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Mondo Jazz

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TRIBE AL BIRDLAND

Post n°2161 pubblicato il 25 Febbraio 2012 da pierrde

Mentre io e i miei 150-200 lettori quotidiani siamo qui a interrogarci sul significato e sul valore del jazz italiano, la sua figura più rappresentativa, Enrico Rava, è in tournè negli Stati Uniti e nei giorni scorsi assecondato dal quintetto Tribe (Petrella, Guidi, Evangelista e Sferra) ha dato una serie di concerti al Birdland.

Ecco allora una recensione di Ben Ratliff tratta dal New York Times. Ratliff, scrittore, critico e anche blogger, ma sopratutto personaggio completamente estraneo alle vicende delle quali noi dibattiamo, è sicuramente una voce autorevole e influente.

The Italian trumpeter Enrico Rava has a soft, open, even sound, without vibrato, and he started his early set at Birdland on Thursday with a three-part suite of his own music. Enlarge This Image Richard Termine for The New York Times From left, Gianluca Petrella, Enrico Rava and Gabriele Evangelista of the Enrico Rava Quintet, at Birdland.

Breaking news about the arts, coverage of live events, critical reviews, multimedia and more. Go to Arts Beat » A sortable calendar of noteworthy cultural events in the New York region, selected by Times critics. Go to Event Listings » “Choctaw,” a fast-moving song rooted in a single chord with a lot of expressive, figurative improvising was sandwiched between “Planet Earth” and “Tears for Neda,” ballads with strong melodies and bubbling free rhythm from piano, bass and drums.

If you cued up those songs, from his album “Tribe,” released last year by ECM, you’d be hearing a lot of pathos. On Thursday, happily, the music was harder to define. It sounded a little nostalgic for the stretches of time that he lived and worked in New York, in the 1960s and ’70s. You heard echoes of the strong, strange melodies and agitated mobility of music by Ornette Coleman, Don Cherry, Paul Bley and Carla Bley. But you didn’t hear only that. Mr. Rava, 72, has been playing at Birdland once a year or so, and it’s good to see him in real time.

His sound is special, but he doesn’t make it feel precious, or guarded, or set off. He doesn’t put it on a cushion. He’s never stuck in one position, and he’s a member of his band, not just its regent. His quintet, with much younger players — the trombonist Gianluca Petrella, the pianist Giovanni Guidi, the bassist Gabriele Evangelista and the drummer Fabrizio Sferra — thoroughly changed some of the pieces as they moved along: tonality, rhythm, everything.

“Certi Angoli Secreti” began as a mischievous minor waltz evoking Nino Rota movie scores, but Mr. Guidi smuggled all sorts of other language into it: blues, minimalism, bebop, all running together on an even plane. The song might have contained some pretty clichés, but Mr. Guidi helped the group transcend them.

A version of Cherry’s “Art Deco” began with an unaccompanied duet, full of improvised counterpoint, between Mr. Rava and Mr. Petrella, the front line and core of the group. Their dispositions work beautifully together: Mr. Petrella with his quick reflexes and sudden bursts into pure sound and texture; Mr. Rava’s with his steady, stately playing. But they didn’t merely act as opposites, they often seemed to be trained on the same goal. Their playing was, now and then, the real thing: searching, impulsive, almost self-sacrificial.

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Commenti al Post:
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loopdimare il 26/02/12 alle 11:09 via WEB
Alla fine delle discussioni conta la musica ed i fatti. E le etichette funzionano ma non sono mai perfette. Ed un artista finchè è artista sta stretto in ogni etichetta...
 
paratattico
paratattico il 26/02/12 alle 11:14 via WEB
Ah ecco, e meno male...
 
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riccardo il 26/02/12 alle 13:56 via WEB
Laura Pausini vende molti dischi e ha un riscontro internazionale di critica e di pubblico. Anche questo è un fatto di cui occorre tener conto...o no?
 
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riccardo il 26/02/12 alle 14:02 via WEB
Elmo Hope o Herbie Nichols, solo ad esempio, non hanno avuto riscontri né di critica né di pubblico quando erano in vita. Anche questo è un fatto e sicuramente la loro musica contava, conta e conterà anche in futuro.
 
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loopdimare il 26/02/12 alle 18:25 via WEB
Rava non mi sembra la Pausini ed il riscontro è tutto all'interno del mondo jazz. Il fatto che ci siano musicisti che non hanno avuto fortuna può dispiacere ma non capisco cosa c'entri con il successo di altri. (forse mi sono perso qualcosa nelle puntate precedenti...)
 
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riccardo il 26/02/12 alle 18:53 via WEB
era un esempio paradosso per far capire che riportare riscontri critici positivi può avere un peso artisticamente relativo. Quanto a Hope e Nichols non si tratta di sfortunati si tratta di artisti incompresi da una critica storicamente spesso incapace di riconoscere l'arte jazzistica. Perché oggi dovrei aspettarmi qualcosa di diverso e prendere sul serio giudizi come quelli qui riportati?
 
