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FETTE DI SALAME

Post n°2182 pubblicato il 12 Marzo 2012 da pierrde

"Under the guise of “citizen journalism”—a term that covers a multitude of sins—anyone with an MP3 player and an opinion can now get equal footing with professional music journalists." (James Hale)

 

Esce domani il nuovo album di Esperanza Spalding,Radio Music Society, che potete ascoltare integralmente sul sito della radio americana NPR: http://www.npr.org/2012/03/11/147979893/first-listen-esperanza-spalding-radio-music-society?ps=mh_fl

Per onor di cronaca, e per avvalorare la tesi di James Hale, giornalista e critico del Down Beat, dico subito e chiaramente che si tratta di un album pop, patinato e pregevole nei testi e nella costruzione quanto facilmente e immediatamente dimenticabile nella sostanza.

Insomma un prodotto dell'industria e non dell'arte. Ma questo è il mio parere, quello di un "citizien journalist" sempre per parafrasare Hale. Il quale nel suo blog, Jazz Chronicles, riporta l'intervento scritto per l'annuale conferenza della Association of Writers and Writing Programs, in cui appunto detta le giuste regole per scrivere di musica.

Una specie di decalogo stile dieci comandamenti, i più ampiamente condivisibili, da seguire prima di mettere le mani sulla tastiera. Hale pare prendersela con colleghi dalla vocazione dubbia o estemporanea, con un magazine americano (Spin) che ha sostituito le recensioni musicali con giudizi ripresi da Twitter e, presumibilmente, con il proilferare di bloggers che (s)parlano di musica (ehm...).

Difficile non essere d'accordo con lui, ma forse Hale non vede quella che a mio parere è la vera discriminante tra giornalisti e dilettanti: il profitto.

Il blogger scrive per passione, spesso con insufficiente cognizione, con sintassi e lessico improbabili, con fuoco invece che con equilibrio. Ma lo fa disinteressatamente, e se non ha costanza e capacità di presa finisce inevitabilmente per mollare dopo poco.

Il critico musicale non è sempre un professionista inappuntabile: qualche volta antepone l'interesse privato. Quante recensioni taroccate, album e musicisti osannati in maniera sospetta, festival dal programma  demenziale portati in palmo di mano (è difficile sputare nel piatto dove si mangia....), insomma un vero campionario di nefandezze che mi farebbe venire il desiderio di scrivere dei contro-comandamenti da sottoporre a Hale.

Giusto per far capire che l'appassionato anche se è solo un dilettante non sempre ha le fette di salame sugli occhi....

 

http://jazzchronicles.blogspot.com/2012/03/professing-professionalism.html

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 13/03/12 alle 10:56 via WEB
ovviamente le osservazioni di buon senso sono tante. però io starei dalla parte dei critici di professione, che avranno anche i loro interessi e compromessi, ma che hanno anche una faccia da salvare. in fondo, il loro lavoro dipende anche dalla credibilità che riescono a consolidare nel tempo. ovviamente di giornalisti prezzolati ce ne sono parecchi ma direi che si trovano più nel mondo del pop-rock che nel jazz. ovviamente questo non impedisce di non essere d'accordo a volte con certi critici, senza per questo pensare al peggio. nei blog si leggono spesso tante cose interessanti, ma quasi sempre gli scritti trapelano un eccesso di entusiasmo che, pur bello perchè vitale, spesso è ingiustificato rispetto al soggetto trattato. e sono proprio i blogger (e i press agent) a fare diventare la bella Esperanza la nuova Billie Holiday, seguiti subito a ruota dai giornalisti "generici" e così via. allo stesso modo in cui avevano trasfomato Amy Winehouse nella regina del soul...
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 15/03/12 alle 09:54 via WEB
naturalmente non concordo se non molto parzialmente anche qui con loopodimare. In un epoca in cui il marketing e le necessità economiche legate alla sopravvivenza di lavoro e professioni sono diventate una priorità assoluta in tutti i settori per tutti, mi pare come minimo un po' ingenuo parlare di credibilità e affidabilità a priori della critica di professione in toto. Diciamo che la credibilità ognuno se la costruisce per conto suo, ma è comunque soggettiva e legata al rapporto di affidabilità che si può creare tra lettore e recensore o critico. In ogni caso pensare o far pensare che l'ambiente intorno al Jazz sia una specie di Alice nel paese delle meraviglie e che oggi la critica abbia un ruolo super partes da certe influenze e da certi conflitti di interessi mi pare, in generale, eccessivamente ottimistico e probabilmente poco realistico, il che ceto non impedisce che vi siano comunque persone preparate ed in buonafede, naturalmente. Sull'eccesso di passione ed entusiasmo si può discutere, certo, ma in generale la preferisco a certo non raramente riscontrabile falso approccio asettico ed equilibrato di chi scrive alla fine comunicando poco o nulla al lettore.
 
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