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Kant e la morale autonoma

Post n°100 pubblicato il 05 Febbraio 2008 da mjkacat

Molti laicisti si richiamano a Kant, in particolare al celebre scritto del
1784 sull'illuminismo.  Questo arruolamento di Kant tra le file dei nemici
della religione è un grosso errore, un errore che si ritrova tale e quale
anche presso buona parte del pensiero cattolico che, senza esercitare  a sua
volta la distinzione, si schiera pregiudizialmente contro l'illuminismo.
Kant scrive di aver "posto particolarmente nella materia religiosa il punto
culminante dell'illuminismo" perchè "la minorità in materia religiosa è fra
tutte le forme di minorità la più dannosa e anche la più umiliante".
Sia i clericali sia gli anticlericali traducono il passo kantiano con
l'equazione: compimento dell'illuminismo=assenza di religione.  Ma non è
assolutamente così, basta conoscere anche solo un po' le grandi opere
kantiane per rendersene conto,  In realtà per Kant la religione tocca tali
profondità dell'essere umano che, se è sbagliata, diviene la catena più
pesante.
Ma se è giusta ?
Scrive il filosofo verso la fine della "Critica della ragion pura":
"Io credo inevitabilmente nell'esistenza di Dio e in una vita futura, e sarò
sicuro che nulla può far vacillare questa fede, poichè altrimenti
risulterebbero rovesciati i miei stessi principi morali".  Se è giusta, la
religione fonda in modo inestirpabile i retti principi morali,  li radica
nel profondo dell'animo umano con una forza tale da risultare inconcepibile
alla semplice raison calcolatrice.
Quando l'uomo percepisce dentro di sé l'assolutezza dell'etica, sente di
essersi legato a una sfera incondizionata dell'essere per esprimere la quale
il suo pensiero non ha trovato di meglio che ricorrere al termine Dio.
L'uomo non deve fare il bene per obbedire a Dio (morale eteromana), deve
farlo per sé stesso (morale autonoma).
Ma quando fa il bene per se stesso, con l'assolutezza imperativa che esso
richiede, l'uomo entra al cospetto di una sfera superiore dell'essere,
chiamata da Kant "regno dei fini", da Platone "regno delle idee", da Gesù
"regno dei cieli" ( da Jung "archetipi"-"Sé". ndr)

L'emancipazione auspicata da Kant, e da tutto il pensiero dell'illuminismo e
dell'idealismo tedesco, non è dalla religione e dal sacro, ma da forme
immature della religione e del sacro.

.............................

Per Kant [...] il valore di un'uomo è dato dall'uso che fa della sua
libertà.  Di conseguenza il valore di una filosofia dipende dalla misura
della libertà a cui conduce gli uomini.
[...]
Per questo egli lega la libertà soggettiva a qualcosa di più alto, e così
facendo fonda la morale sul sacro.  Non sul sacro religioso, ma sul sacro
razionale, il quale si impone col suo "imperativo" a ogni uomo che voglia
veramente esercitare la ragione.
La ragione non è una semplice facoltà del soggetto, usabile a piacimento
come una cravatta che posso indossare oppure no, come purtroppo ritiene la
cultura dominante
[...]
E' fuorviante presentare Kant come paladino del soggettivismo moderno.
La ragione compie se stessa quando riconosce nella libertà che vi è un
principio superiore, un arché a cui si deve legare.  In assenza di questo
legame con l'arché, si ha l'an-archia con le sue devastazioni morali.


