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Mondo Jazz

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martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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CONTROCORRENTE: I FATTI ROVESCIANO LE ASPETTATIVE

Post n°3521 pubblicato il 09 Giugno 2014 da pierrde

 

Si è concluso il Festival Jazz di Mandello con un altro tutto esaurito in teatro più altre centinaia di persone in piazza davanti al megaschermo. Difficile capire gli umori del pubblico, spesso proposte simili vengono bellamente ignorate, sta di fatto che per gli organizzatori si tratta indubbiamente di un meritato successo e per noi vecchi appassionati non pare vero il riaccendersi di interesse nei confronti della musica che amiamo.

 

Sulla carta le proposte del cartellone che parevano più stuzzicanti sembravano essere il duo di Paolo Fresu e Bebo Ferra e l'altro duo, un pò più stagionato ma di grande vitalità, quello tra Trovesi e Coscia.

 

Alla resa dei conti, in perfetta logica...contro corrente, le emozioni più forti sono invece venute dal trio di Michel Godard e dal Percussion Staff. Ma andiamo per ordine, e iniziamo dal bel concerto di Godard con Roberto Martinelli e Francesco D'Auria: che il francese fosse uno dei musicisti più intriganti e polivalenti si sapeva, e lo ha confermato con un set essenziale, dal forte impatto ritmico e dalla impronta suggestiva dei molti dei temi suonati, provenienti dall'album Le Sonnet Oubliè.

 

Martinelli ha aggiunto un suono lirico e cantabile alle poderose linee disegnate da tuba, serpentone e basso elettrico e alle poliritmie incalzanti di Francesco D'Auria.

 

Il set di Fresu e Ferra si è snodato forse troppo a lungo, tanto da far emergere alla fine qualche lungaggine e, sinceramente, anche qualche sbadiglio. A complicare le cose si è aggiunto, almeno a mio modo di vedere, un utilizzo eccessivo degli effetti elettronici ed una scelta di repertorio che ha privilegiato le doti ed i timbri di fine dicitore del trombettista, finendo però per portare la musica prevalentemente in un ambito da colonna sonora e/o d'ambiente, mettendo in secondo ordine quindi la parte ritmica e più jazzistica del duo.

 

Non si discute la maestria strumentale del trombettista naturalmente, ma forse l'essere aperto a 360 gradi verso qualsiasi direzione musicale alla lunga può comportare anche qualche effetto collaterale e penalizzante di identità .

 

Personalmente preferirei che Fresu lasciasse perdere le comparsate con il mondo del pop (lo so che rendono, ma non tutto merita....) e le stravaganti coppie di fatto (tipo Einaudi tanto per capirci) e si concentrasse di più sul suo aspetto jazzistico che, a questo punto della sua carriera, potrebbe ricevere un nuovo impulso ed un ulteriore salto di qualità.

 

La seconda serata si apre con il rodatissimo duo di quelle vecchie volpi che sono Trovesi e Coscia: ormai il loro set si sviluppa su linee collaudate da 25 anni di carriera e che ben difficilmente regalano sorprese, almeno per chi li conosce fin dagli inizi. Anche il repertorio è consueto, ma i due senatori compensano egregiamente con zampate strumentali disseminate qua e la e con la solita corrosiva ironia che spesso supplisce a mancanza di nuovi stimoli e di nuove idee. Tutto Deja Vù, ma sempre apprezzabile.

 

Percussion Staff è un ensemble di cinque percussionisti cresciuti in trent'anni di attività e apprendimento a fianco di quel genio delle percussioni che risponde al nome di Gunter Sommer.

 

Per me è stato particolarmente emozionante rivedere Gunter dopo tanti anni, ormai anziano e dalla andatura incerta. Lo scoprii una trentina e più di anni fa grazie a Clusone Jazz, di cui diventò rapidamente un beniamino, grazie ad una serie di concerti memorabili e ad un carattere solare e particolarmente comunicativo.

 

La sua maestria compositiva, l'ironia, il gusto fanciullesco per la sorpresa, la polivalenza strumentale, tutto ciò traspare, anzi, tracima dai brani eseguiti dal gruppo.

 

Una formazione che ricorda il glorioso M'Boom Re Percussion di Max Roach sia nella poderosa strumentazione che nell'utilizzo di vibrafoni e marimbe, e più in generale per il riuscito intento di far dialogare, perfino cantare, pelli, metalli e legni.

 

Oltre al riuscito omaggio ad Art Blakey (Arts for Art), formidabile il brano Gamala Taki con i beffardi e potenti intermezzi vocali a scandire un lungo interscambio di ritmi e di ruoli. Quando poi Sommer si esibisce in solo il suo drumming è insieme canto e poesia, ritmo e potenza, carezza e forza. Un maestro, che chiude degnamente con i meravigliosi suoi musicisti un festival giovane e dinamico.

 

Solo due parole sull'organizzazione: il sindaco ha ribadito l'intento di offrire cultura a tutti e gratuitamente. Intenti nobili , idee veramente contro corrente e probabilmente utopistiche nell'Italia di oggi. La mia speranza di appassionato è che però si sia abbastanza previdenti da salvaguardare il progetto creato. Troppo spesso ho visto festival scomparire con il cambio dell'amministrazione. Sarebbe un vero peccato.

 

Foto: Eros Maggi

 
 
 
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