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Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

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martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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BLOG, OPINIONI E CRITICHE

Post n°1880 pubblicato il 29 Giugno 2011 da pierrde
 

Il blog è uno spazio modesto e limitato, frutto del lavoro non di una redazione ma di un singolo appassionato, ma, a differenza dei portali ricchi di notizie, recensioni ed interviste, offre una opportunità unica che gli altri non hanno: il confronto diretto tra musicisti, operatori e pubblico.

Più che alle risorse e all'abilità del blogger spetta al commentatore cogliere queste possibilità traducendole in dibattito e ai musicisti o ai direttori artistici intervenire dando spessore e qualità.

Non sempre succede, spesso i commenti sono poco più che battute, oppure quando qualcuno ci prova tutto cade rapidamente nel vuoto e nel silenzio. Ogni tanto si innescano polemiche che il più delle volte non spostano di un millimetro le posizioni iniziali dei duellanti.

Mi auguro non sia questo il caso nella discussione che vede al centro le scelte artistiche del Festival di Clusone. Le critiche di Riccardo possono essere condivisibili, oppure no, ma credo a questo punto che sia necessaria una risposta argomentata. Diversamente meglio il silenzio.

Testa avrebbe potuto tranquillamente ignorare la polemica, come appunto è prassi di festival anche più famosi.  Mai criticati dai portali dedicati al jazz e nemmeno dai magazine specialistici ma, anzi,  ricoperti di entusiastici e acritici apprezzamenti da tutti i media indistintamente.

Difficile infatti leggere valutazioni negative sulla stampa o in rete: come sempre, e come succede anche all'estero, solo leggendo tra le righe dei magazine oppure  parlando con appassionati e/o  addetti ai lavori o, infine, nei blog indipendenti si percepisce una diversa angolazione di vedute.

Per quello che può valere la mia opinione, personalmente  non sono d'accordo con Riccardo. Ho una differente valutazione rispetto alla valenza degli esponenti italiani ed europei del jazz, ed una considerazione differente del festival di Clusone.

Indubbiamente la rassegna bergamasca ha conosciuto stagioni migliori. Il distacco tra le proposte e l'ambiente culturale nel quale un festival nasce e si sviluppa non è una caratteristica esclusiva di Clusone. Qualsiasi piccolo-medio festival potrebbe riconoscersi nelle difficoltà, non solo economiche, di Livio Testa, da Uncool ad Ambria, giusto per citarne due a me vicini geograficamente e che frequento.

Kurt Elling o Bob Brookmaier al posto di Han Bennink o Gianluca Petrella non credo possano cambiare ne la considerazione ne l'affluenza di un pubblico provinciale abituato a Vasco (quando va bene....) o ai DJ. Questa carenza culturale è una tara non solo nazionale a giudicare dalle polemiche di queste settimane negli States per i programmi pop dei festival jazz.

Per fare i numeri si ricorre a Prince  e a Santana, perlomeno quei direttori artistici (...) che hanno il budget che glielo permette, ma il problema rimane immutato: si champagna con il pop e si ruba sempre più spazio al jazz, cosi' ostico e scomodo.

Quello che sta accadendo a Perugia è già avvenuto a Montreaux e sta moltiplicandosi nei grandi e medi festival in tutto il mondo, basta scorrere i programmi.

Quei direttori artistici che non cedono alle mode o più semplicemente rimangono coerenti con la propria idea di fondo possono ritrovarsi la piazza vuota. Allora è facile domandarsi e domandare loro dove si è sbagliato. Ma si è proprio sicuri di aver sbagliato ?

Mi è difficile credere che i 6000 spettatori che riempiranno l'Arena di Santa Giuliana per Prince valgano più di quel centinaio che la scorsa estate sono rimasti fino a tardi sotto i portici del Comune di Legnano mentre imperversava la bufera ad ascoltare il quartetto di Bearzatti suonare acustico per mancanza di elettricità.

Il successo delle rassegne cittadine non è un buon termine di paragone. Milano può facilmente riempire il Teatro manzoni anche a fronte di riflussi culturali e crisi economica. Il bacino di utenza è infinitamente più vasto ed il budget pure.

