Creato da testadirapa3 il 25/01/2011
un viaggio, tante anime perse.
 

 

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Pratica con le armi.

Post n°132 pubblicato il 04 Ottobre 2012 da testadirapa3

Dopo mangiato tornarono al campo di allenamento, questa volta, dietro ordine del Guardiano, si portarono le armi. <<Vi ho fatto portare le armi, per farvele conoscere.>> Disse il Guardiano una volta che si furono sistemati. <<Visto che per buona parte di questa missione non avrete i vostri poteri, le armi saranno il vostro attacco e la vostra difesa. Dovrete conoscere ogni parte delle vostre armi, la sua anima e i suoi pensieri. Dovrete essere tutt’uno con essa, ed essa essere tutt’uno con voi. Ognuno di voi avrà un bersaglio fisso da attaccare.>> Indicò sette manichini sparsi per la radura. <<Fatemi vedere di cosa siete capaci.>> Con le proprie armi si portarono davanti ai manichini, Angelo e Sondra agli opposti della radura e isolati, in modo che le loro armi, soprattutto quella di Sondra, non fossero un pericolo per gli altri.

Didier prese i suoi mazzafrusti e cominciò a rotearli, come aveva fatto il giorno prima nella cantina. All’aria aperta emettevano un suono continuo, simile al rumore delle pale dell’elicottero in movimento. Vedendo che non aveva problemi a rotearle ai suoi fianchi, provò a spostarne una verso l’alto. Per fortuna che il suo potere era sempre attivo, il mazzafrusto deviò dalla traiettoria prevista e andò ad occupare il posto che doveva essere della sua testa, provocando così il lancio di entrambe le armi. Didier si guardò le mani, eppure era convinto di non averle lasciate quegli aggeggi. Vide il Guardiano che gli si avvicinava. <<Il tuo potere deve svilupparsi. Al momento puoi evitare qualsiasi oggetto che casualmente o volutamente venga in contatto con te. Il problema è che non puoi trattenere ciò che hai in mano, in quel momento non sei corporeo. Sei fortunato che ti rimangano i vestiti.>> <<Una volta evoluto il mio potere posso combattere nel doppio senso, volevo dire che posso colpire senza che quando mi si colpisca svanisca perdendo l’arma?>> <<Vedo che cominciate a capire come funziona la cosa. Per il momento però sarà il caso che ti limiti a provare i colpi da infierire all’avversario.>> Lasciò Didier ai suoi esperimenti e continuò a girare nella radura.

William divise in due parti la sua alabarda e per un po’ le fece roteare tra le mani. Le lezioni che aveva preso con quei bastoni giapponesi diverso tempo prima, ora gli stavano tornando utili. Nonostante l’estremità appesantite dalle lame, ruotavano che era una bellezza. Volle provarle sul manichino, immobile ad aspettare la sua condanna. Provò prima la mezzaluna, che affondò per tutta la lama nel busto inerme. Di seguito affondò la lama dell’altra metà sul fianco del manichino, che si spezzò in due, sparpagliando diversi oggetti metallici nel terreno. Il Guardiano, che aveva appena finito con Didier gli si avvicinò. <<Bravo! Avevo detto ai miei allievi di mettere un’anima dura dentro al manichino, e guarda un po’.>> William si avvicinò al Guardiano accovacciato. Indicava dei chiodi rotti, ferri di cavallo spezzati e diverse altre cose metalliche ormai irriconoscibili. <<Bell’arma!>> Disse orgoglioso William ammirando le sue lame. Nei suoi occhi si accese quella scintilla che riservava solo alle armi che trovava interessanti e spietate. Brooken Pheels si allontanò da lui, soddisfatto di come si stavano mettendo le cose.

