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SI PUO' PARLARE DI JAZZ ITALIANO ?

Post n°2158 pubblicato il 23 Febbraio 2012 da pierrde

Esiste una scena italiana del jazz? E, se sì, quali sarebbero i tratti della sua “riconoscibilità”? Attraverso le interviste inedite a trentatré protagonisti di una vicenda artistica e umana che si dipana dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri, il libro, "Una preghiera tra due bicchieri di gin. Il jazz italiano si racconta", guida il lettore nei territori italiani del jazz e dei suoi immediati dintorni.

E visto che il dibattito qui come in altri luoghi spesso verte su queste tematiche, ecco i pareri forse più significativi (anche se in maniera necessariamente succinta) che l'autore, Nicola Gaeta, raccoglie nel suo libro al quale naturalmente rimando gli interessati per approfondimenti.

C'è da dire che la domanda, posta a quasi tutti gli intervistati, ha avuto risposte che grosso modo si sono equivalse sia a favore che contro.

Di mio sottolineo l'intervento di Gualberto nel post dedicato all'intervista a Roberto Gatto come particolarmente significativo, largamente condivisibile nei contenuti e nei toni e invito i potenziali interessati all'argomento a non farsi scoraggiare dalla lunghezza dello scritto: indipendentemente da come la si pensi merita assolutamente la lettura.

Spezzo inoltre una lancia ancora a favore di Gatto: come lui sono stanco di sentire progetti improbabili dedicati a cantanti e cantautori che sarebbe meglio lasciare stare. Avanti di questo passo e tra un pò ci toccherà vedere una rielaborazione jazz dello Zecchino D'Oro..... 

 

L'Italia, dove il jazz è arrivato più tardi che nel resto dell'Europa, ha trovato la sua specificità nella melodia,nel porre l'accento sull'emozionalità,in un certo lirismo. In questo senso c'è un jazz italiano. Anche se va detto che il jazz è una musica codificata, per poterla praticare necessita di un background culturael specifico, è una musica che ormai ha una storia, quindi, anche avendo un profumo speciale, il jazz italiano si riferisce ovviamente sempre a questi codici e a questa storia. (Aldo Romano)

Andare a recuperare le canzoni di Battisti e De Andrè la considero una forzatura: quelli sono musicisti, cantanti, che debbono restare li', in quel ambito, non si può "jazzificare" tutto. Quando andiamo a suonare in America non parlano di Italian Jazz, suoniamo la stessa cosa che suonano loro o che suonerebbe un greco o uno svedese. poi noi nel nostro paese suoniamo una musica che ci siamo un pò ritagliati su misura, ci permettiamo di fare la canzone napoletana, ci permettiamo di fare l'aria d'opera, tutta una serie di cose  che il musicista che interpreta cerca con la sua sensibilità di rendere credibili. Qualcuno non è affatto credibile. La domanda che mi pongo è: si può fare tutto in jazz, tutto è lecito ? Secondo me, no. C'è bisogno di un filtro, di una sensibilità che non tutti hanno. (Roberto Gatto)

Il jazz italiano ha il suo punto debole nelle ritmiche, il jazz americano continua ad essere forte per i batteristi, c'è poco da fare, se non sei neroamericano hai dei problemi. Non è un problema di tecnica, alcuni musicisti italiani tecnicamente sono scafatissimi, è un problema di linguaggio, di cultura, di concezione. (...) Ci sono molti musicisti italiani che hanno acquisito la cultura per fare jazz, ma la capacità di essere originali è caratteristica di pochissimi di loro. (Sergio Veschi)

Il jazz è uno solo e il termine "jazz italiano" non significa niente. Dico subito che uno dei difetti del jazz italiano sta appunto nell'autoqualificarsi "jazz italiano". (Gianni Lenoci)

 

 