Vito Mancuso

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Commenti al Post:
mjkacat
mjkacat il 09/02/08 alle 01:55 via WEB
"solania" <solania@cheapnet.it> ha scritto nel messaggio news:gDiqj.7228$FR.40865@twister1.libero.it... > Molti laicisti si richiamano a Kant, in particolare al celebre scritto del > 1784 sull'illuminismo. Questo arruolamento di Kant tra le file dei nemici > della religione è un grosso errore, un errore che si ritrova tale e quale > anche presso buona parte del pensiero cattolico che, senza esercitare > a sua volta la distinzione, si schiera pregiudizialmente contro > l'illuminismo. Che Kant sia un pericolosissimo e subdolo (e pericolosissimo anche in quanto subdolo) nemico della fede e del cattolicesimo è una grossa verità, professata non solo da una buona parte del pensiero cattolico, ma dallo stesso Magistero, il quale si schiera giustamente e post-giudizialmente pure contro l'Illuminismo. Scrive padre Tomas Tyn: "Questo stato di cose costituisce una vera e propria piaga della cultura moderna che si scinde in una razionalità riduttiva da una parte, e in un fallimentare tentativo di ricuperare le idee metafisiche (Dio, anima ecc.) sul piano dell'irrazionale dall'altra parte. Lo si trova facilmente in Kant, padre della modernità, il quale dichiara illegittima ogni metafisica speculativa affidandone poi i contenuti alla morale pratica e pensando, molto ingenuamente, che così essi continuino ad essere razionali e per giunta al riparo da eventuali attacchi degli scettici. Di fatto la metafisica, appena estromessa dal suo ambito proprio, ovvero razionale e speculativo, è distrutta, e la trascendenza è affidata al più bizzarro arbitrio di sentimenti più o meno edificanti. Un fatto che potrebbe sorprendere, eppure innegabile, è che l'illuminismo razionalistico è il più grande fautore non solo dell'ateismo, ma anche della superstizione più primitiva e ributtante. Identificando filosofia e kantismo e scordandosi ogni istanza critica nel momento stesso in cui solennemente la proclamano, i laicisti riducono la filosofia al fenomenismo e all'immanentismo, il che li induce a pensare che ogni anelito al trascendente che osasse apparire nel pensiero razionale sia già un contenuto dipendente da convinzioni religiose, se non addirittura dall'"inganno dei preti". Ma se così fosse, Platone non sarebbe filosofo perché a differenza dei sofisti egli vede in Dio e non nell'uomo la misura di tutte le cose, e non lo sarebbe nemmeno Aristotele, il quale definisce la metafisica senza mezzi termini come disciplina teologica, in quanto il suo sommo oggetto non può essere che Dio. Certo, negare che il pensiero umano può e deve pensare Dio [come sostiene Kant, il quale semplicemente "postula" l'esistenza di Dio] è sfortunatamente ancora "filosofia", ma pessima filosofia, come lo fu la sofistica in tutta la sua hybris antropocentrica ed implicitamente atea, contrapposta al messaggio socratico tutto vibrante di una tanto sentita quanto ragionata religiosità." E il cardinale Ratzinger ha scritto: "Il relativismo di Hick, Knitter e teorie analoghe si fonda in ultima analisi su un razionalismo che, alla maniera di Kant, ritiene che la ragione non possa conoscere ciò che è metafisico." "In base alla struttura della nostra conoscenza-secondo Kant-non può essere possibile quello che afferma la fede cristiana: i miracoli i misteri e i mezzi della grazia sono un illusione, così spiega Kant nella sua opera La religione entro i limiti della semplice ragione." Il Magistero, al contrario di Kant, sostiene da sempre il valore della ragione, che può giungere a provare l'esistenza di Dio creatore a partire dalle cose create, e a raggiungere verità certe ed immutabili di ordine metafisico. Riporto di nuovo la "Humani generis" di Pio XII e la "Fides et Ratio" di Giovanni Paolo II. In particolare, questo brano dell'enciclica "Humani generis" che indica "gli incrollabili principi della metafisica": "Questa stessa filosofia, confermata e comunemente ammessa dalla Chiesa, difende il genuino valore della cognizione umana, gli incrollabili princìpi della