Con questo non ho certo la pretesa di aver convinto Riccardo. Credo che ci debba essere un giusto rispetto per qualsiasi opinione, ma proprio per confrontare le idee e non la capacità ironica di ognuno di noi mi piacerebbe che Livio esponesse pacatamente le sue posizioni.

 

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Fiorenzo e Cristina il 29/06/11 alle 22:11 via WEB
Caro Roberto, con tutto il rispetto possibile per le opinioni altrui, saprai che la pensiamo esattamente come Riccardo. Per noi il jazz è americano (afroamericano). Frequentavamo molto volentieri festival come Uncool di Poschiavo e Wilisau, ma ora non ci interessano più se restano così, perché quando andiamo a vedere un gruppo giapponese gradiremmo sentire espressioni di cultura del loro paese e non un’accozzaglia di generi occidentali senza senso né base culturale. Sarebbe come se in Tanzania ci fosse un gruppo specializzato in folklore calabrese. Avrebbe senso? Addirittura quest’anno non andremo neanche a Sant’Anna Arresi, non ci piace. E voglio dire che non c’è nessun problema, è interessante girare per festival, ma possiamo benissimo farne a meno. Una considerazione sul bacino di utenza. Non è così determinante per riempire un teatro: abbiamo visto Wadada Leo Smith con Günther Sommer a Padova ed eravamo in pochi. Come dici tu il problema della mancanza di pubblico è che la cultura non ha abbastanza sostegno per essere diffusa. Questo a partire dalle scuole, dai mezzi di informazione di massa. Non c’è la volontà di elevare il popolo e nemmeno la capacità di farlo. Il jazz o la musica classica, come la lettura di libri che non siano romanzetti da ombrellone, non sono mai state cose per le masse. Schönberg diceva “L’arte non è per tutti e se è per tutti non è arte”. Nel 2009 a Sant’Anna Arresi abbiamo assistito al concerto del trio Roscoe Mitchell, Richard Abrams e George Lewis. Una persona del pubblico ha gridato “Bastaaa, vogliamo musicaaa”. Un’altra dopo il concerto ha detto che stavano facendo esperimenti per loro stessi e che non va bene farli davanti ad una platea. Uno ancora diceva alla moglie frastornata: “Ma guarda che sono bravi, fanno anche dischi!”. Questo per dire qual è il livello culturale della massa. Quindi, come dici tu Roberto, solo invitando Santana si fa il pienone. Se a Clusone ci fossero stati solo musicisti americani il pubblico sarebbe stato forse diverso da quello che segue gli italiani, ma non piu’ numeroso. Ammiriamo anche alcuni improvvisatori europei (francesi, inglesi e tedeschi). In Italia non esiste neanche questo.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 30/06/11 alle 14:43 via WEB
Bè, però, per dimostrare che il pubblico è incolto musicalmente (a quale scopo poi sottolinearlo, a cosa serve? E' cambiato quacosa dai tempi di Orietta Berti e Claudio Villa? O ascoltare Enrico Rava che suona Parlami d'amore Mariù rende tutti immediatamente più colti musicalmente e jazzisticamente? Io non credo) non credo sia necessario ricorrere al trio Smith-Mitchell-Abrams, che oggettivamente sarebbe ostico anche pr molti jazzofili navigati. Bisognerebbe prendere atto della situazione e cercare di rimboccarsi le maniche facendo qualcosa di concreto in merito(sarebbe come a dire che io entro in una classe di studenti di fisica e la prima cosa che sottolineo è la loro ignoranza in materia. E' assurdo, cosa ci starei a fare io lì allora in qualità di docente?). Il problema lo si può affrontare con proposte a confronto meno paradossali. Sono fenomeni pseudocolti e contemporaneamente pseudocommerciali come Allevi confusi anche a livello di media con la musica più o meno improvvisata o più o meno colta ad essere più indicativi del problema e certo non li combatti con cartelloni in contrapposizione fatti solo di avanguardie più o meno americane o più o meno europee. Forse ci si può arrivare con una certa gradualità e francamente non capisco l'esigenza di fare certi "salti".D'altro canto bisognerebbe anche saper spiegare che ascoltare ed apprezzare Ray Charles o Frank Sinatra non è culturalmente e musicalmente meno rilevante di ascoltare Evan Parker o Roscoe Mitchell. Sono gli operatori culturali che devono saper fare certo lavoro di corretta divulgazione e informazione, invece da decenni si assiste a scelte pregiudizialmente settarie, di chi vuole a priori stabilire cosa è musicalmente valido e cosa non lo è (su che basi poi?) Free sì, Bop no. Taylor si, Jarrett no, solo per fare degli esempi. Perché? Perché Prince no e Roscoe Mitchell sì? Bisogna saperlo spiegare in qualche modo, senza idee preconcette. Cosa ha di meno musicale e di meno jazzistico Weather Report rispetto ad Anthony Braxton? Nessuno si prende la briga di spiegarlo e nell'ultimo caso io ad esempio avrei argomenti per dimostrare la tesi opposta. Non so se mi sono spiegato...
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 30/06/11 alle 15:39 via WEB
scusate, intendevo Lewis, Mitchell, Abams non Smith...
 