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loopdimare il 26/02/12 alle 20:07 via WEB
No penso che la critica abbia sempre ragione (ma quale critica poi?) ma non penso nemmeno che siano una massa di rincoglioniti. Poi il tempo rimette le cose a posto. Il fallimento di molti artisti è spesse volte più umano...
 
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daniele il 27/02/12 alle 00:45 via WEB
Nè Elmo Hope, nè Herbie Nichols furono avversati dalla critica. Nichols era di carattere timido e schivo, Elmo Hope finì anche in carcere per problemi di droga. Entrambi morirono poco più che quarantenni. E in quegli anni c'erano in circolazione Monk e Powell, tanto per fare due nomi. Anche loro sopravvalutati dalla critica come l'odiato (da Riccardo) Rava ?
 
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riccardo il 27/02/12 alle 08:35 via WEB
Daniele fa solo della mistificazione di grana grossa e come sempre scioccamente faziosa. Si parlava di successo e di riscontri di critica e di pubblico non di avversione della critica, semmai di oblio che è cosa diversa. Nè Nichols né Hope hanno mai avuto successo critico e di pubblico, o perlomeno non certo ai livelli di quelli spropositati che ottiene oggi Rava e questo è un fatto oggettivo, ma loro sono stati artisti e jazzisti autentici. Interessante poi il paragone tra Rava e Monk e Powell, lasciando intendere che sarebbero di analogo valore. Semplicemente patetico più che poco serio. Qualcuno a cominciare da Daniele dovrebbe indicarmi quali sono i capolavori discografici di Rava minimamente paragonabili alle opere di Monk e Powell ma anche solo di Hope e Nichols. Che cosa? "The piligrim and the stars? Ah ah, si, discreto disco ma nulla più, significativo nella discografia di Rava, ma trascurabile in termini assoluti. Fu uno dei primi dischi che acquistai. Era il 1975 o 76, ora non ricordo, avevo 14 anni. Allora ancora non conoscevo il jazz, venivo dal rock ma lo considerai solo un disco di piacevole ascolto, ma non particolarmente interessante. Poi conobbi Davis, Monk e Powell, appunto. Ben altro livello...La discografia di Rava fa il solletico a certi nomi. Io non odio Rava, caro Daniele sopporto male chi ne esalta un trombettismo di livello tecnico ed estetico limitatissimo, musicalmente da tempo ormai ripetitivo sino alla noia e il brano qui sopra proposto ne è la riconferma. Che il progetto si chiami Tribe o vattelapesca, sempre e solo la solita solfa aritmica si sente da Rava. Bella la prima volta, piacevole la seconda, ma alla terza mi domando come diavolo fate a reggerla. Il brano qui proposto da Tribe è la solita lagna aritmica che Rava suona da decenni, soprattutto nei dischi ECM, falsamente ispirata e "poetica". E' jazz di plastica, di sostanziale falsa ispirazione fatto di trucchi per camuffarne i limiti evidenti.Certo ha un suo mercato oggi, questo è evidente. Musica a tempo sospeso, sempre fatta e solo di tempi lenti perché è notorio che Rava non sa suonare molto altro non tenendo il tempo in modo soddisfacente per una frase musicale anche a tempo medio improvvisata che duri più di un paio di battute. Non ve ne rendete conto? Non è un mio problema, continuate a farvi piacere quello che vi pare, ma non andate in giro a raccontare che questo sarebbe il jazz nella sua ultima frontiera innovativa. E' musica decadente, priva di vitalità fatta per una società decadente e profonfdamente confusa come la nostra ma il jazz e la sua storia sono un'altra cosa e certo non la farà Rava i suoi aprioristici patriotici estimatori. Di questo ne sono certo, anzi certissimo.
 
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loopdimare il 27/02/12 alle 11:20 via WEB
Caro Riccardo, se forse per un attimo smettessi con la tua crociata anti-Rava per fare un discorso più sereno? Lasciamo stare Hope e Nichols, visto che l'elenco dei sottovalutati/dimentica sarebbe una cosa lunghissima da fare ma anche inutile, e restiamo in tema. Fammi qualche nome di trombettisti europei prima ed americani poi che siano manifestamente migliori di Rava. Stanko? Bravissimo ma tendenzialmente palloso. Fresu? Bravo solo quando si distrae e si dimentica dell'ombra di Miles. Bosso? Boltro? Truffaz? Ed in America? Payton? Ambrose Akinmusire? Blanchard sicuramente, ma ormai fa più il compositore di musica da film. Marsalis sta diventando un ex-jazzista... Si certo c'è Tom Harrell, Roy Hargrove (un po' ondivago tra tradizione ed elettronica) che sono migliori di lui, ma non in maniera esagerata.
 
