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DAL VIVO: FORNARELLI TRIO CON BEARZATTI/IDRIS ACKAMOOR

Post n°2454 pubblicato il 15 Novembre 2012 da pierrde

Due concerti in tre giorni in contesti assai differenti e con proposte del tutto diverse. Inizio dalla serata di ieri all'Auditorium Torelli di Sondrio che ha visto all'opera una delle formazioni italiane più stimolanti del momento, il trio di Kekko Fornarelli, per di più rinforzato da quel fenomeno che è Francesco Bearzatti.

In programma i brani di Room of Mirrors, il notevole album che il pianista ha licenziato per la Auand lo scorso anno e che gli ha valso unanimi riconoscimenti. A differenza del compact in cui suonavano Bulgarelli e Liberti, ieri sera la sezione ritmica era composta da Luca Alemanno al contrabbasso e Dario Congedo alla batteria, due giovani dotati di gusto e tecnica che non hanno assolutamente fatto rimpiangere i musicisti presenti nell'album e che sono parsi completamente complementari al progetto del pianista.

Fornarelli, che nella presentazione si è definito più compositore che pianista, è in realtà un ottimo muscista che in maniera del tutto personale ha fatto tesoro dell'esperienza di gruppi come il trio di Esbjorn Svennson. Il suo approccio alla tastiera rivela un profondo back-ground sia classico che mainstream, con le mani posizionate stabilmente nella parte centrale del pianoforte ed un gusto melodico che si sposa ad un groove possente e fantasioso.

Le composizioni eseguite, già naturalmente ricche di swing, sono state innervate dalla vena anarchica e straripante di un Bearzatti in perenne stato di grazia. Lirico, corrosivo, penetrante, un fiume in piena ma attento anche alle sfumature, ospite mai invadente di un trio che già di per se è sembrato giustificare pienamente l'entusiastica recensione che la scorsa estate il quotidiano inglese Guardian gli aveva dedicato dopo l'esibizione londinese.

Sono cosi' scorse le composizioni presenti nell'album, dalla meditativa Time Goes On alla lirica Room of Mirror, segnando un percorso piuttosto simile caratterizzato da un tema a tempo medio, spesso venato da una linea introspettiva e melodica, poi sviluppato con un crescendo ritmico trascinante e contagioso.

Insomma, grande serata. Unico neo la scarsa affluenza di pubblico, ennesima occasione perduta dal pubblico valtellinese, pronto a mettersi in coda per svenevolezze televisive ma assolutamente poco ricettivo per proposte serie.

Tutto il contrario rispetto al Manzoni di Milano, che anche domenica mattina ha sfiorato il sold out per il concerto in prima assoluta italiana di Idris Ackamoor. Un piccolo pezzo di storia della musica afro-americana degli anni 70' che mai prima della data milanese si era potuta ascoltare in Italia. 

I miei timori rispetto all'evento riguardavano la possibilità di ascoltare una musica datata, confinata in un periodo storico lontano per quanto ribollente e magmatico. Da questo punto di vista il concerto ha cancellato qualsiasi dubbio, offrendo una prestazione non sempre omogenea ma sanguigna ed in crescendo. Una sezione ritmica di forte impatto, musicisti versatili ed intercambiabili nei ruoli, brani ricchi di variegate fonti ispirative. 

Improponibili i  raffronti con i gruppi che negli anni 70' hanno espresso al meglio le istanze politiche ribollenti, il furore nero, il free jazz, la tribalità, l'africanismo, il coinvolgimento del pubblico. Impossibile con il metro di oggi giudicare e confrontare. Il progetto attuale di Ackamoor è diseguale, non sempre a fuoco, a volte anche irritante nelle lungaggini verbose, ma il suono del suo sassofono è lancinante, la proposta complessiva molto ricca ritmicamente, i temi costituiti da brevi riff di poche note sono incisivi ed immediati.

 Grandi applausi alla fine ma anche molti pareri discordanti tra gli appassionati 

 

 
 
 
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