metafisica, cioè di ragion sufficiente, di causalità e di finalità, ed infine sostiene che si può raggiungere la verità certa ed immutabile." La validità e l'incrollabilità di tali princìpi metafisici è poi ribadita dall'enciclica "Fides et Ratio", di Giovanni Paolo II, nella quale tali princìpi vengono non a caso affiancati alle norme morali fondamentali del diritto naturale: "In questo senso è possibile riconoscere, nonostante il mutare dei tempi e i progressi del sapere, un nucleo di conoscenze filosofiche la cui presenza è costante nella storia del pensiero. Si pensi, solo come esempio, ai principi di non contraddizione, di finalità, di causalità, come pure alla concezione della persona come soggetto libero e intelligente e alla sua capacità di conoscere Dio, la verità, il bene; si pensi inoltre ad alcune norme morali fondamentali che risultano comunemente condivise." > Kant scrive di aver "posto particolarmente nella materia religiosa il > punto > culminante dell'illuminismo" perchè "la minorità in materia religiosa è > fra > tutte le forme di minorità la più dannosa e anche la più umiliante". > Sia i clericali sia gli anticlericali traducono il passo kantiano con > l'equazione: compimento dell'illuminismo=assenza di religione. Affatto, l'illuminismo può portare pure, oltre che al relativismo, all'ateismo e al nichilismo, a una falsa concezione della religione: astratta, deistica, individualistica, soggettivistica, moralistica, ecc. > L'uomo non deve fare il bene per obbedire a Dio (morale eteromana), deve > farlo per sé stesso (morale autonoma). La morale cattolica è eteronoma, nel senso che trova il suo fondamento in Dio e nell'Essere, ed è oggettiva, anche se poi deve certamente, con l'aiuto della Grazia di Dio, con la vita comunitaria nella Chiesa, con il supporto dei sacramenti, con un rapporto personale con Cristo, essere interiorizzata e fatta propria. La morale autonoma Kantiana non può che condurre a una morale individualistica e soggettivistica, sciolta dalla Chiesa comunitaria e dai suoi riti liturgici. "La mentalità illuministica e l'intellettualismo che essa veicola tende a relegare il rito nell'ambito dell'accessorio, del superfluo, del "superstizioso". Ciò che conta è il comportamento, la morale. Immanuel Kant ha criticato la religiosità che si esprime nella ritualità, riducendola invece all'essenziale, cioè all'etica. In pochi passaggi il card. Ratzinger fa magistralmente notare come la posta in gioco sia alta: il problema del rito non si riduce solo a un aspetto schiettamente antropologico che lo rende in qualche modo necessario. Oggi proprio le scienze umane attirano l'attenzione sull'irrinunciabilità del rito per l'uomo. Invece anche qui il nocciolo della questione è soprattutto teologico: "[...] l'uomo cerca sempre il modo giusto di onorare Dio, una forma di preghiera e di culto comune che piaccia a Dio stesso e sia conforme alla sua natura. In questo contesto si può ricordare che la parola "ortodossia" all'origine non significava, come oggi quasi sempre si intende, "retta dottrina". Da una parte, infatti, la parola "doxa" in greco significa "opinione", "apparenza"; d'altra parte, nel linguaggio cristiano, essa significa qualcosa come "vera apparenza", vale a dire: "gloria di Dio". Ortodossia significa quindi il modo giusto di onorare Dio e la retta forma di adorazione. In questo senso l'ortodossia è per sua stessa definizione anche "ortoprassi"; il contrasto moderno tra i due termini, nella loro origine si risolve da se stesso. Il punto non sono delle teorie su Dio, ma la vera strada per incontrarLo. Grande dono della fede cristiana fu quello di apprendere ora qual è il vero culto, in che modo si onora davvero Dio - nella partecipazione orante e nella condivisione del cammino pasquale di Gesù Cristo, nel prendere pienamente parte alla sua "Eucharistia", in cui l'Incarnazione conduce alla Resurrezione - sulla via della croce." Scrive Tomas Tyn: "I padri e i dottori della Chiesa scelsero un filosofo anziché un altro non per un gusto personale, ma perché il suo sistema di pensiero si apriva alla realtà delle