 
pierrde
pierrde il 02/07/11 alle 15:58 via WEB
Il mio pensiero l'ho abbondantemente espresso, per cui solo un rapido saluto a voi, chissà che non ci si veda prima o poi. Sulla Shibusa forse siete troppo rigidi: vi assicuro che al di là delle apparenze, è una band intrisa profondamente di "giapponesità", tanto che non la classificherei ne come band di rock ne di jazz. E' vero, è un ibrido, ma molto orientale per gusto e colore.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 30/06/11 alle 10:37 via WEB
Caro Pierrde. so benissimo che la pensiamo in modo diverso e apprezzo il rispetto che hai per l'alterità di pensiero, mi scuso con te se ho approfittato dello spazio messo a disposizione per sollevare un problema (non una polemica...) che mi sta a cuore da molto tempo, ossia la divulgazione del jazz nel ns paese che secondo me paga una situazione dovuta a una molteplicità di fattori, alcuni li hai esposti proprio tu adesso, altri li ho esposti io, ma ce ne sono altri ancora. E' un bell'intreccio che appunto richiederebbe un confronto serio che secondo me non si vuole minimamente fare. L'atteggiamento di Testa nella sua "non-risposta" è sintomatico (e per quel che mi riguarda pure prevedibile) dell'atteggiamento nell'ambiente italico jazzistico che riscontro da decenni, ossia quello di chi pensa che il modo migliore per affrontare le cose sia quello di evitare il confronto dialettico tra le parti, assumere atteggiamenti di supponente superiorità culturale (che poi nella maggior parte dei casi non esiste, personalmente ho conosciuto solo due/tre persone tra i tanti operatori del settore che mi abbiano insegnato davvero qualcosa di interessante in materia e guarda caso lo hanno fatto proprio non avendo paura di confrontarsi in rete con chicchessia. Non ho problemi a farne i nomi sono Gualberto, Luca Conti e occasionalmente Zenni quando aveva voglia e tempo di partecipare ai NG e forum. Tutti gli altri si sono sempre guardati bene dal farlo) creando nel contempo di fatto una sorta di cerchia autoreferenziale, di club degli eletti, che se la canta e se la suona. Pensare di parlare di divulgazione culturale-musicale in funzione jazzistica in questo modo è considerabile tra il risibile e il patetico, ma è quello che succede da decenni. C'è di fatto la pretesa implicita di calare dall'alto una cultura che in realtà molti di questa cerchia non conoscono poi così bene come vogliono far credere imponendo scelte culturali ed artistiche parziali, limitate, a volte settarie in cui spesso neila lettura di cartelloni i direttori artistici specchiano i loro gusti personali più che gli interessi del pubblico. E questo per essere ottimista e credere nella assoluta buonafede degli operatori, indiscutibile fino a prova contraria, poiché a volte scorrendo i nomi nei cartelloni potrei ricostruire il giro di amicizie tra direttori artistici e musicisti (a volte poi sono la stessa cosa, il che a mio avviso comoporta un chiaro ed inevitabile conflitto di interessi, ma questo ci porta ad un altro discorso che adesso non voglio affrontare). Sia chiaro, in questo senso non mi riferisco a Clusone Jazz, dove mi pare invece che le scelte siano coerenti con le idee programmatiche del suo dirtettore, anche se io come detto le contesto. Davvero il Jazz Europeo e la musica improvvisata europea è in cima ai pensieri degli appassionati del jazz di nuova e vecchi data? Sarebbe curioso andare ad indagare nelle discoteche di ciascuno e vedere quanto jazz europeo c'è rispetto a quello africano americano o americano tout court... Io penso che un cartellone debba tenere in grande considerazione più che i gusti degli organizzatori o le aspettative dei musicisti le esigenze del pubblico, inteso come pubblico del jazz, per cominciare, ma non solo, senza inorridire in modo scioccamente snob. In questo senso parlavo dell'individuazione del target che ovviamente deve tenere conto di diversi aspetti, altrimenti il direttore artistico che deve muoversi in un ambito così complicato come quello odierno (in questo senso Testa ha perfettamente ragione) può avere grossi problemi nel tempo che certo la crisi attuale aggrava, in quanto impone grosse capacità dello stesso al fine di garantire la sopravvivenza della sua manifestazione. Sono finiti i tempi dei festival organizzati con grande dispendio di risorse pubbliche, non siamo negli anni '70 o '80 e occorre un grande sforzo qualitativo ed organizzativo, soprattutto nel confrontarsi dialetticamente con le parti in gioco, cosa che in generale non vedo fare, mi spiace. Poi sta storia di descrivere sempre il pubblico del bacino d'utenza del jazz come musicalmente sprovveduto è un discorso di comodo. In realtà non è proprio così. Tu dici che proporre Brookmeyer o Elling con Mintzer non sposterebbe di una virgola il problema. Finchè non si prova però è difficile dirlo. Per esempio io ci verrei di sicuro e con me diversi amici melomani (di Milano) e musicisti che li apprezzano e magari a Clusone in questi anni non hanno minimamente pensato di venirci. Che tra la proposta di un Evan Parker, per dire, e Prince non vi sia una via di mezzo da proporre in termini culturali e di divulgazione musicale, fa ridere solo a pensarlo. Mi pare un discorso di comodo per non affrontare i problemi.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Luciano Linzi il 01/07/11 alle 13:55 via WEB
Beh,perlomeno sono argomenti interessanti su cui discutere. Qui a Roma invece assistiamo ad un Festival Casa del Jazz che con la nuova direzione artistica propone,tra gli altri, i Goblin,Nada,Le Orme (per la seconda volta in pochi mesi)...Con tutto il rispetto per la professionalita' di tutti,pero'...Che tristezza!Ma un luogo-simbolo in Italia e nel mondo doveva proprio finire cosi'?Scusate lo sfogo personale.
 