 
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Elfio Nicolosi il 27/02/12 alle 18:29 via WEB
Marsalis un ex-jazzista? Io invece credo che non sia mai stato attivo come in questo momento, producendo continuamente dei progetti molto interessanti. Il fatto che stia suonando pure come Clapton, Willie Nelson o adesso con Paul Simon non significa che non stia facendo altro. Paragonare Marsalis a Rava è ridicolo. Marsalis e la Lincoln Center Orchestra sono una delle più importanti istituzioni culturali (oltre che musicali) negli Stati Uniti. La sua influenza va ben oltre l'aspetto musicale, i suoi progetti educativi svolgono un ruolo importantissimo nella diffusione del jazz. Rava è esclusivamente un discreto musicista noto a malapena nella ristretta cerchia dei jazzofili italiani e tra questi ha pure giudizi contrastanti.
 
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riccardo il 27/02/12 alle 15:22 via WEB
sono serenissimo e la crociata se c'è non è anti Rava ma semmai anti estimatori aprioristici di Rava che si scandalizzano appena osi metterlo in discussione, come daniele. Nel mio post ho fatto delle domande concrete sul livello artistico comparato della produzione discografica di Rava. Mi piacerebbe avere delle risposte e dibattere su quello, anzichè tentare sempre di farmi passare per un talebano un po' esagitato che ce l'ha con Rava non si sa bene per quale motivo. Classificare i trombetisti tra europei e non europei francamente lo trovo fuorviante. Preferisco Stanko a Rava se è per questo ma non posso certo affermare che Stanko sia trombettista superiore a lui. Tecnicamente sono scarsetti entrambi, ma Stanko l'ho sempre trovato più sincero artisticamente anche se a dire il vero posso jazzisticamente fare a meno di entrambi. Perché Stanko è palloso e il Rava che si sente qui no? Perché Leosia è più palloso di qualsiasi ECM recente di Rava? Non capisco. Perchè devo dare addosso a Marsalis, come vedo fare da decenni anche da firme di prestigio, che è trombettista jazz di livello assoluto e difendere Rava che dovrebbe prendere lezioni da lui? Perché Marsalis è noioso e Rava no? Perchè è un conservatore tradizionalista? Può essere e Rava cos'è che suona sempre le stesse cose allo stesso modo da almeno un decennio? Perchè qualcuno ha stabilito che il jazz ormai si fa in Europa? Ma siete sicuri di sentire la musica con le orecchie o la leggete su giornali e riviste specializzate?
 
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loopdimare il 27/02/12 alle 18:32 via WEB
Marsalis è ormai indifendibile dopo gli album dediacti a Ray Charles, a Billie Holiday-Edith Piaf ed al blues (rispettivamente con Willie Nelson, Richard Galliano e Eric Clapton). sono album inutili (nel caso migliore) e pacchiani (nel peggiore). Non basta saper suonare bene...
 
 
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Elfio Nicolosi il 27/02/12 alle 19:24 via WEB
Marsalis è un artista a tutto tondo. Gli album possono piacere o non piacere (ammetto che la produzione discografica di Marsalis non sia stata sempre all'altezza), ma tra le produzioni recenti hai tralasciato la MERAVIGLIOSA "Vitoria Suite" che ti invito ad ascoltare se non l'hai ancora fatto. Se poi vogliamo proprio dire, ti potrei citare decine di album di Rava "inutili". Ma il vero Marsalis (come il vero jazz) lo si gusta esclusivamente dal vivo. Ho avuto la fortuna di ascoltare centinaia di concerti dal vivo e i suoi sono tra quelli che mi hanno entusiasmato di più. Non per niente i suoi album dal vivo sono nettamente i suoi migliori (il cofanetto Live at the Village Vanguard è secondo me assolutamente imperdibile).
 
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loopdimare il 27/02/12 alle 18:36 via WEB
Marsalis, caro Elfio, è secondo me una grande disgrazia, ormai...
 
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loopdimare il 27/02/12 alle 21:07 via WEB
a me Live at the Village Vanguard fa venire in mente altri nomi... non conosco la Vitoria Suite, e quindi non posso giudicare. il problema, a mio avviso, è che Winton non ha molte storie da raccontare, se non la Storia del jazz, come la vede lui, tutta orientata ad ammirare un grande passato. di per sè non è un atteggiamento criticabile in assoluto, visto che il jazz moderno è costretto sempre più a fare i conti col proprio passato trooppo in fretta cannibalizzato dalla ricerca frenetica della novità. il problema diventa quando questo ritorno al passato diventa pura accademia, o quasi: il rischio di trovarci tra pochi anni ad ascoltare assoli di Parker o Coltrane riproposti alla lettera, come di fronte ad uno spartito di musica classica, è reale e per me non è una prospettiva entusiasmante.
 
