Creato da mjkacat il 24/05/2005

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L'Inconscio collettivo di Lacan

Post n°118 pubblicato il 13 Aprile 2008 da mjkacat

Già dal titolo chiunque abbia un po' di dimestichezza con la psicoanalisi
sarà rimasto leggermente stupito non avendo mai sentito associare il
concetto di "Inconscio collettivo" propriamente al nome di Lacan ma, ben più
facilmente, al nome di Jung e i più preparati a quello di Melanie Klein, di
Bion o di altri anche se con un lessico leggermente diverso nella forma ma
analogo nella soatanza.

Lo stesso Freud vi accenna, ovviamente senza impiegare l'espressione
dell'acerrimo nemico, "Inconscio collettivo" ,che, si sà, gli psicoanalisti
son una delle categorie più vanitose esistenti sulla faccia della terra e
mai e poi mai ammetterebbero che qualcuno sia arrivato prima  di ognuno di
loro alla benchè minima scoperta.
Razza dannata di narcisi individualisti.

Eppure, come si diceva, anche se nessuno ha mai sentito parlare
dell'"Inconscio collettivo di Lacan", questi PRIMEGGIA, DOMINA
incontrastato, schiaccia e umilia tutti gli altri "inconsci collettivi"
nonchè gli psicoanalisti che vi fanno capo per la semplice ragione che è
QUELL'INCONSCIO che sta dietro a Lévi-Strauss e al suo fondamentate "diktat"
che ha generato quel RELATIVISMO di cui nel post "Volksgeist e Inconscio" se
ne spiegava la genesi..

In quel post facevo appunto accenno scherzoso alla misteriosa genesi di un'
Inconscio di cui non avevo ne mai avuto conoscenza, ne di cui avevo mai
sentito parlare, ne mai avevo avuto la benchè minima necessità di conoscere
nel mio trentennale lavoro in materia.

Son bastate qualche brevi ricerche che subito alla voce "Inconscio" nel
"Dizionario di Psicologia" di Umberto Galimberti (Utet), alla pagina 478,
alla specifica voce "L'inconscio collettivo" vi si può testualmente leggere
una già prima risposta a quel quesito :
"Questo concetto è stato elaborato in sede antropologica da C.Lévi-Strauss e
in sede di psicologia analitica da C.G.Jung con un'attribuzione di
significato COMPLETAMENTE DIVERSA"

Mé pareva...enfaaatti !!

Non stò ora ad annoiarvi con i passaggi dettagliati che portano da
Lévi-Strauss a Lacan ; vi basti sapere che  sono entrambi figure di
prim'ordine di quel movimento filosofico che conoscete molto meglio di me
dal nome "Strutturalismo".

Quindi, saltando ad una nuova domanda, che sappiamo bene che è il nostro
divertimento principale ed inesauribile passare da una all'altra,....

Ma lo Strutturalismo è la filosofia vincente ?
Se è vero che è tutt'uno con il "Relativismo", le altre filosofie son
veramente ridotte così male da dover chinare la testa alla scienza come
unico Universale ?
Ma la filosofia è veramente morta o qualcuno l'ha venduta per trenta denari
come il primo Giuda d'accatto ?

Io non credo che la filosofia sia morta, neanche un po', e non credo neppure
che sia minimamente inferiore alla scienza, anzi !!
Ma nessuno ha proprio niente da obiettare a questo primato
STRUTTURALISTA-RELATIVISTA ?

Ora, immaginando che le linee del robot moderatore si intaseranno presto per
l'accapigliarsi di tutti nel voler rispondere per primi...ecco che io allora
continuo a studiare per i fatti miei, che intanto mi diverto, nell'attesa
remota che si liberino presto e il flusso possa riprendere serenamente, fra
qualche tempo...chissà !!

Comunque,...buon voto a tutti
e ricordatevi
che nella cabina elettorale
Ferrara non vi vede
ma Berlusconi è sulla strada di riuscirci !!

Okkio !!...siate prudenti...lo dico per il vostro bene...