 
pierrde
pierrde il 02/07/11 alle 15:51 via WEB
Concordo. Avevo letto qualche settimana fa il programma. Ho preferito non commentare sul blog non avendo frequentazioni ne informazioni di prima mano. E anche per non sembrare il solito brontolone al quale non va bene (quasi) niente...
 
   
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Luciano Linzi il 02/07/11 alle 19:13 via WEB
E' quello che e' accaduto anche qui nella capitale.Al seguito della conferenza stampa,grandi articoli sui quotidiani e nessuno che abbia detto nulla tranne qualche lieve obiezione da parte di Molendini (Messaggero)e Roselli (Corriere della Sera)che segnalavano il fatto che la CDJ non potesse offrire solo concerti o auspicavano che il parco non si riempisse di ristorantini come a Celimontana.Ma nessuno che sollevasse la questione sul perche' un luogo del genere venisse snaturalizzato."Musica per tutti i gusti alla CDJ",questa la descrizione sommaria. E nel frattempo "Villa Celimontana" ha inaugurato un proprio programma il primo luglio...
 
trixty
trixty il 02/07/11 alle 09:47 via WEB
Inquesto momento sono contenta di aver visto questo blog segnalato sulla homepage di Libero tra i "blog rilevanti". Lo merita e anche di più. Buona giornata.
 
 
pierrde
pierrde il 02/07/11 alle 15:59 via WEB
Buona giornata anche a te, e grazie per l'apprezzamento....
 