cose. San Tommaso capì che una dottrina rispettosa di Dio è anzitutto una dottrina rispettosa della realtà, limpida e umile sottomissione intellettuale alla realtà delle cose, non tanto dettar legge alla realtà. Kant (1724-1804), fin dall'inizio della sua Critica della ragion pura pretende di dettar legge alla natura. Invece l'atteggiamento di ogni sano pensatore cristiano è esattamente il contrario: è l'Essere che detta legge al nostro pensiero." "La mentalità contemporanea è acritica, poiché si fonda su Kant, per il quale non è l'oggetto che determina il soggetto, ma è il soggetto (cioè il pensiero) che detta legge all'essere." Aggiunge Marcel De Corte "Non è esagerato asserire che la teoria kantiana della conoscenza, la cui influenza fu e resta enorme nelle Università, ritiene che lo spirito umano è una facoltà produttrice e riconduce la conoscenza a un lavoro produttivo. Conoscere non è più, secondo la formula famosa, "diventare l'altro in quanto altro"; è agire sugli esseri e le cose per renderli intelligibili. Senza dubbio l'uomo non fa le sue sensazioni: le riceve dall'esterno, ma quel mondo esterno non è, parlando con proprietà, conosciuto; non è reale nel senso proprio del termine; non è altro che una materia in cui l'intelligenza umana imprime le sue forme. Grazie al suo lavoro intellettuale, che opera sui dati sensibili di cui è tributario, l'uomo può dunque trasformare il mondo esterno in modo da renderlo obbediente ai suoi desideri, ai suoi disegni; non si conosce più se non ciò che si fa. Il mondo è mondo quando è costruito. È trasformabile a piacere. Non ha più nulla di misterioso nè di sacro. Non è più. Diventa ciò che l'uomo vuol farlo diventare. Al mondo che il senso comune considera reale si sostituisce un mondo artificiale, costruito nel cervello dei filosofi, degli scienziati, dei giuristi, degli statisti, nei Parlamenti, nelle amministrazioni, nei thinking departments, nei laboratori, nei centri di programmazione, di perpetue riforme di struttura. Il punto d'arrivo di siffatta esaltazione della tecnica è la famosa undicesima tesi sul Feuerbach, che Marx formula lapidariamente: "Non basta più conoscere il mondo, si tratta di cambiarlo"." > Ma quando fa il bene per se stesso, con l'assolutezza imperativa che esso > richiede, l'uomo entra al cospetto di una sfera superiore dell'essere L'uomo entra veramente al cospetto di una sfera superiore dell'essere quando incontra Cristo nella Chiesa Cattolica. Quando crede di riuscire a fare il bene per se stesso, l'uomo non ci riesce, perchè rifiuta, almeno implicitamente, Dio e la sua Grazia, che sono la fonte del retto modo di vivere la vera moralità. Volere fare il bene per se stesso può essere il grido di un mistico estatico, o l'aspirazione di un (neo)pagano stoico, che ignora o vuole ignorare la radicale debolezza morale umana, la necessità della Grazia di Dio (e quindi della preghiera e dei sacramenti) e la giusta ricompensa del fare il bene, la quale è la felicità, la beatitudine promessaci da Cristo. Il cupo e rigoroso moralismo kantiano da un lato esclude il pentimento e la cancellazione dei peccati per opera della "superstiziosa" confessione, dall'altro aborrisce la felicità come ricompensa del bene e fine proprio dell'uomo. Scrive Marcel de Corte: "Se uno viene ad affermare ingenuamente che va alla ricerca della felicità, passa per svanito o ingenuo, se non addirittura per un mostro o un imbecille, e la pubblica opinione lo esclude dalla comunità. All'estremo opposto della nostra furia di piacere e di godimento, pesa ancora su di noi la dura eredità di una morale negativa, fatta di divieti, piena di inibizioni, irta di cose da non farsi: è la morale che il giansenismo ha lasciato in eredità all'Europa. Ci è divenuta completamente estranea quella pienezza positiva di essere che comporta la felicità, e che un san Tommaso, tanto per fare un esempio, assegnava ancora all'uomo come suo fine. È stato Kant a diffondere un atteggiamento di ostilità nei confronti della felicità, relegandola tra i fini patologici e sospetti dell'uomo. La ricerca della felicità, per Kant, è