Mondo Jazz
Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.
IL JAZZ SU RADIOTRE
martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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JAZZ & WINE OF PEACE
Pipe Dream
violoncello, voce, Hank Roberts
pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
trombone, Filippo Vignato
vibrafono, Pasquale Mirra
batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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JOHN SURMAN - SALTASH BELLS (2012) E.C.MJohn Surman soprano, tenor and baritone saxophones, alto, bass and contrabass clarinets, harmonica, synthesizer Whistman's Wood Glass Flower On Staddon Heights Triadichorum Winter Elegy Ælfwin Saltash Bells Dark Reflections The Crooked Inn Sailing Westwards Recorded June 2009 and March 2011 Gli album in solo sono una caratteristica di Surman fin dal primo, quel Westering Home (Island) del 1972, l'unico uscito per una etichetta diversa rispetto alla tedesca E.C.M che iniziando da Upon Reflection (1979) ha poi ospitato altri quattro dischi, Witholding Pattern nel 1984, Private City nel 1987, The Road To St. Ives nel 1990 per finire con A Biography of The Rev. Absalom Dawe, uscito nel 1994 e ultima prova in solitudine di Surman. Sono trascorsi pertanto 18 anni dall'ultimo album in solo e questo Saltash Bells rimarca all'ascolto sia il tempo trascorso sia un approccio piuttosto differente rispetto ai suoi predecessori. Naturalmente gli strumenti usati ed il canovaccio rimangono gli stessi: brani in cui il baritono traccia un tema (Glass Flower) e poi lentamento lo sviluppa con l'aiuto di sovraincisioni o del fidato soprano (Triadichorum) . Altri, i più elegiaci, in cui un discreto e minimale tappeto elettronico fatto di note ripetute fa da sfondo a struggenti melodie raddoppiate con il baritono e innervate da sapide improvvisazioni con il soprano (Whistman's Wood, On Staddon Heights, Saltash Bells). Il tempo ha levigato quelle inevitabili asprezze generate da un approccio più sperimentale e in sintonia con gli ultimi decenni del secolo scorso. Oggi ogni tema è ben delienato, e le parti di pura improvvisazione sono ben delimitate entro un tracciato prestabilito e difficilmente riconducibile ad una prospettiva tipicamente jazzistica. In questo album, ispirato dai luoghi della gioventu' e che avrebbe dovuto essere la colonna sonora di un film-documentario del regista norvegese Odd Geir Saether, si affaccia in maniera più prepotente rispetto al passato l'influenza della musica popolare accompagnata da una costante ricerca della melodia. Probabilmente il picco creativo Surman l'ha oltrepassato da diverso tempo, ma rimane musicista tra i più ispirati ed originali e questo album lo conferma. V A L U T A Z I O N E : * * * * |
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Andrea Baroni
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