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daniele il 27/02/12 alle 21:44 via WEB
Intendevo dire, Riccardo , che Michols e Hope (amo molto entrambi , tra l'altro) hanno avuto poca esposizione mediatica a causa del loro carattere ed anche perchè nello stesso periodo erano attivi tanti altri pianisti, tra cui Powell e Monk.. Prendiamo Kenny Dorham ,ad esempio, stretto tra Miles, Gillespie, Lee Morgan, Clifford Brown ecc., non ha avuto il riconoscimento che avrebbe meritato, tanto che era costretto a fare il commesso da Manny's o come Elmo Hope sembra fosse diventato un mendicante che bazzicava la Bowery. Non intendevo poi assolutamente paragonare Powell e Monk a Rava.Non sono così sprovveduto per fare paragoni del genere. Comunque rispondo anche ad Elio (mi sembra si chiami così): Rava non è conosciuto solamente in Italia e l'attenzione che gli ha riservato il NYT mi sembra chiara in proposito.Purtroppo chi ha tentato di fare il musicista senza riuscirci prova solo invidia e rancore per chi ha successo. Ma questo è un altro discorso.
 
 
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Elfio Nicolosi il 28/02/12 alle 09:14 via WEB
Rispondo a Daniele. Una cosa è un articolo sul NYT, una altra è essere conosciuto dagli appassionati! Mi sento di garantirti che negli States, Rava non sia nessuno. Tra l'altro Rava non è nessuno neanche in Italia, tranne per noi quattro sfigati appassionati di jazz, che stiamo anche a "litigare" sul suo valore. Non so se ti rivolgevi a me, ma ti garantisco che non ho mai tentato di fare il musicista. Non so suonare neanche un piatto! Non credo di essere invidioso, ma solo che il jazz che intendo io è ben diverso da quello di Rava.
 
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loopdimare il 27/02/12 alle 22:05 via WEB
per alleggerire la discussione vi racconto quello che successe una volta a Martial Solal, in America per suonare con Cannonball Adderely. Arrivato al locale dove suonavano per la prima volta lesse un cartello che annunciava Cannonball e la guest star francese Martial Solal... quella sera l'attrazione era il pianista francese.
 
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rodolfo il 28/02/12 alle 00:04 via WEB
Rava fa musica molto relaxing. Non c'è niente di meglio quando vuoi passare una bella serata con gli amici a chiaccherare con la tromba di Rava in sottofondo. Certo che se vuoi musica che ti sconquassi il cervello devi allontanarti un po' dal caro Enrico. Rava è come un Tex Willer, lettura rilassante e divertente. Non è certo un romanzo di Elena Ferrante.
 
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riccardo il 28/02/12 alle 14:23 via WEB
tralascio di rispondere alla sterile provocazione sull'invidia del musicista di successo, precisando solo che se la cosa riguardasse me ricordo che sono e sempre sono stato dalla laurea, ing. elettrotecnico e attualmente mi alterno tra insegnamento e libera professione. La passione per la musica ascoltata e suonata l'ho sin da piccolo, visto che provengo da una famiglia in cui tutti hanno suonato almeno uno strumento, ma non ho mai avuto velleità che andassero oltre il divertimento e il dilettantismo o poco più. Per il resto concordo con Elfio Nicolosi che saluto, soprattuto sugli album dal vivo di Marsalis (sa essere anche lui freddo, più che noioso, ma se senti con che proprietà dell'idioma e fantasia improvvisa su Cherokee o riprende in modo originale ed insieme rispettoso il brano in duo tra Morton e Oliver alla cornetta nel cofanetto del Vanguard, o il drive improvvisativo di Green Chimneys nel più recente "Live at the House of Tribes" dissipi tutti i dubbi sulle sue capacità di jazzista ed improvvisatore e se non le dissipi vuol dire che la tromba e il jazz li hai sentiti al cinema o nella banda di paese prima che da Rava)) e aggiungo che trovo risibile il fare le pulci a alla produzione di Marsalis (che tra l'altro non è comunque tra i miei preferiti, ma per surclassare Rava sotto qualsiasi profilo ne basta 1/10 di Marsalis, compreso nella presunta poeticità, che io come già scritto contesto come sostanzialmente fasulla nell'ultimo Rava, non solo nella tecnica dove il confronto è semplicemente improponibile) quando la proposta di Rava è da anni di una limitatezza estetica e musicale oltre ogni limite di sopportabilità per quel che mi riguarda. Concordo poi con l'ultimo intervento di rodolofo, la funzione di musica come quella del Rava ECM anni 2000, compreso quello che si sente mentre scrivo, è idonea al sottofondo mentre si cena o per schiacciare un bel pisolino e poco altro e poco oltre. Concludo osservando che in effetti saper suonare non basta per far musica, ma è comunque assolutamente necessario.
 