Angelo lanciò frecce da diverse distanze, via via sempre più lontano dal bersaglio. Trovò leggero l’arco e la corda la sentì tesa al massimo. Quando provò ad incoccare una freccia, sentì l’arco tendersi con facilità. “Ottimo arco.” Pensò Angelo. Mano a mano che si allontanava dal bersaglio non ebbe difficoltà a prendere la mira e a tirare, le frecce scoccate emettevano un sibilo mentre fendevano l’aria. A dieci metri come a duecento metri lo sforzo che richiedeva l’arco era uguale e irrisorio. E prendeva sempre il centro. Allora provò ad aumentare la forza che metteva nel tiro, da una distanza che calcolò in almeno trecento metri. Sembrava assurdo ma da quella distanza il suo bersaglio non sembrava tanto difficile, e pensare che anni prima già a cinquanta metri gli riusciva difficile beccare la parte esterna del bersaglio. Scoccò la freccia che emettendo un fischio simile a quello che emettono i fuochi artificiali, andò a centrare in pieno il bersaglio, lo trapassò e si infilò nell’albero dietro che distava ad almeno dieci metri. Pensò di aver mancato il suo bersaglio e che la sua freccia fosse andata direttamente sull’albero, così andò a vedere di quanto l’avesse mancato. Rimase stupito di vedere che il manichino aveva un buco che lo passava da parte a parte e che la freccia si fosse infilata così in profondità nell’albero. <<E dire che i miei allievi avevano fatto un ottimo lavoro.>> Le parole del Guardiano lo spaventarono, non l'aveva sentito avvicinarsi. <<Cosa?>> Disse Angelo cercando di estrarre la freccia dall’albero. <<Dicevo che questo manichino, come gli altri, ha un’armatura sotto il tessuto ed è piena di chiodi e chissà che altro. Vede?>> La freccia non si voleva togliere, Angelo imprecò e la lasciò dove era, poi si rivolse verso il manichino, dove il Guardiano stava togliendo la stoffa e rivelava due lastre di metallo. Angelo guardò dentro al buco e notò che il manichino celava un’anima metallica. <<Si tenga stretto quell’arco. Penso che ne vedremo di cose con quello!>> <<Non credevo di aver tirato così forte?>> Fece ancora stupito Angelo indicando la freccia nell’albero. <<Oh, non penso che la forza di tiro c’entri in questo caso.>> Fece vago il Guardiano. <<Cosa vuole dire?>> <<Al momento non lo so neanche io, ma se ogni arma è collegata al vostro potere, possiamo dire che la loro forza di offesa è pari al vostro potere. Impari a sfruttare il suo potere e presto il suo arco sarà meglio non incontrarlo.>> Il Guardiano lo lasciò più confuso di prima a conoscere la propria arma.

La spada di Susan era pesante, il giorno prima non ci aveva fatto caso, ma ora non poteva fare a meno di accorgersene. La cosa cambiò quando cominciò a maneggiarla, menando colpi all’aria e simulando un combattimento. Trovando facili tutti i movimenti con la mano destra provò a passare la spada alla sinistra. La trovò molto pesante. Movimenti che con la destra le erano elementari, con la sinistra le venivano goffi e in un paio di occasioni la spada le cadde di mano. Dopo vari colpi sferzati con la sinistra decise che per il momento la destra era la mano principale, magari in seguito si sarebbe allenata con maggior foga sull’utilizzo della sinistra. Dopo altri colpi a sferzare l’aria decise di dare qualche colpo anche al manichino in attesa. Purtroppo al primo colpo che diede fu fatale per il povero manichino, dopo una serie di giravolte aveva dato un colpo di taglio al fianco del manichino, tagliandolo in due. Chiodi e altre cianfrusaglie si sparsero nel raggio di qualche metro sull’erba. Dando un’occhiata al manichino si accorse di cosa era fatto, l’anima in chiodi e metalli vari era chiusa da semplice legno, protetta però da uno spesso strato metallico. <<Certamente una bella spada.>> Disse ammirato il Guardiano, distogliendola dalla contemplazione del danno arrecato al manichino. Susan non sapeva cosa guardare, alternava lo sguardo dal Guardiano alla spada e infine al manichino. <<Non è una spada normale?>> <<Come ho appena detto ad Angelo, le armi che possedete hanno dei poteri propri, sta a voi usarli, come dovreste usare i vostri poteri.>> <<Vale a dire che questa spada la può usare chiunque e avere lo stesso effetto?>> <<No. Le armi che possedete sono esclusivamente vostre. Se un’altra persona impugnasse questa spada e provasse a fare la stessa cosa che hai fatto tu, al massimo avrebbe scalfito il legno, ma niente di più.>> <<Lei le può usare?>> Chiese incuriosita Susan. <<Si, le posso usare, ma solo per difendermi.>> Se ne andò continuando il suo giro e lasciando Susan a pensare che per il Guardiano Pheels doveva essere frustrante essere onnipotente ed essere costretto dai propri poteri a non usarli come vorrebbe.

