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Si può fare un bilancio del 1968 nel 2008?
Sotto il profilo politico, la classe dirigente che ha militato nei movimenti
messianico-rivoluzionari nati con il 1968 si è installata al potere -
culturale, politico e mediatico - fondando il proprio programma
politico-culturale su una forma aggressiva di relativismo e di laicismo.
Incapace di uscire dalle categorie dialettiche della modernità, progresso
contro reazione, opposte a quelle ritenute per sempre superate, in quanto
"metafisiche", vero e falso, giusto e ingiusto, questa casta padrona ha
tenuto sul proprio naso gli occhiali ideologici anche dopo aver smesso di
credere alle ideologie di cui si era nutrita. Ne è derivato un esercizio del
potere che si spogliava di una ideologia frantumata dalla storia e indossava
l'abito relativista e laicista, da "partito radicale di massa": così, dello
slogan del Maggio francese, l'immaginazione al potere, i Sessantottini si
sono impadroniti di un potere senza immaginazione, funzionale
all'appiattimento
tecnocratico del vecchio illuminismo antispirituale. Mentre la rivoluzione
politica si trasformava con le Brigate Rosse in progetto insurrezionale, che
viene sconfitto nel 1978 quando con l'omicidio di Aldo Moro perde l'appoggio
popolare diffuso nelle fabbriche, quella comportamentale, ossia delle
tendenze, diventa modello di massa, che si istituzionalizza con la legge sul
divorzio nel 1970 e con la proclamazione del diritto di aborto nel 1978.
Ma il suo esito è stato il suicidio del desiderio.
Scambiato il desiderio originale di felicità con la sua malattia
soggettivista, ossia li primato del piacere individuale, la Rivoluzione
culturale in Italia ha fatto della morte del padre e del vietato vietare la
conquista senza ritorno, bruciando alle proprie spalle i ponti della
tradizione. Si è trovata così ad attraversare le frontiere del nulla,
svelando il suo itinerario verso la cultura della morte: il terrorismo, la
libertà di drogarsi, di abortire, di darsi la morte con l'eutanasia, la
pretesa di annullare la sessualità negando le differenze di genere,
costituiscono la moneta con la quale è stato ripagato il desiderio di una
vita buona.
Crollata l'ideologia, il sessantottino passa dall'utopia alla prassi e
diventa il cane da guardia della tecnocrazia. Così, le tendenze libertarie
emerse negli anni Sessanta ed esplose con il Sessantotto continuano l'opera
della secolarizzazione che attraversa il Novecento, producendo frutti
avvelenati: lo svuotamento interno del principio di autorità, sostituito con
un vuoto e occhiuto autoritarismo; la sostituzione dell'"abito" e della
"divisa" con un modo di vestire uniformante e "casual"; l'oscuramento del
valore della sessualità, insidiato dalla sessuofobia del rigorismo
protestante e rapidamente trasbordato al libertinismo attraverso la
diffusione della contraccezione e del modelli trasgressivi veicolati dai
mass-media.
http://snipurl.com/e4wt7
“Giussani propone un Cristianesimo carnale, non disimpegnato, approfondisce il concetto di presenza mutuando da uno slogan del Maggio francese. Lottare per una città nuova che deve nascere, non scelta ideologica: per i cristiani il borghese è l’uomo non convertito, non importa di destra o sinistra ma esser dentro l’unica tensione cristiana che conosciamo. L’incarnazione dentro la storia”.
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