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loopdimare il 28/02/12 alle 15:01 via WEB
Allora prendamo il toro per le corna. Riccardo tu non vuoi polemizzare con chi parla di invidia da musicista mancato, poi però dai dell'ignorante a chi non ama Marsalis. Io personalmente da bambino, grazie a mio fratello, ascoltavo Armstrong, Fitgerald e Mulligan; ho avuto la fortuna di ascoltare dal vivo tutti i più grandi musicisti da Davis a Basie, da Mulligan a Gillespie, da Jarrett a Burton, da WSQ a Braxton ecc.. Per cui non ho complessi nei confronti di nessuno e mi sento tranquillo quando dico che Marsalis sta diventando imbarazzante, jazzisticamente parlando. Lasciamo perdere le capacità tecniche (siamo ancora a discutere su questo? vogliamo sostenere che Peterson vale di più di Monk perchè suona più note?) La tecnica conta, per carità (anche Miles ha dimostrato che si può avere più cose da dire più di Dizzy, anche se si suona meno bene dal punto di vista strettamente tecnico) ma se la tecnica serve a coprire una certa mancanza di idee, allora non ci siamo. Dite che Marsalis dal vivo è grande, ok, ma i tre dischi da ma citati come brutti, sono 3 live! Quello con galliano, inciso in Francia può essere un po' estemporaneo, ma ha dei momenti di cattivo gusto (specie su la vie en rose) che solo un americano nei confronti di qualcosa di europeo può avere. Il cd con Clapton è sciatta, un lavoro ordinato di copia incolla in spirito New Orleans, con poco interesse nel fare quadrare la sonorità della chitarra elettrica con quella del gruppo dei fiati. Ad anche quello dedicato a Ray Charles, così incongruo nell'usare due voci cool come quelle di Nelson e Norah Jones, è debole. In tutti e tre ho l'impressione che manchino delle buone idee trainanti. Sulla sua bravuta come trombettista (ho anche un cd classico in cui se la cava bene) non si discute, è il spessore come jazzista che mi lascia perplesso. Del resto, per parlare di un altro garnde virtuoso dello strumento, quandi dischi brutti ci ha lasciato Hubbard? E quanti emozionanati ce ne ha lasciati Don Cherry con la sua trombetta sghemba?
 
 
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riccardo il 28/02/12 alle 15:25 via WEB
1)Abbi pazienza ma io non ti ho dato dell'ignorante. 2) Mettere in discussione le doti di jazzista di Marsalis (il cliché critico ultradecennale sule sue esclusive doti tecniche rivela solo un'ottusa e sorda superficialità di giudizio critico nei suoi confronti, associata ad assenza di selettiva critica) e tollerare l'incapascità manifesta dell'improvvisatore Rava su qualsiasi cosa che non sia a tempo lento o sospeso lo trovo più che ignorante, patetico e di cattivo gusto. Rava come trombetttista jazz, se ragioniamo in termini di storia della tromba jazz è un nano, Marsalis è un grande, anche se non ha prodotto pari ai suoi talenti. Dopo di che se ti interessa saperlo, ti ribadisco che Marsalis a volte risulta noioso e pomposo anche a me, ma discuterne le capacità di jazzista, improvvisatore e profondo conoscitore del jazz fa sorridere. 3) Me ne frego di quanti dischi brutti abbia fatto Hubbard, che poi non sono così tanti come si dice, si tratta sempre e comunque di uno dei più grandi trombettisti che la storia del jazz ricordi e che ha sfornata decine e decine di brani e di soli memorabili nell'eternità. Delle note sfiatate dell'Enrico nazionale ce ne dimenticheremo assai presto passato le esigenze di marketing della sua casa discografica. Dopodiche ognuno può farsi poiacere quel che gli pare, ci mancherebbe altro, ma lasciamo perdere paragoni improponibili.
 
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loopdimare il 28/02/12 alle 15:05 via WEB
(anche SE Miles ha dimostrato che si può avere più cose da dire più di Dizzy, anche se si suona meno bene dal punto di vista strettamente tecnico) --senza il se la frase non aveva senso...
 
 
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riccardo il 28/02/12 alle 15:31 via WEB
Guarda, se devo andare a prendere i dischi più imbarazzanti che brutti di Rava (ho solo che l'imbarazzo della scelta) e mettermi a fargli le pulci come tiu stai facendo con l'ultima produzione di Marsalis credo che finirei lo spazio di commento. Non mi sembra un buon modo di dare valutazioni critiche. Per esempio "Rava plays Rava" della Philology in duo con Bollani è molto meglio di tutta la sua produzione ECM successiva. Cerchiamo per favore di riconoscere a Rava un ruolo negli anni' 70 e nel jazz italiano. Non debordiamo oltre con confronti improponibili...
 
