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Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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« TORINO E IL FESTIVALSEGNALAZIONI »

UNA MALINCONICA GIORNATA DEL JAZZ

Post n°2774 pubblicato il 01 Maggio 2013 da pierrde

Premetto che a Torino non sono andato per il festival, che, al contrario, era solo la ciliegina sulla torta di un momento di comune ritrovo con amici, purtroppo affatto interessati alla musica.

Il risultato, unito all'imperversare del maltempo, è che in pratica ho ascoltato molto poco. Iniziando da domenica, dove, grazie ad un "diretto veloce" sono arrivato a Torino con un'ora di ritardo, troppo tardi per la conferenza di Marcello Piras e fuori tempo massimo per un biglietto  in teatro per Abdullah Ibrahim.

La sera poi, tra il concerto di Mulatu Astatke sotto la pioggia battente ed una calda cena in compagnia non ho avuto esitazioni sulla scelta da intraprendere...

Ero potenzialmente molto interessato ai concerti Fringe, ma, ahimè, i doveri di ospite stridevano rispetto agli orari e cosi' non ne ho fatto nulla.

Mi sono presentato baldanzoso lunedi' pomeriggio in Piazzale Valdo Fusi: la pioggia ha concesso una breve tregua e cosi' mi sono sciroppato gli acerbi Sidony Box, un trio francese ospitato con la collaborazione del Festival Jazz di Nantes che più che impressionarmi mi hanno lasciato intorpidito dal freddo e a secco di emozioni.

Per fortuna puntualissimi sono sopraggiunti i musicisti della Cosmic Band capitanati da Gianluca Petrella. Il salto quantico rispetto ai francesi era più che evidente, anche se l'energia e la buona vena del leader e dei suoi collaboratori non sempre mi è parsa messa perfettamente a fuoco. Il repertorio è costituito o ispirato dalla Sun Ra Arkestra, ma della magia cosmica del pianista americano viene completamente tralasciata l'impronta swing, riducendo quindi di molto quell'impatto unico e godibile che nella frizione/incontro tra swing e free contraddistingueva la mitica Arkestra.

Rimane un grande impatto orchestrale fatto di energia e di robusti riff fiatistici, un ottimo utilizzo di synth e Fender Rhodes e, particolare curioso, un sottoutilizzo perlomeno per la inudibilità pressochè totale, proprio dello strumento che era di Sun Ra: il pianoforte di Giovanni Guidi.

La sera mi avvio senza aspettative alcune al concerto dei Miles Smiles: rispetto al programma al gruppo si aggiunge il sax di Bill Evans ed il repertorio è ovviamente quello di Miles anni 70'. Succede quello che pavento: il programma è, e non può essere diversamente, esposizione del tema più assoli dei singoli. Fine delle trasmissioni. Quanto di più scontato e noioso si possa presagire, però a questo punto lo spessore tecnico dei musicisti si impone:Joey De Francesco è immenso nello swingare con l'Hammond, Wallace Roney (con un girovita di almeno mezzo metro in più rispetto all'ultima volta che l'ho visto) è un solista straordinario e spesso i suoi timbri sono la fedele riproposizione di quelli di Miles, con annesso brivido di emozioni (magnifica la versione di Jean Pierre).

 Tutti sono musicisti formidabili e non a caso la fusion di Miles è di gran lunga migliore di quasi tutto quello che in questo campo è stato suonato nei quarant'anni successivi.

Due parole anche sulle mostre collegate: imperdibile per qualità, taglio e spesso anche umorismo quella del fotografo francese Guy Le Querrec.

Il pomeriggio di martedi' lo dedico ai 3Quietman con Stefano Battaglia, preferendo la riproposizione de Le Città degli Invisibili di Calvino con la partecipazione del collettivo CLG costituito da persone con problemi psichici rispetto al jazz manouche di Dorado Schmitt Familia. E' un mio limite, ma il genere manuche lo trovo meraviglioso solo per i primi dieci minuti...

La parte prettamente musicale del set dei 3Quietman è una incursione nel progressive rock stile Soft Machine, rivisitato e rinfrescato con una sorprendente sonorità ottenuta dalla tromba filtrata di  Ramon Moro, un mellotron evocato perfettamente, e riammodernato dalla sapienza di Battaglia al pianoforte. Molto gradevole, e anche un felice momento di socializzazione per le persone del CLG Ensemble.

La sera il concerto in Piazza Castello costituisce la celebrazione della Giornata Mondiale del Jazz all'interno del festival. Protagonista il settetto di McCoy Tyner e dei suoi Latin All Stars. Anche in questo caso non mi aspettavo alcunchè, data la tarda età della maggior parte dei protagonisti.

Invece la realtà è ancora molto peggiore del paventato: problemi insoluti di intonazione stridono immediatamente fin dal primo riff dei fiati. E' Gary Bartz, che inizia sottotono per usare un eufemismo, ad evidenziare evidenti carenze di fiato e di tonalità, anche se poi piano piano risolve almeno parte dei guai. Certo siamo al limite del presentabile, e oltretutto è inspiegabilmente Bartz a farsi carico della maggior parte degli assoli dei fiati, dando pochissimo spazio a Brian Lynch, che forse avrebbe prodotto altro tipo di risultati.

Il meccanismo poi è palesemente riciclato: tema + assoli a profusione per coprire un vuoto di idee e di vigore a stento mascherato da una buona sezione ritmica. In tutto ciò Tyner rimane comunque un pianista ancora dignitoso. La sua mitica mano sinistra cede spesso e volentieri la scena ad un pianismo meno percussivo e più lirico, ma fa tenerezza il suo ingresso sul palco con andatura malferma.

Il pubblico, numeroso ed eterogeno come impone un concerto gratis in piazza, è di larghissime vedute e al primo accenno di riff applaude calorosamente, tant'è che se dal fondo palco comparissero Buffon alle nacchere e Fassino al triangolo riceverebbero la loro dose di ovazioni.

Personalmente trovo la situazione difficile da digerire: è l'anniversario e la festa del jazz. Ma l'immagine che ne esce, almeno a parer mio, è quella di una musica irrimediabilmente vecchia come i suoi protagonisti odierni, ripiegata su se stessa e senza idee. Lo so che non è cosi', ma me ne vado da Piazza Castello immalinconito e pensieroso.

Un solo appunto all'organizzazione: è vero che i concerti in piazza sono un happening, pensati sicuramente per unire il turista al torinese, permettere alle famiglie una piacevole uscita, far scorazzare cani, bambini e biciclette. Ma ci sono anche persone che in piazza ci vanno per ascoltare la musica, non sarebbe il caso di regalare loro almeno qualche centinaio di sedie ? Su un budget di un milione di euro la spesa dobrebbe essere sostenibile e  irrilevante credo...... 

 
 
 
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