Post n°2689 pubblicato il
30 Marzo 2013 da
pierrde
Qual è la tua idea di musica e in che modo pensi di averla espressa nei tuoi dischi?
Secondo me la musica è essenzialmente comunicazione. Mi piace pensare al fatto che chi ascolta, indipendentemente dalla propria preparazione e dalle preferenze specifiche, riesca ad apprezzarla. Uno dei miei obiettivi principali, oltre a quello di essere un musicista versatile, è quello di essere un musicista che sappia trasmettere una vasta gamma di emozioni e che sappia comunicare col proprio pubblico; al di là del fatto che si tratti più o meno di un pubblico colto ed esperto. Per farlo, credo sia fondamentale conoscere profondamente il linguaggio del jazz e la sua storia; cercare di essere un musicista che affondi le proprie radici nella tradizione del jazz, ma che miri anche alla ricerca di un suono e di un modo di esprimersi assolutamente originali. Naturalmente tutto questo è frutto di anni di studio, esperienze e ascolti.
Riguardo alla tradizione del jazz hai alcuni punti fermi che ritieni imprescindibili del tuo bagaglio formativo?
Ritengo che non si possa pretendere di essere definiti “jazzisti” se non si conoscono i linguaggi di grandi personalità come Louis Armstrong, Lester Young, Coleman Hawkins, Duke Ellington, Billy Strayhorn, Thelonious Monk… E poi ancora Charles Mingus, Miles Davis, Charlie Parker, John Coltrane, Ornette Coleman e tutti gli altri pilastri della musica jazz. Dovrebbero essere sempre un punto di riferimento e una costante fonte d'ispirazione. Questi musicisti sono e saranno sempre di estrema attualità perché rappresentano l'enciclopedia del jazz. Chiunque abbia voglia di imparare il “linguaggio” del jazz, deve attingere dal loro vocabolario per poi, ovviamente, cercare di proiettarsi in avanti, in modo assolutamente naturale... Essendo appunto uno dei dettagli importanti nella mia musica, credo e spero che nei miei dischi si evinca.
La tradizione è sicuramente il trampolino di lancio per il futuro del jazz e questo pensiero inevitabilmente si riflette nella mia musica, sia a livello compositivo ma soprattutto nell'improvvisazione
E chissà quanti episodi divertenti avrai vissuto con Wynton Marsalis...
Scherziamo ancora in tour proprio come quando avevo tredici anni. Una volta, in Olanda, mi disse di andare nella camera 127 per fare una lezione con Frank Morgan. Appena entrato nella sua stanza, Frank mi chiese di suona qualcosa, ed io cominciai a suonare un'improvvisazione. Frank mi ascoltò per qualche secondo, poi mi disse: "Ok... una lezione l'hai data tu a me. Puoi andare. Parlo io con Wynton!".
Leggi l'intervista completa su: http://www.andymag.com/my-lifemy-music/1989-francesco-cafiso.html
Inviato da: Less.is.more
il 24/08/2019 alle 11:46
Inviato da: Less.is.more
il 23/08/2019 alle 21:27
Inviato da: Piero Terranova
il 13/07/2019 alle 20:06
Inviato da: Luciano Linzi
il 19/10/2018 alle 15:44
Inviato da: juliensorel2018
il 12/10/2018 alle 15:21