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loopdimare il 28/02/12 alle 15:36 via WEB
Non mi hai dato dell'ignorante? Vero, mi hai dato solamente dell'ottuso, sordo, superficiale, patetico e di cattivo gusto... E qui uno dovrebbe chiudere, saluti e baci. Io non voglio difendere Rava che tra l'altro nel suo ultimo disco mi è sembrato stanco (alla sua età), ma la tua perentorietà (aldilà del fatto che si esprime in termini offensivi) è incomprensibile. l'argomento è anche interessante, ma i toni non mi piacciono. saluti.
 
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riccardo il 28/02/12 alle 15:54 via WEB
Perentorietà? Si forse hai ragione e me ne scuso, ma sono abituato a dire quel che penso e non mi offendo se tu fai o farai altrettanto. Ribadisco che le analisi sul Marsalis jazzista che ho letto in questi anni, non le tue, sono ottuse, superficiali e pregiudiziali più eventualmente delle mie su Rava. Ti va bene l'autocritica? Secondo te io dovrei farmi deiproblemi ad usare i termini con Rava e posso stroncare tranquillamente Marsalis come ho visto fare in questi decenni? Mi dispiace ma non ci sto. Due pesi e due misure. La perentorietà trovo sia analoga a quella che ho dovuto leggere per anni su grandi jazzisti (Miles elettrico compreso, per non parlare di Jarrett...) sulle riviste e che tu hai tu nelle tue affermazioni. Miles ha detto di più di Dizzy nel trombettismo jazz? Sei sicuro di avere ascoltato bene la discografia di Gillespie? Gillespie sul piano ritmico è uno dei trombettisti più folgoranti che la storia del jazz ricordi. A forza di sentire Rava avete dimenticato cosa significa mettere ritmo in una frase melodica, che è uno dei capisaldi del jazz di ogni tempo. Gillespie non è un grande è un GIGSANTE, ormai dimenticato da chi non riesce più ad ascoltare due note di bebop.E' diventato troppo difficile oltre che fuori moda. Più consolatoria sentire la musica "rillassante" di Rava... e non te la prendere, sono fatto così...chiedi a Conti o a Gualberto. Loro lo sanno che testa di quiz sono...
 
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Elfio Nicolosi il 28/02/12 alle 16:50 via WEB
Caro loopdimare, un ultima cosa e poi la chiudo qui (anche perchè se sento un'altra volta questo pezzo di Rava mi sparo!). Dissento completamente dalle perplessità sullo spessore del jazzista Marsalis. A prescindere dal fatto che il musicista possa piacere o no, credo che nessun jazzista nella storia abbia fatto e faccia tanto quanto Marsalis per la diffusione e la divulgazione del jazz. Ti invito a visitare il sito Jalc.org per conoscere i progetti educativi predisposti dalla sua organizzazione, per ragazzi, famiglie ecc... Per me quest'aspetto è fondamentale nel giudicare un artista, almeno quanto la sua bravura tecnica e i suoi progetti musicali. Se magari avessimo anche noi in Italia una personalità come Marsalis, che vada nelle scuole a spiegare il jazz, forse la nostra musica non sarebbe relegata al ghetto nel quale purtroppo si ritrova. Infine ti invito a vedere questo video di Marsalis che in tourneè in Sudafrica, visita una scuola di Soweto. http://vimeo.com/28625545 Secondo me vale più di mille parole!
 
 
pierrde
pierrde il 28/02/12 alle 17:48 via WEB
Caro Elfio, non vorrei gesti inconsulti sulla coscienza....tolgo subito l'avvio automatico del brano ! Ciao ;-)
 
   
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Elfio Nicolosi il 28/02/12 alle 18:30 via WEB
Grazie mille!
 