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daniele il 03/07/11 alle 15:53 via WEB
E'n malessere generale : c'è un festivalino in Piemonte diretto da Bosso, i concerti sono quattro o cinque , uno con Gualazzi ed un altro con cantante pop di nome Tirincanti. C'è Uno Jazz a Sanremo : tre concerti con americani di secondo piano, che non faranno nemmeno pubblico.Vogliamo parlare di La Spezia Jazz e di Tuscia in Jazz ? Oppure di Odio l'estate a Roma ? L'elenco potrebbe essere lunghissimo. C'è un conformismo di bassa lega che spaventa....
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
livio testa il 04/07/11 alle 19:48 via WEB
Buongiorno, sono stato chiamato in causa più di una volta e per cortesia nei confronti di Pierrde non posso restare in silenzio. I giudizi espressi sul mio conto dal sig. Riccardo, che non conosco, li lascio giudicare a chi mi conosce o a chi conosce il Clusone Jazz, la sua storia. Noi proseguiamo per la nostra strada, non perchè ci sentiamo presuntosi ma solo perchè siamo consapevoli dei nostri limiti. Non possiamo avere la velleità di rappresentare tutto il jazz contemporaneo. Siamo un gruppo di amici, organizziamo questo festival da trent'anni, qualcuno si identifica e apprezza la nostra programmazione; altri non sono concordi ma è inevitabile ci siano divergenze d'opinione. Non condivido gli accostamenti agli Aperitivi al Manzoni o al Bergamo Jazz. Ogni rassegna ha la sua identità e fa i conti con le risorse a disposizione. A Clusone abbiamo vissuto stagioni migliori di queste ultime ma non poteva essere diversamente. Seppur tra infinite difficoltà cerchiamo di far quadrare il cerchio. Cerchiamo anche di essere coerenti con la tradizione del festival. Forse sbagliamo, forse potremmmo fare meglio. Non abbiamo responsabili marketing o esperti in comunicazione, come il Sig. Riccardo ci suggerisce, perchè l'apporto di chiunque al festival è gratuito. Ognuno di noi ci mette del proprio, senza alcun rimborso spese ed investendo anche denari propri. Forse è per questo che la direzione artistica del festival è in capo al sottoscritto. Sin quando troveremo le motivazioni per mantenere in vita questo festival lo faremo con l'impegno che l'organizzazione comporta. Verrà il giorno in cui, ammesso ci sia un ricambio che non intravvedo, abbasseremo la serranda. Di certo, vista la considerazione che le istituzioni riservano al festival, la voglia di mollare tutto a volte fa capolino. A prevalere sino ad ora è stata la presunzione che il giorno in cui non ci sarà più il Clusone Jazz Festival, questo mondo avrà perso una voce, piccola o grande che sia, a secondo dei punti di vista e delle aspettative che genera. Se vorrete misurarvi con il programma di questa edizione, tutte le info stanno sul sito www.clusonejazz.it. Grazie per l'ospitalità. Livio Testa
 
