Un blog creato da piccola23 il 16/01/2012

Pensieri e Parole

Perchè scrivi solo cose tristi? Perchè quando sono felice esco.

 
 
 
 
 
 

Vivo soprattutto in

quello che non ho.

(D.G.)

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

È stupido cercare di spiegare (e tuttavia non riesco a smettere), ma è sempre così per me. In qualche punto, molto vicino, si accumula qualcosa – o qualcuno – che implora di esplodere, soffocherà non trovando uno sfogo e, anche se non mi è assolutamente chiaro cosa – o chi – sia, capisco perfettamente il suo bisogno di erompere, sento chiaramente il suo grido soffocato.

(D.G.)

 
 
 
 
 
 
 

Il tempo che ti piace buttare non è buttato.

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

È il segreto che ti sussurro all'orecchio già da un mese: noi due non siamo vivi! Voglio dire, non in un luogo in cui vigono le leggi ordinarie che regolano i rapporti tra le persone, tantomeno tra uomo e donna. Dove siamo, allora? Non m'interessa saper dove, perché dargli un nome? Sarebbero comunque nomi "loro", nomi tradotti, e con te voglio una costituzione diversa di cui saremo noi a fissare le leggi.

(D.G.)

 
 
 
 
 
 
 

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Stand by me

Post n°340 pubblicato il 27 Maggio 2021 da piccola23


Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, perché le parole le immiseriscono, le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori. Ma è più di questo vero?. Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov'è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portare via . E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate. Questa è la cosa peggiore secondo me, quando il segreto rimane chiuso dentro non  per mancanza di uno che lo racconti, ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare.

 
 
 

Come se l'avessi scritto io.

Post n°339 pubblicato il 03 Dicembre 2020 da piccola23

Nella nostra cultura, quando si pensa a un grande dolore, si pensa al lutto, a una separazione o alla perdita del lavoro…

Ma c’è un’altra esperienza che può segnare una persona davvero nel profondo. Non si è mai creata una narrativa degna di quest’altro fenomeno altrettanto doloroso: il perdere la stima che riponevamo in una persona.

Perdere la stima in una persona, sia essa un nostro amico o amica, un compagno, un amante, il nostro capo o collaboratore, richiede in realtà il percorso di una “via crucis” con delle sue tappe, di un “lutto” a tutto tondo.

Si tratta della perdita di qualcosa che fa davvero da fondamento a qualunque rapporto umano. Dunque, anche da qui si può capire la profondità della sofferenza che ne consegue: stiamo parlando della nostra valutazione positiva e della nostra fiducia in qualcuno come “persona”, a monte e a prescindere da qualunque discorso di genere, sentimento o situazione. Infatti, come dicevo, questo si può verificare sia in coppia, che sul lavoro, che in qualunque altro tipo di relazione umana e situazionale.

La stima che riponiamo in una persona viene a formarsi dal nostro modo di interagire con lei e da ciò che riceviamo come feedback e in aggiunta ad esso. Ossia, da come questa persona reagisce ai nostri stimoli e da cosa decide di restituire, di aggiungere, di elaborare e passarci, in un interscambio arricchente per entrambi.

La stima è riconoscere in questa persona integrità, sincerità, coerenza, capacità e la solidità che permette alla fiducia di radicarsi, nei giorni, nelle settimane e nei mesi.

E fidarsi significa sentirsi in uno spazio sicuro, protetto, potersi “affidare”, rilassarsi nel libero scambio. Fare il morto a galla in un lago di pace, in cui non ci si aspettano né mulinelli, né alcun tipo di perturbazione, perché siamo certi di quella persona.

Stima è “dare un valore”, un valore che sia al di sopra della media, per un modo di comportarsi, per un’integrità caratteriale, per determinati talenti da cui possiamo attingere e a cui possiamo anche contribuire, quando la fiducia è stata cementata.

Perdere la stima in una persona significa, a livello inconscio o del nostro bambino interiore – la nostra parte più fragile ed emotiva – assistere alla caduta di un mito. O, in termini più adulti, perdere un alleato.

Veder crollare un ponte, attraverso il quale passavano solo buone sostanze, nutrienti per entrambe le parti. E, quindi, restare in qualche modo carenti di quel nutrimento, di quello scambio simbiotico (in positivo, nel senso che creava valore, un valore aggiunto).

Avviene un non-riconoscimento. Non riconosciamo più l’altro. Viene a mancare un dialogo, per cui avevamo sviluppato un’abitudine. Un’abitudine nutriente.

La perdita della stima in una persona è molto vicina all’esperienza del tradimento. Uno dei passi più dolorosi da superare è quello stupore freddo di un coltello piantato tra le nostre costole: l’incapacità di riconoscere quella persona per quella che ci si era manifestata, per quella che fino a poco prima credevamo essere.

E da qui la sensazione di lutto: per quanto ci agitiamo, pretendiamo o strilliamo, quella persona che ha detto o fatto certe cose, non esiste più. PUFF, da un momento all’altro. Senza preavviso.

Tutto ciò che credevamo “autentico” e basato su giustizia e integrità, era in realtà la recita di un ruolo per secondi scopi, la consuetudine spontanea di alcune persone alla menzogna, oppure ancora ciò che stimavamo era stato solo il picco di un attimo, che quella persona non riesce a sostenere e per il quale non era decisamente all’altezza. In questi casi, si è trattato di un salto energetico di possibilità, che poi ricadono rovinosamente nella “norma”, nel livello ordinario, e la persona che credevamo vivere a quel livello, o al nostro livello, non c’è più. Ridottasi a un angelo caduto.