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 24/02/12 alle 12:30 via WEB
1 - Certo dire jazz italiano è solo dare una connotazione geografico culturale, ma se si dice jazz europeo si dice qualcosa che, pur con tutti i codici in comune, è qualcosa di diverso. 2 - trovo divertente quello che dice Gatto, che forse parla per esperienza, visto che ha fatto una lunga turnè con Paoli ed ha inciso i Pini di Roma di Respighi. 3 - quanto al ritmo, vorrei ricordare un italiano d'america (Jimmy Giuffrè) che aveva "inventato" il ritmo implicito e suonava senza batteria e basso, aiutato solo dalla chitarra di Jim Hall...
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 24/02/12 alle 17:35 via WEB
Italiano d'america è molto diverso da italiano tout court. Non mi sembra un parallelo così automatico. Giuffre è musicalmente un americano a tutto tondo che ha assorbito pienamente una certa cultura che certo non è propria della sua italianità e non è certo l'unico esempio di italo americano che si è fatto onore con il jazz. Da qui a supportare improbabili tesi tipo che gli italiani abbiano dato uno specifico contributo di italianità al jazz , magari proprio sul piano ritmico, mi pare come minimo una forzatura. Dopo di che rischiare di passare un messaggio mistificatorio del tipo di quello che accennavo su Nick La Rocca come inventore del jazz, non è passo poi così improbabile e improponibile e secondo me bisognerebbe riflettere meglio su certe conseguenze diciamo così di "errata comunicazione", anche se apparentemente su cose così pacchianamente grossolane ai ns occhi e domandarsi il perchè persone di media cultura generale come il mio collega arrivano a dire cose del genere sul jazz.Da qualche parte le avranno lette... Oppure domandarsi perché quando incontro qualcuno per Bergamo che sa della mia passione per il jazz mi parla quasi sempre solo di Trovesi, Rava e i più sofisticati di Bollani. Vuoi vedere che rispetto a loro non mi sono tenuto aggiornato e conosco una storia del jazz completamente errata? Armstron chi era costui? Forse quello che per primo ha messo piede sulla Luna o quello che ha vinto 6 Tour de France...
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 24/02/12 alle 17:47 via WEB
aggiungo, per amor di precisione, (magari in attesa di qualche ulteriore precisazione di Luca Conti che sono una sua specialità) che Giuffre è arrivato a dimostrare il ritmo implicito suonando anche solo accompagnato dal battito del piede, quindi persino senza l'accompagnamento di Jim Hall, nel suo famoso disco Atlantic: "The Jimmy Giuffre clarinet". La cosa mi ha fatto adesso venire in mente una divertente e significativa osservazione di un mio amico ingegnere, bravissimo professionista, ma scarsetto in ballo perché non riesce a tenere il tempo, mi ha chiesto di insegnarli a riconoscere il tempo e dopo avergli proposto l'ascolto di un brano jazz, mi ha chiesto: "Quale sarebbe lo strumento che dà il tempo?
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 24/02/12 alle 22:27 via WEB
In effetti io ho esordito parlando di specificità europea e non Italiana. e su questo non ci piove, penso. Il jazz europeo ha connotazioni differenti da quello americano. In questa ottica musicisti come Gaslini, Trovesi, Bollani, Schiaffini, per dire i primi che mi vengono in mente, hanno prodotto dell'ottimo jazz abbastanza affrancato dai tipici cliché americani. Detto questo non ho capito la non tanta velata polemica successiva. Giuffré era da me stato tirato in balllo non in quanto "italiano" (quello era un inciso) ma in risposta all'affermazione di Gatto sul ritmo che ingabbiava i batteristi europei.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Luca Conti il 25/02/12 alle 11:29 via WEB
Caro Riccardo, vorrei precisare di non aver niente da precisare:-)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 25/02/12 alle 13:59 via WEB
Forse ho sbagliato a interpretare il tuo scritto,loopodimare, cosa che capita via rete, ma in ogni caso non era una polemica personale nei tuoi confronti. L'osservazione era generale e più che altro riferita a quanto avevo già scritto in altro post e in altro thread. Tra l'altro Giuffre è tra i miei jazzisti preferiti in assoluto tra i bianchi. Un altro che mi ha fatto sempre impazzire, sempre a proposito di ritmo è il suo amico Bob Brookmeyer recentemente scomparso. Secondo me meriterebbe un monumento. Stravedo per il suo modo di improvvisare, per il suo swing stratosferico per il suo fraseggio, il suo modo di comporre e di arrangiare. Grandissimo jazzista, di una completezza rara e secondo me storicamente sempre poco elogiato rispetto ai meriti indubbi. Ciao a te e a Luca che saluto.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 25/02/12 alle 14:50 via WEB
Concordo anche su Brookmeyer (e non posso non ricordare il trio di Western Suite con Giuffré e Hall) e ribadisco che forse l'osessione di Gatto per i batteristi Usa (basata pure su qualche fondamento) è tipica di un batterista e potrebbe, in parte, farsela passare ascoltando proprio quel disco...
 
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