 
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riccardo il 05/07/11 alle 11:41 via WEB
Egr Sig Testa, prendo atto della sua risposta, in cui, mi pare, si voglia assumere un inspiegabile atteggiamento vittimistico abbastanza patetico, contro gli assalti di questo sconosciuto Sig. Riccardo, una specie di mostro bergamasco che vuole male a Clusone Jazz e che osa esprimere le proprie opinioni non allineate e critiche sul festival e il modo di organizzarlo. Lei, dice, risponde solo per cortesia al gestore del blog, cioè implicitamente io non meriterei nemmeno una risposta Mah...il che la dice lunga.... Mi lasci dire che, non sta parlando con qul barista jazzisticamente menefreghista, adiacente alla Piazza dell'Orologio che la fece indispettire a suo tempo, ma sono, innanzitutto, un cittadino bergamasco che paga le tasse e faccio parte del pubblico potenziale del jazz di Bergamo e provincia e ho tutto il diritto di esprimere le mie critiche o i miei giudizi e di avere da Lei il rispetto dovuto, lasciando perdere certi toni permalosamente vittimistici, perché non è proprio il caso. Se vuole fare un confronto dialettico, risponda nel merito, se no lasci perdere e faccia quel che meglio crede senza giustificarsi nel modo che mi è toccato leggere. Insommma, per sintetizzare il senso del suo scritto, Lei parrebbe sottintendere: tutti santi e brave persone da una parte, tutti mostri male intenzionati dall'altra...Guardi, per smentirla sono persino disponibile a darle gratuitamente il mio contributo se lo desidera (le posso dare nome e cognome e mi trova sull'elenco telefonico), così magari avrà l'opportunità di avere un'opinione diversa cui riferirsi, ammesso che lo diesideri, cosa di cui dubito. In ogni caso sono a disposizione. Guardi che poi ammettere di non avere un responsabile marketing e di comunicazione è abbastanza preoccupante oggi come oggi. Ma in che mondo vive? Si aggiorni per la miseria, ché il mondo è cambiato e lo dica anche ai suoi amici critic e non che conoscono Lei e Clusone Jazz meglio di me. Quel che leggo nel suo breve intervento e' la conferma che non c'è abitudine alla critica e alla dialettica, come mi era già noto del resto, problema peraltro ben descritto anche dal gestore di questo blog più sopra, certamente persona meglio intenzionata di me, a suo dire, che ci riferisce della assoulta assenza di rilievi critici negativi sulla stampa nazionale di settore, cosa che peraltro conoscevo da decenni, su qualsiasi manifestazione jazzistica italica e su qualsiasi jazzista italico. Perché non discutiamo di questo? O forse è meglio il silenzio... Mi domando poi con chi crede di interloquire quando fa certi discorsi. Sono 35 anni che seguo il jazz e conosco Clusone Jazz e il modo di proporre il jazz a Bergamo da altrettanti anni. Cosa significa dire che è impossibile avere velleità di rappresentare tutto il jazz contemporaneo? Una cosa del genere vale anche per tutte le altre manifestazioni, comprese quelle da Lei citate e di cui pare non desiderare il confronto. Compito di un direttore artistico e soprattutto quello di agire come operatore culturale, qualitativo, con intenti divulgativi, io penso e spero, verso il pubblico. Lei ha fatto da anni, almeno da un decennio direi(negli anni '80 e '90 le cose erano diverse, ho visto anche dei concerti veramente notevoli in quegli anni a Clusone) una precisa scelta, ossia quella di proporre nella sua manifestazione in modo quasi esclusivo il jazz europeo e nazionale. E' una scelta di cui ha il totale diritto, ma anche responsabilità, che si deve assumere, e avrà certo delle motivazioni, io penso, anche economiche ed organizzative, non solo artistiche. Mi sbaglio? Al di là di tutto, io critico e ho criticato questa cosa, sia nel merito che nel metodo, perché significa a mio avviso dare una rappresentazione gravemente parziale dello scenario jazzistico odierno. Un conto è fare un cartellone con risorse e scelte aritstiche con pretese necessariamente limitate, un altro è decidere a priori e pregiudizialmente di limitare la proposta con scelte così parziali imposte al pubblico dei fruitori, vecchi e nuovi e pretenderne poi implicitamente il consenso incondizionato. Come le ripeto, se la manifestazione ha e avrà ancora un grosso riscontro di pubblico e potrà quindi sopravvivere nel tempo come è stato sino ad ora (non si è mai sentito del negare la continuità a manifestazioni che hanno riscontri positivi nel tempo, anche in mezzo a difficoltà serie come quelle odierne, è contro anche solo a ragioni di mercato), vuol dire che ha oggettivamente ragione Lei, viceversa ne dovrà trarre le conseguenze e assumersene le responsabilità. Io le posso solo riferire che con le sue scelte nega a molti appassionati, non solo della zona la voglia e la possibilità di seguire la sua manifestazione, me compreso. Veda Lei se la cosa è di suo interesse, le statistiche di pubblico negli anni le avrà Lei, non so, a meno che a Lei importi solo il giudizio di quattro critici che la mettono in classifiche(?) prive di un reale significato, come sembra e ci si consoli di appartenere alla èlite dei musicalmente colti in mezzo a un mondo di persone che non comprendono, fatto di ignoranza musicale e con il quale non è proprio il caso di confrontarsi, né di sporcarsi le mani. Viene voglia di mollare tutto a vedersi fare certi rilievi da ingrati? Caspita ci vuole veramente poco... Mi stia bene.
 