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Gianni M. Gualberto il 28/02/12 alle 20:08 via WEB
Non so se è stata la vis polemica a far scaturire giudizi piuttosto acuminati e, più che ingenerosi, un po' troppo aciduli... Insomma, certi paralleli, è fin troppo facile affermarlo, non hanno motivo di essere: né quello fra Rava e Marsalis o quello fra Don Cherry e Freddie Hubbard (ambedue straordinari musicisti da versanti diversi... e non è che Cherry non abbia lasciato dietro di sé qualche momento non meno imbarazzante di alcuni di cui Hubbard s'è reso responsabile) o, peggio, quello fra Dizzy Gillespie e Miles Davis (del primo temo oggi si conosca e ricordi troppo poco: un genio, senza nulla togliere a Davis o ad altri). Non sono un amante incondizionato dell'opera, ormai piuttosto abbondante, di Enrico Rava. Anzi. Riconosco a Rava una grande intelligenza (non priva, ormai, di una certa supponenza vagamente snob che è, oooooh, così, trés chic...) e, certamente, del buon gusto e, soprattutto, un notevole talento compositivo (vero, oggi certe pagine sembrano assomigliare ad altre precedenti, ma questo è tratto comune all'artista che ha raggiunto una sua classicità). Più ancora del suo fraseggiare talvolta incerto, della sua tecnica fallosa (non è certo mai stata un suo punto di forza), della sua voce strumentale affievolita, credo che il grande merito di Rava sia avere una sua indiscutibile personalità (cosa meno comune nelle nostre plaghe musicali di quanto si tenda a credere), una cifra, che piaccia o meno, inconfondibile, in cui non trascurabile ruolo gioca una vena compositiva di rara "italianità", che sa ritrarre alcuni squarci di mediterraneità senza scadere nell'oleografia, che sa rievocare un ineffabile melodismo senza scadere nell'heart-in-sleeve o nella cantabilità provinciale e scontatamente retorica. Innanzitutto, perché Rava rimane l'unico musicista e autore italiano, nel jazz, ad avere un tratto culturale indiscutibilmente cosmopolita e che viene da lontano. Non si può disconoscere a Rava, m'è capitato di scriverlo altre volte, il merito di essersi misurato, senza un grande bagaglio tecnico, con gli artisti africano-americani e americani quando il solo pensarlo sarebbe sembrata una follia. Il fatto è che, ancora oggi, pur con tutti i difetti che mi sento di attribuirgli come musicista, Rava giganteggia, nel panorama musicale nazionale, in termini di personalità, perché, pur con modelli mai raggiunti quali Davis, Cherry e Booker Little, ha saputo costruirsi un'identità peculiare. Non sto parlando di un bagaglio tecnico che è non eccezionale, né di un senso ritmico piuttosto blando ed errabondo, né di una voce strumentale piuttosto mal ridotta: ché Rava, da uomo indubbiamente intelligente qual è, ha saputo costruirsi un'identità stilistica giocando sui propri difetti. V'è comunque una certa ampiezza nell'orizzonte di Rava (penso a Katcharpari, a Quotation Marks, a The Pilgrim and the Stars), per quanto egli ormai, come molti "classici", tenda a rifare un po', con costanza degna di miglior causa, il verso a se stesso. Il problema è che, checché se ne pensi, egli non oscura alcun talento più degno del suo: egli rimane l'artista italiano più rappresentativo e originale, anche rispetto al nostro odierno "prodotto d'esportazione", quello Stefano Bollani sempre più gigione, che fa della propria indiscutibile tecnica l'uso che un clown fa delle scarpe smisuratamente grandi o del naso rosso à la Patch Adams (peccato che Patch Adams fosse di gran lunga più utile e affascinante). Paralleli con Tomasz Stanko o, peggio, con Marsalis (?!) non possono che lasciare il tempo che trovano... Quanto a Marsalis, non è certo immune da critiche e certe sue operazioni (da Willie Nelson ad Eric Clapton) sono, probabilmente, dettate da calcolo commerciale (un argomento al quale il trombettista non s'è mai mostrato del tutto insensibile) e, comunque, non danno l'esatta misura del talento di questo musicista, sia sotto il profilo tecnico che sotto il profilo della divulgazione culturale. E, comunque, non si può giudicare Marsalis senza considerare il suo approccio da nazionalista africano-americano: la sua opera va letta in tale luce, altrimenti rischia di soffrire di un certo epigonismo altrimenti inspiegabile. Per il resto, trovo francamente seccante il sopravvivere di certi luoghi comuni sull'americano ignorante incapace di capire la grandezza, magari, di Edith Piaf o di altre icone di uno snobismo un po' fuori luogo e teso a rimuginare su chissà quali glorie appassite. Pregiudizi, direi, e che, in quanto tali, tolgono credibilità a molti ragionamenti. D'altronde, ognuno, giustamente, ha le sue fisime, no? Io, ad esempio, ho trovato terribilmente indigesto il vero e proprio cattivo gusto, pieno di vezzi e moine ed esibizionismi autoreferenziali che Bollani e un ritmicamente floscio Riccardo Chailly hanno dispensato a piene mani sull'incolpevole George Gershwin... Un approccio che, per l'appunto, non sa cos'è l'idiomaticità e che può andare bene per certa divulgazione plastificata da trasmissione telivisiva in tarda serata ma che dimostra, ancora una volta, che le doti tecniche non bastano, e neanche la verve a metà fra Jimmy Durante e Ugo Tognazzi (che dall'aldilà spero mi vorrà perdonare l'accostamento)... Ecco, Rava non ha le doti tecniche supreme e forse si prende sufficientemente sul serio per non piegarsi alla clownerie, ma dalla sua ha e sempre avrà quel cosmopolitismo, quell'approccio, diciamo così, da "uomo di mondo" che gli ha permesso di schivare molte trappole. Per il resto, invece, mi pare inutile andare a scomodare da Clifford Brown a Lee Morgan, da Miles Davis a chissà chi... Il problema mi pare ben più circoscritto.
 
