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Mitologia Celtica - Il calderone dell'immortalità (Capitolo 5)

Post n°30 pubblicato il 19 Marzo 2013 da nami.1991
Foto di nami.1991

Manawyddan, secondo marito di Rhiannon, ha un fratello, un gigante chiamato Bran il Benedetto, oltre che una sorella, Branwen.
La famiglia comprende anche die fratellastri Nissyen e Evnisyan, figli di primo letto della madre: tanto giusto e buono è il primo quanto violento e malvagio è il secondo.
Siamo al tempo in cui Bran il Benedetto è altro sovrano di Gran Bretagna. Un giorno vede manovrare in mare un flotta di belle navi che guadagnano la riva.
I forestieri innalzano uno scudo sul ponte della prima nave: un segno di pace. Gli fanno quindi sapere che il re d'Irlanda, Mathowch, viene a chiedere la mano della bella Branwen. L'alleanza fra i due paesi ne uscirebbe rafforzata.

IL MATRIMONIO DI BRANWEN, FIGLIA DI LLYR

Bran accoglie Mathowch e trova con un pronto accordo. Il matrimonio di Branwen e Mathowch viene celebrato.
Bretono -ossia celti di Gran Bretagna- e gaelici festeggiano insieme. Quando Evnisyen viene a sapere la cosa, s'infuria, soprattutto perchè non è stato avvertito dei festeggiamenti.
Camminando nei pressi delle scuderie dove sono ricoverati i cavalli del re d'Irlanda, si fa prendere la mano dalla collera e si getta sulle bestie cui taglia le labbra fino a scoprire le gengive, le orecchie alla base del cranio e la coda.
Quando lo informano dell'atroce mutilazione inflitta ai cavalli, Mathowch decide di andarsene. Bran tenta di ridimere al gesto del fratello: giura di essere all'oscuro di tutto, di non avere pieni controllo sulla azioni malvagie di Evnisyen.
Onde evitare una catastrofe diplomatica, offre a Mathowch un cavallo in buone condizioni in cambio di ciascun animale mutilato, e doni in oro e argento. Avverte però che l'ira di Mathowch non s'è clacata.
Per riparare appieno lo strappo, Bran aggiunge un prezioso calderone magico, eredità del suo popolo: immergendovi i defunti, essi tornano in vita benché senza parola.
Soddisfatto Mathowch riprende la via dell'Irlanda, in compagnia della nuova moglie. Branwen è accolta come si conviene alle regine. La stima degli irlandesi per la dura un anno: in quel tempo mette al mondo un figlio chiamato Gwern.
Pian piano, però, si sparge voce dell'umiliazione patita da Mathowch. Per vendicare l'orrore del re d'Irlanda, la regina sarà costretta a restare in cucina a preparare i pasti e, peggio ancora, verrà presa a chiaffi ogni giorno dal capocuoco. Naturale, quindi, che le relazioni con la Gran Bretagna siano interrotte; inoltre, qualunque bretone metta piede in Irlanda sarà imprigionato. Nessuno potrà così spifferare la sorte della regina decaduta.

LA RISPOSTA DI BRAN

Branwen, di giorno  in giorno più offesa, riesce di nascosto ad ammaestrare uno storno: lo invierà oltremare con un messaggio destinato al fratello.
Bran decide su due piedi: convoca l'esercito di tutti i guerrieri di Gran Bretagna e muove sull'Irlanda.
Grazie alle sue gigantesche proporzioni, Bran supera il mare come fosse un guado.
I vaccari irlandesi, che pascolano le mandrie sulle scogliere della costa, corrono dal loro re terrorizzati dall spettacolo. Sostengono di aver visto una foresta che avanzava sul mare, a fianco d'una montagna la cui vetta si immerge in due laghi.
Per decifrare il misterioso annuncio, Mathowch convova Branwen e la interroga.
-L'esercito di mio fratello di è mosso per vendicare la mia umiliazione- risponde la   regina senza esitare.
-Che significa la foresta sul mare?
-Sono gli alberi delle navi.
-E la montagna che cammina?
-E' mio fratello, tanto grosso che nessuna nave lo può tenere.
-E la vetta fra i due laghi?
-La vetta è il suo naso, i laghi sono gli occhi, che lanciano uno sguardo adirato sopra l'Irlanda.