Perdere la stima significa ritrovarsi soli in un’attività, in un sentimento, in un qualsivoglia genere di scambio, quando prima si era in due e si producevano flusso energetico e valore, scambio umano e creazione – su diversi livelli.

Un‘esperienza del genere può causare un collasso nervoso e nel peggiore dei casi andare anche a far tremare le fondamenta nella nostra scala di valori e dei nostri punti di riferimento. Con ricadute sulla stessa fiducia che riponiamo o riponevamo in noi, per esserci “causati” un‘esperienza del genere. Per non essere stati abbastanza accorti o non essere riusciti a proteggerci.

Dietro tante delusioni e sofferenze, spesso tutto si può riassumere nella perdita della stima. Che avviene più indietro della perdita di un amore, che avviene a monte del rapporto tra i generi, che avviene alla base della nostra sensibilità e della fiducia che abbiamo donato e che per questo tanto può minare e farci traballare. E che, proprio per questo, può riguardare, come avviene nella maggior parte dei casi, un uomo e una donna, ma anche due colleghi o due amici. La delusione è parimenti cocente e la ferita da guarire sarà altrettanto profonda. Provare per credere – anche se auguro di riuscire a risparmiarsi l’esperienza, causa certa di tanta dispersione, sia temporale, che fisica, nervosa, psichica ed energetica.

 

 
 
 

Ci siamo

Post n°338 pubblicato il 02 Dicembre 2020 da piccola23

 

Arriva il momento in cui bisogna necessariamente lasciare andare. Mollare la presa. Prendere le distanze da qualcosa che non puoi cambiare e che non riesci ad accettare come tuo. E questo succede quando arriva la consapevolezza, o meglio, quando accetti la consapevolezza del fatto che non si può pretendere di essere la priorità di qualcuno. Una priorità lo sei o non lo sei, è stupido anche solo discutere su questa cosa. Magari lo lo sei stata per un po’ e umanamente ti eri abituata a quella condizione, e diciamo la verità, ti piaceva anche un po’, in fondo quale ego non si sentirebbe nutrito da attenzioni continue? Ma le cose cambiano velocemente e spesso senza un reale motivo, quello che ha funzionato splendidamente per un periodo più o meno lungo all’improvviso si inceppa e non ne vuole sapere di tornare alle stesse prestazioni di prima. Ed è in quel momento che bisogna stare attenti a non sbagliare, cercare di forzare un meccanismo che si è inceppato può portare a sbloccarlo, certo, ma più spesso porterà a romperlo del tutto. E forzarlo costerà fatica, richiederà impegno, a volte richiederà anche di abdicare a chi sei tenendo comportamenti che la tua natura non prevede, con il risultato che ugualmente niente tornerà a funzionare, ma tu ti sentirai svilita e frustrata. E ferita.

E allora è meglio lasciar andare, lasciar correre, smettere di trattare come priorità chi invece fa di te un’opzione, e non capisce neanche perché questa cosa non sia accettabile. Ci hai provato, hai forzato, provato a convincere, a spiegare, a raccontare, ad avvertire, ma non è servito, il meccanismo non solo continua a non funzionare come meriteresti o come funzionava prima, ma addirittura l’inceppamento sembra sempre più resistente, a ogni tuo tentativo corrisponde beffardamente una dimostrazione pratica di malfunzionamento. L’unica cosa da fare a questo punto è smettere di fare, smettere di dire, di recriminare, di spiegare, se non è servito le altre duecentomila volte che lo hai fatto perché dovrebbe magicamente servire ora? Smetti, deponi le armi, siediti nel tuo angolo ed osserva. Il tuo lo hai fatto, hai provato ad aggiustare qualcosa che si rifiutava di farsi aggiustare, lo hai fatto per te, certo, perché gestire le mancanze non è mai stato il tuo forte, lo hai fatto perché certe cose valgono il tentativo, ma a un certo punto insistere comincia ad avere il sapore di accanimento terapeutico. Quindi basta, resta ferma e zitta, aspetta, fai le tue cose e guarda che succede. Se non succederà niente non avrai niente da rimproverarti, se non il fatto di aver smesso di insistere un momento troppo tardi, forse.

Perché, semplicemente, tutto ciò che non è reciproco, è inutile.

 

 

 
 
 

Pessoa

Post n°337 pubblicato il 29 Ottobre 2020 da piccola23

Il mio desiderio è fuggire. Fuggire da ciò che conosco, fuggire da ciò che è mio, fuggire da ciò che amo. Desidero partire: non verso le Indie impossibili o verso le grandi isole a Sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo. Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni. Voglio riposarmi, da estraneo, dalla mia organica simulazione.

 
 
 

Calvino, ancora.

Post n°334 pubblicato il 23 Ottobre 2020 da piccola23

 

Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così


 
 
 
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Well you only need the light when it's burning low
Only miss the sun when it starts to snow
Only know you love her when you let her go
Only know you've been high when you're feeling low
Only hate the road when you're missin' home
Maybe one day you'll understand why
Everything you touch surely dies

 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 

A volte, devo dimenticaгe ciò che desideгo e гicordaгe ciò che meгito.

M. M.

 
 
 
 
 
 
 

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È una legge non scritta: chi vuole starmi vicino deve assumersi la responsabilità della mia anima.

(D.G.)

 
 
 
 
 
 
 

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