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loopdimare il 28/02/12 alle 21:27 via WEB
Ringrazio Gualberto per le garbate bastonate. Visto che mi piacrebbe riceverle solo per quello che ho scritto, preciso: 1 - non mi sono mai sognato di fare un paragone Rava - Marsalis. Ho buttato lì le provocazioni Peterson-Monk, Davis-Gillespie e Cherry-Hubbard, solo perchè mi sembrava di leggere un'ossessione verso il virtuosismo che, specialmente oggi che il jazz tende ad accademizzarsi, mi sembrava esagerato. 2 - Personalmente ritengo che il successo internazionale di Rava sia arrivato un po' tardi (grazie all'ECM), quando è certamente in fase calante ed anche stanco. Io continuo a preferirlo quando era un reduce del free, un po' ruspante e si aggirava per i brani alla ricerca di uno stile suo, sparando squilli un po' a casaccio. Diciamo il periodo di Quotation Marks, Il Giro del giorno in 80 mondi, il quartetto con Urbani, Hill, Astarita ecc. Perplesso sui dischi operistici, penso che dopo Certi angoli segreti sia avvertibile un forte calo di tensione. E comunque la tecnica non è mai stato il suo forte ed il suo attuale contesto, molto classico ed legante, contrasta con la sua verà essenza, un po' naif. 3 - Trovo la versione de La vie en rose fatta in coppia con Richard Galliano kitch e abbastanza detestabile. Sarò uno snob prevenuto ma confermo questa opinione, anche se immagino che un incontro informale di quel tipo non è l'occasione migliore per fare valutazioni. Mentre non ho sostanziali obiezioni sul Marsalis virtuoso (jazz e classico), ho forti dubbi sul Marsalis operatore culturale per il forte spirito revivalista che lo contraddistigue. Ha fatto dei bellissimi dischi rileggendo la storia del jazz ed è un ottimo arrangiatore, ma il risultato finale della sua opera sembra essere quello di spingere il jazz a imbalsamarsi per diventare una nuova musica classica, con grandi solisti che suonaeranno gli assoli di Parker e Coltrane, nota per nota. 4 - Trovo Bollani divertentissimo quando imita i cantautori...
 
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Gianni M. Gualberto il 28/02/12 alle 22:00 via WEB
Io son uomo di pace e duelli non fo se non a mensa, come diceva Don Alfonso, per cui non somministro bastonate a nessuno. A proposito di Rava, mi ero dimenticato le incisioni realizzate per la Horo (e sì che io me le sarei dovute ricordare meglio di altri...): il quartetto con Massimo Urbani, Calvin Hill e Nestor Astarita, ma anche l'incisione a nome di Stafford James, con Dave Burrell e Beaver Harris. Concordo con il tuo giudizio, in generale. Quanto a Marsalis, non lo definirei un revivalista, anzi. E', ribadisco, un nazionalista africano-americano e non mi stupisce perciò che ricordi (e fa benissimo a ricordarli) alcuni fra i periodi più epici e creativi per la musica improvvisata africano-americana. Quello non è revival, è memoria, senso della propria cultura, autocoscienza e autostima. Sarebbe come dire che gli ebrei che recuperano il klezmer sono dei revivalisti... Le esperienze diasporiche hanno, invece, bisogno di chi ricordi, riassuma, tiri le fila e tragga delle conclusioni, in modo che sofferenza, dolore, sradicamento, violenza subita, genocidio abbiano un senso e non diventino solo drammatiche frazioni di un passato destinato ad essere dimenticato.
 
 
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loopdimare il 28/02/12 alle 22:07 via WEB
bello il duello culinario, ma come fruitore, non come cuoco, visto che mi è vietato cucinare a casa mia... OK la riproposizione del glorioso passato, però se questa operazione, che è anche di identità socio-culturale, viene letta dagli appassionati come l'unica strada percorribile dal jazz tout court (vedi interventi sull'ultimo post), allora il risultato è un po' regressivo. o no?
 
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Gianni M. Gualberto il 28/02/12 alle 23:27 via WEB
Quello è un altro problema. Io credo che esistano molte altre musiche oltre al jazz, anche se non poche di esse proprio dal jazz hanno tratto linfa. Altresì penso che si possa coniugare la musica improvvisata in molte forme. Quella di Marsalis è una fra le tante, legittime possibilità.
 
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