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riccardo il 05/07/11 alle 16:47 via WEB
Per curiosità, quale sarebbe poi "la considerazione che hanno le istituzioni del festival"? Ce lo può spiegare? Da come scrive sembra che tutti l'abbiano con Lei e la sua manifestazione. Non crede che il problema possa essere posto anche alla rovescia, ossia, come mai in tanti anni non si è riusciti a costruire un dialogo collaborativo con le istituzioni. Eppure il festival c'è da decenni e il tempo c'è stato. Lo chiedo perché da come risponde qui non dà l'idea di saper coltivare molto bene i rapporti comunicativi e sembra che il mondo intorno a Lei sia cinico e baro, e Lei col suo sparuto gruppo di collaboratori si senta una specie di isola che propone "cultura musicale" in mezzo ai barbari e agli ignoranti che non sanno apprezzare i vostri sforzi. Magari è solo un'impressione sbagliata. Insomma, si spieghi, parli e forse si capirà che il suo non è solo vittimismo di facciata, come almeno a me pare. Poi che non sia facile oggi fare quel che fa è tutto un altro discorso e sono sicuro che le difficoltà serie esistano, ci mancherebbe.
 
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livio testa il 05/07/11 alle 18:23 via WEB
Buongiorno sig. Riccardo, non me ne voglia ma il suo modo di porsi e di sollevare questioni per certi versi anche interessanti da sviluppare non suscita in me alcun entusiasmo. Sono consapevole dei limiti e delle difficoltà che ho nel relazionarmi con l'esterno ma fatico a trovare le motivazioni per rapportarmi a lei ed al suo modo di giudicare senza conoscere le persone. Se non le dispiace io non ho nulla da aggiungere e tanto meno ho il desiderio di sviluppare con lei qualsiasi tipo di confronto. Se non le chiedo troppo la inviterei a criticare il festival in quanto appassionato di jazz e quindi esprimere opinioni sui contenuti artistici dello stesso. Non credo sia il solo che non apprezza la nostra programmazione. Altra cosa invece è l'intromissione nella persona, nel suo modo di operare e di porsi. Mi perdoni la presunzione ma fatico a ricevere lezioni da persona che non conosco e che ama qualificarsi con nome e cognome. Si cerchi altri soggetti meglio disposti del sottoscritto. Non me ne voglia, ma ho questioni molto più importanti da affrontare sul piano personale che quella di dar retta alle sue sollecitazioni. Buona serata. Livio Testa
 