addirittura immorale, e di questo bagaglio di inibizioni non si sono sbarazzate nè la morale borghese nè quella marxista." > chiamata da Kant "regno dei fini", da Platone "regno delle idee", da Gesù > "regno dei cieli" ( da Jung "archetipi"-"Sé". ndr) E con questo collegamento a Jung hai dato a Kant il bacio della Morte.... Delirante e aberrante è poi l'abbassamento di Cristo al livello di Kant e Platone. Perchè non ficcarci dentro pure Gandhi e Martin Luther King, che sono come il prezzemolo, e vanno sempre bene? > L'emancipazione auspicata da Kant, e da tutto il pensiero dell'illuminismo > e > dell'idealismo tedesco, non è dalla religione e dal sacro, ma da forme > immature della religione e del sacro. Ma certo, la Chiesa Cattolica, per Kant, per l'illuminismo e per l'idealismo tedesco, rappresenta una forma immatura e superstiziosa della religione e del sacro, superata da tempo dal procedere dialettico dello Spirito Oggettivo.... I bei frutti prodotti dell'illuminismo e dell'idealismo, cioè le moderne ideologie rivoluzionarie (giacobinismo, liberalismo, capitalismo, colonialismo, anarchismo, socialismo, nazional-socialismo, comunismo, democratismo abortista) con le loro conseguenze omicide, genocide e concentrazionarie, li abbiamo conosciuti, purtroppo..... Ricorda il teologo Giuseppe Orlando: "Siri si rivelava per quello che davvero era: l'uomo di fede, il teologo, l'uomo di cultura, che cercava di far comprendere che cosa fosse una autentica formazione spirituale. Fui molto colpito da questi incontri, al punto che chiesi un colloquio con lui. La prima domanda che gli rivolsi, mi ricordo ancora, fu proprio questa. "Eminenza, gli dissi, qual è la cosa fondamentale che deve possedere chi intende fare cultura cristiana?". Mi immaginavo che tirasse fuori, ad esempio, la Bibbia. E invece, mi rispose: l'ontologia. La logica e l'ontologia. Senza di quelle non si può assolutamente accedere alla Bibbia, che è il discorso del Logos. "Ricordati, Orlando - mi ricordo ancora le parole con cui concluse il suo discorso - che dove non c'è logica, non può attecchire la grazia". Non a caso, la filosofia moderna, con Kant, Hegel e Marx, ha proprio attaccato la logica e l'ontologia, anzi, prima l'ontologia e poi la logica." In un'intervsta, Eugenio Corti afferma: "I suoi libri contengono una condanna senz'appello di tutte le ideologie alla base delle tragedie del XX secolo, nelle quali lei vede radici che affondano in profondità nella cultura occidentale. Dove esattamente? Sono convinto che alla base di tutte ci sia un'unica matrice anti-cristiana, e che la sua origine vada cercata anche più a monte dell'Illuminismo francese, dei philosophes e di Voltaire. Già il rinascimento fa segnare un risveglio del paganesimo. Procedendo a grandi tappe ho poi visto l'avanzare di una linea evolutiva che dall'Illuminismo - attraverso Kant - ha condotto all'idealismo tedesco e al sistema di Hegel. E' dentro questa cultura che hanno preso le mosse sia Feuerbach che Nietzsche, che su sponde diverse ne rappresentavano i frutti." C'è chi ha scritto che nella battaglia di Stalingrado si sono affrontati gli eredi della sinistra e della destra hegeliana.... > Per Kant [...] il valore di un'uomo è dato dall'uso che fa della sua > libertà. Di conseguenza il valore di una filosofia dipende dalla misura > della libertà a cui conduce gli uomini. Già, ma bisogna vedere come si intende la libertà: se come fare ciò che si vuole, o come fare liberamente ciò che si deve, seguendo la verità.... > E' fuorviante presentare Kant come paladino del soggettivismo moderno. E' fuorviante non presentarlo come il precursore del soggettivismo moderno.... > La ragione compie se stessa quando riconosce nella libertà che vi è un > principio superiore, un arché a cui si deve legare. Se è un archè astratto e soggettivo, non lega un bel niente.... > Vito Mancuso Nei bei tempi andati sarebbe finito flambè.... > PS....sorvolando, momentaneamente, sulla dozzina di dogmi che trasgredisce > nel suo ultimo libro. > Gesuiti docet Docent. Cordiali saluti.
 
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