A Karl gli ci volle un bel po’ per sistemare le fondine per i suoi tridenti. Quando ci riuscì si sentì stanco come se avesse corso per chilometri. “Sono fuori forma.” Pensò il ragazzo fissando l’ultimo tridente nell’apposita fondina. Non sapendo come usare i tridenti, la prova del giorno prima non contava, e non avendo mai avuto buona mira, decise di mettersi ad un paio di metri dal suo manichino. Gli ci vollero, nonostante la vicinanza, metà dei tridenti per riuscire a colpire il manichino. La cosa non lo soddisfò, visto che aveva centrato il bersaglio, ma il tridente aveva colpito di piatto il manichino e così cadde a terra. Gli ci vollero molti altri lanci per riuscire a colpire in pieno il bersaglio con la punta del tridente, anche se questi cadeva visto che il manichino era provvisto di armatura. In certi momenti gli venivano in mente certi lanciatori di coltelli che vedeva alla TV negli spettacoli circensi. Quando si considerò soddisfatto della sua mira, allungò la distanza dal manichino di diversi metri. Divideva il suo allenamento in due parti, la prima la usava per dosare la forza necessaria per prendere il bersaglio e la seconda la usava come allenamento vero e proprio. Così fece nelle diverse distanze che adottò per allenarsi. Nell’aria si sentiva il fischio delle frecce di Angelo, e quel rumore regolare lo prese in considerazione per i suoi lanci. Fu proprio con l’ultima freccia di Angelo, quella che fece più rumore delle altre, che Karl lanciò, per distrazione, il suo tridente più forte del solito. Questo, non solo prese in pieno il manichino, ma penetrò anche l’armatura di cui era provvista, la punta cava estrasse le sue lance nascoste e rimase appesa alla lastra metallica come un lampadario al soffitto. Per nulla stupefatto di ciò, volle provare a lanciare con entrambe le mani. Non essendo mancino ambedue i lanci risultarono smorzati e non raggiunsero il bersaglio, cadendo miseramente nell’erba. Non si scoraggiò e ripeté diverse volte i lanci, con scarsi risultati. <<Non è necessario che ci riesca subito.>> Disse il Guardiano Pheels portandogli un tridente. <<Sarebbe il caso che prima alleni le due mani in modo separato. Altrimenti rischi di non combinare nulla e di rallentare il tuo lavoro.>> Poi guardò verso il manichino ammirando il lavoro fatto. <<Non c’è male. Ora però bisognerebbe chiedere al capo fabbro di fartelo togliere.>> <<Non serve, basta trovare il modo di chiudere le punte.>> Karl cominciò a trafficare con il tridente incastrato e il Guardiano lo lasciò per continuare il suo giro.

Michelle trovò complicato mettersi quelle protesi, anche perché se si sollecitavano al momento sbagliato rischiava di tagliarsi con la sua stessa arma, cosa che non gli era mai capitato con i suoi artigli. Non essendo pratica passò buona parte del tempo a camminare e a muoversi con quelle cose indosso, erano un po’ scomode ma ci avrebbe fatto l’abitudine. Poi cercò di estrarre con il minor numero di gesti ogni lama che aveva. Le ci volle un bel po’ soprattutto per capire il corretto funzionamento dell’estrazione automatica. Visto che aveva ancora diversi giorni per applicarsi in quella parte, cominciò a colpire più volte i suo manichino. Il contatto delle lame sul metallo dell’armatura fu spaventoso, come le unghie che grattano su una lavagna. Per qualche minuto non riuscì a sentire nient’altro che quel rumore fastidioso e quel tremolio nelle braccia non finiva più. Continuò allora con l’estrazione delle lame finché il fastidio non passò. Allora attaccò nuovamente il manichino con le lame che aveva nelle gambe, queste assorbivano meglio il colpo e davano colpi più violenti, talmente violenti che presa dalla foga del momento diede un colpo talmente forte che le lame tagliarono in due la lastra metallica e lasciarono un solco nel legno. Purtroppo una delle lame si ruppe e rimase conficcata nel legno. <<Non c’è problema.>> Disse il Guardiano avvicinandosi a Michelle. <<Reuben può fartene avere delle altre, sperando che non ti si rompano tanto presto.>> <<Nel malaugurato caso che mi si rompano mentre siamo in viaggio, non pensa che sia saggio portarsi un fabbro?>> Il Guardiano ci pensò su: <<Quanta gente bisogna portare con noi. Già siamo troppi per quello che dobbiamo fare… No bisogna trovare un materiale adatto allo scopo. Ne parlerò con i fabbri.>> Si allontanò da lei pensieroso.

Sondra trovava la sua arma fantastica. Anche facendo un lancio lento ritornava nelle sue mani, o nel peggiore dei casi ai suoi piedi. Con l’aiuto di Moltren e Dorlan diede vita ad un bell’allenamento, meglio del giorno prima. Questa volta i bersagli che i due ragazzi facevano levitare erano più consistenti di una foglia. Dai rami alle rocce quel cerchio trilamato tagliava di tutto. La sua presa del cerchio migliorava ad ogni lancio e non tagliava ogni volta che lo prendeva. Provò a prenderlo in corsa, simulando situazioni in cui doveva prenderlo al volo e lanciarlo subito. <<Non avete ancora provato con il manichino.>> Osservò il Guardiano Pheels alla fine del giro d’osservazione. <<Ho visto cosa hanno dentro gli altri.>> Rispose Sondra. <<Forse hai ragione, è meglio non creare altri incidenti.>> Diede voce anche agli altri: <Basta così per oggi. La visibilità è poca e potrebbero nascere dei problemi. Domani continueremo con il Campo di Potere, e mi raccomando, vedete di esercitarvi un po’ prima di andare a dormire. Con loro è andata bene.>> Più stanchi di quanto pensassero si avviarono nelle loro stanze, sperando che qualche anima pia avesse lasciato qualcosa da mangiare. Moltren e Dorlan si chiedevano come era andata a finire la partita di Balan, visto che una rapida visione dello stadio gli aveva rivelato che non c’era più nessuno.

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