versò cinquanta milioni di dollari alla Sauber, per averlo come pilota da abbinare insieme a David Coulthard. Non sarà una primissima stella, ma non è neanche l’ultimo dei pianeti. Raikkonen sarà la scheggia impazzita di questo campionato automobilistico.

 

Massimo Maneggio

 

L'ora della calabria 

15-3-14

 
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