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Mondo Jazz

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GUIDO MAZZON

Post n°1455 pubblicato il 05 Marzo 2010 da pierrde
 

Nel libro manca qualsiasi riferimento ad Albert Ayler. Non l' ho voluto citare per pudore. La sua musica mi riempie di tanta commozione che non sono riuscito a dire sulla pagina. E' il mio idolo. Le poche volte che ho usato temi di altri musicisti per le mie improvvisazioni sono stati suoi temi. (Guido Mazzon)


Libro agile, denso di ricordi , che sto leggendo in questi giorni con gusto e partecipazione. A compendio del libro leggo una intervista di Mazzon a Marco Buttafuoco su Jazzitalia con molti frammenti interessanti. Ne cito qualcuno rimandando gli interessati ad una lettura integrale cliccando sul link a fondo pagina.

Lo studioso americano Ted Gioia dice che la musica di Coleman è in realtà una estensione estremizzata del be –bop. Dalla lettura del suo libro sembra che lei tenda a concordare con questo assunto e che per lei l'AEOC sia più importante di Ornette

C'è del vero. In realtà Free jazz, disco meraviglioso ed al quale devo molto è ancora dentro la tradizione bop Uno dei due quartetti suona in totale libertà, ma l'altro pulsa in quattro. E' un lavoro in qualche maniera ritmicamente strutturato. La musica dei chicagoani non lo era più. L'Art Ensemble portò una ventata di novità in termini di recupero della ritualità della musica, della teatralità. Era già fuori dal jazz in senso stretto. (....)

Lei sembra però un po' sottovalutare Coltrane come alfiere del free

Trane è stato un musicista geniale. Ma dischi come "Ascension" sono secondo me la conclusione estremizzata della sua ricerca modale, non l' inizio del free. E in quell' incisone, a mio avviso non c'è il miglior Coltrane. Questo lo dobbiamo cercare nel suo precedente modalismo. Non è corretto considerarlo un precursore del free. Dovremmo anche allora considerare tale Duke Ellington, o musicisti come Shorty Rogers e tanti altri californiani, nei quali si sente non solo il jazz, ma anche la musica europea del 900. L'ultimo Coltrane mi pare francamente, un musicista non trascendentale. 

Al suo apparire la "New Thing ebbe anche una valenza politica. Questa musica fu forse la colonna sonora di lotte sociali e razziali molto accese.

Questo fu vero negli Stati Uniti. Molti musicisti si schierarono in effetti con i movimenti neri più radicali come le Black Panthers. In Italia ci fu un fraintendimento colossale che sfociò nel parodistico. In un festival a Pescara, ricordo, non si voleva far suonare il dolce e fragile Chet Baker, perché ritenuto un fascista. Lo stesso accadde a Keith Jarrett. Il free fu accolto come una musica politicamente rivoluzionaria, ma pochi capirono la sua carica eversiva musicale. L' arte ha i suoi percorsi, non si regge su motivazioni ideologiche. Una improvvisazione libera può essere noiosa e squinternata, così come molto cool jazz ha espresso poesia musicale allo stato puro…

osa rimane, dopo quarant' anni, di quella stagione densa, tellurica

Ben poco. Rimaniamo noi, i giovani di allora, oggi invecchiati a cercare strade non battute. Ma la musica che suonavamo allora è, naturalmente, invecchiata. Oggi in giro vedo tanti giovani dotatissimi di tecnica musicale ma non interessati ad espressività nuove. Vedo un trombettista preparatissimo come Bosso sprecare il suo talento con progetti ai confini della musica leggera. Vedo il trionfo di Giovanni Allevi, della superficialità, dell'omologazione. Vedo il trionfo della concezione del jazz di Wynton Marsalis. Un grande strumentista che ha dedicato il suo talento alla ricostruzione di un archetipo jazzistico invece che alla creazione di una nuova musica. Il jazz non si può codificare. 

 

 

 
 
 
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