 
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riccardo il 06/07/11 alle 10:31 via WEB
Accetto volentieri la sua richiesta, cioè quello di attenermi al merito delle questione e mi scuso se si è sentito attaccato personalmente, perché non era nelle intenzioni. Mi sono semplicemente basato su ciò che ho visto scritto sia a livello giornalistico sia nei suoi commenti. Nelle mie osservazioni ammetto di essere molto diretto, non amando girare intorno ai problemi, come si usa fare, ma le mie intenzioni sono in totale buonafede, non avendo alcun tipo di interesse in gioco. Le faccio comunque osservare che nei miei lunghi e forse un po' pedanti interventi ho parlato e abbondantemente proprio nel merito delle scelte artistiche e dei cartelloni che a mio avviso come detto sono criticabili sia nel merito che nel metodo e li ho relazionati, forse non del tutto propriamente, alle difficoltà del festival e in generale delle manifestazioni jazzistiche nel ns paese, di cui prendo atto dalle sue parole. Di fatto non ho avuto risposte, se non molto generiche, proprio nel merito. Personalmente constato di essere attorniato da manifestazioni tra Iseo Clusone e Bergamo Jazz che da anni propongono il Jazz Europeo e nazionale in modo quasi esclusivo, pur tra qualche eccezione. E' una scelta che a mio avviso non si giustifica in alcun modo e descrive troppo limitatamente la contemporaneità della scena jazz internazionale. Venderci che il Jazz sia "qui ed ora" è una colossale balla, mi scusi la franchezza, che ci viene imposta da tempo. Un tempo non era così e Lei lo sa meglio di me perché negli anni '80 e '90 ero un frequentatore abituale di Clusone e ho visto concerti memorabili di Steve Lacy, Geri Allen, Fred Hersch, Brad Mehldau e chi più ne ha più ne metta. Qualcuno dirà che gli americani costano troppo. Non mi risulta, non è sempre vero, perché la crisi ha toccato anche loro e i loro ingaggi sono competitivi. Nessuno chiede di far venire a Clusone Jarrett (che poi col trio ha anche abbastanza poco da aggiungere) o chi per lui. Quello che intendo è che un direttore artistico ha il dovere di dare uno squarcio di luce sulla scena contemporanea del jazz, qualche spunto innovativo pescando qua e là, in modo non pregiudiziale e settario, al di là delle liber scelte, basandosi non solo sulle proprie idee e sui propri gusti, ma ponendosi al servizio del fruitore e questo secondo me non avviene nella stragrande maggioranza dei casi. In realtà il problema è generale e non riguarda solo Clusone Jazz, ossia quello della divulgazione del jazz nel ns paese nel quale gli operatori generalmente cercano alla fine solo, com efa Lei, di discolparsi accusando pubblico, istituzioni e qualt'altro di incultura e non collaborazione. Io penso invece, da osservatore pluri decennale della cosa, ovviamente dal mio limitatissimo punto di vista, che vi siano serie responsabilità anche dell'ambiente che sta intorno a questa musica, che è a mio avviso un ambiente chiuso, vecchio, che pensa vecchio, settario, non comunicativo, che tende all'esclusione non all'inclusione, e che sa solo evadere alle proprie chiare responsabilità prendendosela con il mondo cinico e baro, in modo cioè autoassolutorio. Io credo sia un modo poco serio di affronatre il problema, anzi che in realtà non si voglia affatto affrontare il problema e i motivi penso di intuirli, scusi la presunzione. Di fatto l'informazione e la cultura jazzistica nel ns paese o non esiste, o è gravemente condizionata e direi volutamente indirizzata e ciò non ha aiutato e certo non aiuta la corretta diffusione di codesta musica. Dopo di che pretendere una crescita culturale del pubblico fa abbastanza sorridere in codeste condizioni. Per esempio, non si può proporre in continuazione Rava, Trovesi e Bollani a rotazione nei vari festival, o in alternativa certe vecchie glorie del Free all'infinito e pretendere di descrivere in codesto modo la contemporaneutà della scena musicale. Vogliamo allargare il bacino d'utenza del jazz o vogliamo tenerlo confinato a ristrette èlite come avviene di fatto? Se non si allarga il pubblico dei fruitori non si può pretendere che arrivino i finanziamenti delle istituzioni, specie in periodi come questo. Per quel che mi riguarda è dai tempi di Polillo, pur con tutti i suoi limiti, che non si assiste ad un serio tentativo di divulgazione in questo senso. Mi sbaglio? Lo domando a tutti, certo non lo chiedo a Testa che è impegnato e che ha chiaramente detto di non voler discutere oltre, ma come ha precisato, credo che la dicussione sia interessante e qualcuno la dovrebbe cogliere. Invece constato, solitamente non lo si fa... Bisognerebbe parlar chiaro e dire esplicitamente che ci sono anche diversi problemi irrisolti, oltre che l'incultura musicale del paese circa i problemi tra critica, musicisti ed organizzatori dei concerti, nei quali l'ultima voce l'hanno proprio pubblico e cittadini che dovrebbero godere dei servizi.
 
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