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Commenti al Post:
mjkacat
mjkacat il 30/05/08 alle 01:23 via WEB
Riesumo il tuo post del 12/4 perché, dopo aver letto "visione estatica" è più facile capire la diversità tra la concezione lacaniana-levistraussiana (strutturalismo) da quella junghiana e il perché la prima domina incontrastata. E' semplice: Levi-Strauss pretende di spiegare le analogie/coincidenze tra simboli di diverse tradizioni servendosi del paradigma classico del materialismo, che concepisce la mente come semplice epifenomeno del cervello materiale. A questo scopo, conia il concetto di "Struttura" che egli identifica, in ultima analisi, con la struttura profonda della materia, la quale non può che essere la stessa per tutta l'umanità e quindi non può che produrre simboli uguali in tutti i tempi e in tutti i luoghi della terra. Partendo da queste premesse, Levi-Strauss giunge a concepire la coscienza umana come marionetta della Struttura (inconscio) e quindi a privarla di tutti gli attributi che gli vengono ordinariamente riconosciuti: autonomia, libertà, volontà. Niente di più appetibile per la moda materialista-relativista-disfattista del nostro tempo. Tuttavia, come potrai osservare anche nell'esempio del mio post "visione estatica", tra le diverse simbologie prodotte dall'inconscio non c'è solo una relazione di inerte IDENTITA', ma soprattutto relazioni di ANALOGIA E COMPLEMENTARITA' giocate su nessi di significato INTELLIGENTE. Nessi, cioè, che possono essere prodotti solo da una matrice comune di natura VIVENTE-PSICHICA-PENSANTE, e non di natura INERTE-MATERIALE-BIOLOGICA. In altre parole, l'inconscio non produce solo pulsioni istintuali o anonime strutture simboliche, ma veri e propri contenuti di pensiero, elementi di conoscenza, per quanto enigmatica. Ed è la scoperta e l'analisi di questi elementi che ha portato Jung alla sua concezione dell'Inconscio Collettivo come "altra mente" all'interno della nostra mente.S crive Jung: "Anche ai nostri giorni ci è dato di osservare la formazione spontanea di veri e propri simboli religiosi nell'individuo; essi spuntano dall'inconscio come fiori di specie ignota, e la coscienza rimane smarrita e non sa bene che cosa fare con tale nascita. Non è troppo difficile stabilire che quei simboli individuali provengono, per il loro contenuto come per la forma, da quello stesso "Spirito" inconscio (o quel che esso sia) da cui provengono le grandi religioni degli uomini. L'esperienza prova comunque che le religioni non sorgono quali frutti di una elucubrazione cosciente, ma provengono dalla vita naturale dell'anima inconscia, che in qualche modo esprimono adeguatamente. Ciò spiega la loro diffusione universale e la loro straordinaria efficacia storica sull'umanità". [JUNG: Realtà dell'anima - pg.157] "Conformemente alla propria storia, la psicologia [...] ha identificato il proprio oggetto con la coscienza e con i suoi contenuti, trascurando completamente l'esistenza di una psiche non cosciente. Benché diversi filosofi come Leibniz, Kant, Scelling, avessero chiaramente accennato al problema di una zona oscura della psiche, [...] fu un medico che intravvide nell'«inconscio» una base essenziale della psiche. Fu questi Carl G. Carus, il grande predecessore di Eduard von Hartmann. [...] I mitologemi tipici furono osservati proprio nei casi di individui per i quali cognizioni di quel genere erano assolutamente escluse e per i quali era altresí impossibile una derivazione indiretta da idee religiose eventualmente note o da figure del linguaggio parlato. Simili risultati hanno resa necessaria la supposizione che si trattasse piuttosto di reviviscenze "autoctone", indipendenti da ogni tradizione, e quindi dell'esistenza di elementi strutturali mitopoietici della psiche inconscia". [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pg.146] "Si pensa generalmente che chi scende nell'inconscio cada nelle tormentose pastoie della soggettività egocentrica e sia esposto in quella via senza uscita, all'assalto di tutte le belve che si suppone popolino l'antro del mondo psichico sotterraneo". [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pg.18/19] "Il valore attribuito alla psiche inconscia come fonte di sapere non è per nulla così illusorio come può apparire al nostro razionalismo occidentale. Vi è in noi la tendenza a supporre che ogni conoscenza derivi sempre, in ultima analisi, dall'esterno. Ma sappiamo oggi con certezza che l'inconscio dispone di contenuti tali che, se potessero essere resi coscienti, rappresenterebbero un incalcolabile aumento di conoscenza". [JUNG: Realtà dell'anima - pg.22] "Se si potesse personificare l'inconscio, esso apparirebbe come un uomo collettivo, al di là della giovinezza e della vecchiaia, della nascita e della morte: con l'esperienza umana pressoché immortale di uno o due milioni di anni. Quell'uomo sarebbe senza dubbio superiore al mutare dei tempi; egli sarebbe un sognatore di sogni secolari e, sulla base della sua infinita esperienza, capace di previsioni incomparabili". [JUNG: Realtà dell'anima - pg.23] "Il vantaggio degli uomini creativi consiste proprio nella permeabilità del loro diaframma tra coscienza e inconscio". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.84] Risposta di Carlo Pierini (da it.cultura.filosofia.moderato 30/5/08)
 
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