L'INEVITABILE BATTAGLIA

Mathowch decide di tagliare la strada agli invasorei distruggendo l'unico ponte che attraversa il fiume Shannon. Ci vuol ben altro!
Bran il Benedetto si stende fra le due rive del fiume e fa da ponte per i suoi uomini.
Il re d'Irlanda propone allora di trattare con un nemico che pare tanto potente: cederà il regno a Gwern, figlio della bella Branwen, e farà costruire per Bran un gigantesca dimora, la prima capace di ospitarlo. Bran accetta.
La costruzione della dimora procede spedita. Ma gli Irlandesi hanno escogitato una stratagemma: a ciascuno dei cento pilastri della costruzione appendono un sacco in cui si nasconde un uomo armato.
Evnisyan, la cui mente è notoriamente incline agli inganni, subodora l'artificio. Chiede che cosa contengano gli strani sacchi.
Gli si rispose che sono pieni di farina. Fingendo di transtullarsi a palpare i sacchi, strangola gli uomini nascosti a uno a uno. Così è sventato il tiro degli Irlandesi.
La pace solenne viene dunque celebrata.
Si dà una gran festa, nel corso della quale Gwern è uffucialmente proclamato re dell'Isola Verde. Ma quando il giovane abbraccia lo zio Evnisyen, questi lo leva in cielo e lo scaraventa nel fuoco. Scoppia il putiferio: nessuno riesce a salvarlo.
La provocazione di Evnisyen coglie nel segno: nel colmo dell'eccitazione, si sguainano le armi.
Gli uomini di bran e quello di Mathowch si gettano gli uni sugli altri.

LA FINE DEL CALDERONE MAGICO

Gli irlandesi hanno un gran vantaggio sull'esercito dei bretoni, giacchè possiedono il calderone magico offerto loro dallo stesso Bran.
Incredibile a dirsi, Evnisyen prova una sorta di rimorso vedendo i suoi in forte svantaggio. Si finge allora un irlandese caduto in combattimento.
Come gli altri, viene gettato nel calderone. Una volta entrato, stende le membra possenti al punto che le parteti della grande pentola vanno in frantumi. Il corpo di Evnisyen giace squartato, ma l'ultima astuzua della sua vita è valsa a salvare il clan.
Di tutto l'esercito di Bran sono scampati in sette soltanto, oltre a Branwen.
La giovane donna morirà però di dispiacere poco più in là, sospirando: "Maledetto il giorno in cui sono nata! Due isole tanto belle distrutte per colpa mia!"

LA TESTA DI BRAN

Tornando a Bran, ferito egli stesso a morte da una freccia avvelenat, comanda ai suoi di mozzargli la testa: la riporteranno in Gran Bretagna e la seppeliranno ai piedi della collina Bianca di Gwynn Vryn.
Fuggendo i richiami del luoghi stragari, i sette uomini giungono nel loro paese, assieme alla testa ancora viva del capo, che continua a parlare con loro. Una volta a destinazione, seppeliscono la testa di Bran del luogo indicato.
Da allora, i magici poteri di cui essa è dotata proteggeranno per lungo tempo l'isola intera da invasioni e calamità d'ogni sorta.

LE TESTE UMANE

I celti attribuivano proprietà magica alle teste umane; specialmente se si trattava di teste di eroi.
La testa troncata dal corpo di un capo, come quella di Bran, che continua a incoraggiare e giodare i compagni d'armi, ha i poteri di un dio: essa protegge il suo popolo da qualunque minaccia.
I resoconti degli scrittori dell'antichità che hanno osservato le usanze dei celti concordano nel riferire episodi in cui le teste dei nemici decapitati erano imbalsamate oppure offerte nel corso di pratiche rituali in cui servivano come recipienti consacrati.
Chi possiede la testa di un nemico, ne possiede la forza. Numerosi passi del mito di Cu Chulainn ripetendo che l'eroe irlandere collezionava le teste dei nemici.
Presso antichissimi santuari del sud della Gallia sono stati rinvenuti crani di giovani guerrieri misteriosamente ordinati sul fondo di nicchie scavate in pietra.

Fine Capitolo Cinque

 
 
 
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