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Da Calciopoli a Calciopoli bis. Avv. Luca D’Auria

Post n°60 pubblicato il 30 Dicembre 2007 da mino46
 
Foto di mino46

Lo stalinismo della giustizia sportiva
e gli intercettatori da bar dello sport

È stata ribattezzata “calciopoli bis”; si tratta di un supplemento d’indagine napoletana che serve solamente a dare fiato ai predicatori delle svariate trasmissioni televisive sul calcio ed ai giornali moraleggianti. C’è chi dice addirittura che questi nuovi colloqui captati conterrebbero la prova che Luciano Moggi, il grande peccatore da sacrificare in un rito pubblico come si usava in epoca medioevale con gli eretici, continui a gestire il calcio, in modo ancora più occulto e pernicioso di prima. Infatti lo farebbe senza incarichi, senza funzioni ufficiali, dalla penombra dell’anonimato. Insomma: un vero e proprio “highlander” del calcio che torna, ricompare, risorge e, occultamente, domina e gestisce le sorti del mondo della pedata.
Ovviamente tutte panzane. Luciano Moggi non gestisce più nulla. Ma non è questo il punto. E non è neppure rilevante il vociare che si sprigiona dai bar sport televisivi che hanno fatto di questa nuova ondata di intercettazioni un motivo di discussione ed intrattenimento negli interminabili pomeriggi della domenica, afflitti da un campionato già finito prima di iniziare. Ciò che emerge dalla nuova indagine e dalla fibrillazione del mondo pallonaro è la conferma, se ce ne fosse stato bisogno, del tenore della giustizia e della certezza del diritto che regna nello sport.
La voce del popolo
Mi spiego: nei sistemi di giustizia normali taluno può essere condannato per fatti provati al di là di ogni ragionevole dubbio, a seguito di accertamenti in cui è pienamente garantito il contraddittorio e per ipotesi delittuose già in vigore al momento della commissione dei fatti. Non è consentito il giudizio fondato sulle illazioni e sulle condotte che non è dato sapere quali conseguenze effettive abbiano causato. Di contro, la giustizia sportiva, è la “voce del popolo”. Nulla di più. Non importa capire se un colloquio o un comportamento sospetto ha inciso sull’andamento della partita; non importa che siano ammesse, durante il processo, solamente le prove d’accusa; non importa che il giudice decida senza rispettare il principio di legalità per cui nessuno può essere punito se non per condotte già previste come illecito al momento della loro commissione. Nel processo sportivo il diritto viene trasfigurato. Perchè lo sport ha sempre preferito vivere senza giustizia. La giustizia sportiva ritiene perfettamente lecita la responsabilità oggettiva, aberrazione giuridica che consente di punire non solamente chi commette l’illecito ma anche un altro soggetto (o società) che non ha commesso il fatto. Per il sistema di giustizia sportivo è perfettamente corretto ed aderente alle regole sacrificare sul rogo l’eretico Moggi. Ed oggi, alla luce delle nuove intercettazioni, in cui il peccatore Luciano discorre di calcio con vecchi amici poco cambia: si chiedono provvedimenti per impedire che costui si intrattenga a parlare di calcio, a dare i propri pareri, a commentare. Ai saggi appare un comportamento staliniano? Qualcuno coglie l’assurdità di voler impedire a taluno di “avere contatti” con amici? Il problema è disvelato: Moggi non può farlo perchè c’è una decisione della giustizia che gli impedisce di fare il dirigente calcistico. Ma neanche chiacchierare di calcio? Forse sono la stessa cosa. Dunque nulla di assurdo. Una tragica realtà: il calcio è regolato da una normativa pre-medioevale, nonostante viva di introiti milionari coinvolgendo imprese pubbliche e private in sponsorizzazioni e “business” di ogni genere. Dovrebbe essere retto da una disciplina adeguata, da regole che garantiscano gli investimenti, la linfa da cui trae sostentamento. Invece chi investe nel calcio deve sapere che non sarà mai garantito da regole di accertamento giudiziario accettabili. Chi accetta di vivere in quel mondo non può poi lamentarsi delle conseguenze economiche di decisioni che ne traumatizzano gli investimenti ed i sacrifici economici.
Sistema grossolano
Il primo processo ha fatto sapere anche ai non tecnici del diritto e del diritto sportivo in particolare la grossolanità del sistema di giustizia su cui si fonda il calcio; non si è trattato di sentenze errate tecnicamente ma fondate su regole inaccettabili per un mondo (quello calcistico) che deve essere garantito da una legislazione moderna e nuova sottratta dall’effetto “bar sport”. Probabilmente, come spesso accade nel nostro Paese, sarà necessario un intervento comunitario che eroda le vecchie e impastate tradizioni e così si scoprirà che calciopoli, calciopoli bis e chissà quanti altri interventi di giustizia nello sport sono stati ingiusti. Ma di tutto ciò la colpa è di coloro che amano chiamarsi “addetti ai lavori” ma che non hanno nessuna voglia di abbandonare la cultura del “bar sport”.
Con queste regole e questo processo disciplinare, caro Moggi, è inutile che ti duoli e ti fai il sangue amaro; l’anima te l’hanno già rubata. Ed i giudizi sull’anima, come insegna il Santo Uffizio, non ammettono revisioni e legalità.           
 Avv. Luca D’Auria

 
 
 
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