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Mondo Jazz

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« BOLLANI VERSUS GERSHWINORRORI DA GUSTARE »

RICEVO E VOLENTIERI PUBBLICO....

Post n°2237 pubblicato il 26 Aprile 2012 da pierrde

In questi ultimi tempi, su questo ed altri blog, ho letto diversi post che parlavano di – a mio medesto avviso – argomenti molto poco coinvolgenti.

Si è discusso a lungo sul fatto che i blogger fossero o meno gli ultimi paladini della libertà di stampa; se si debba o meno parlare male di un CD o di un concerto; se il programma e il bugget di questo o quel festival sia all’altezza del nome, e così via…

Personalmente mi sono avvicinato a questo blog perché mi interessavano le notizie che dava sulla musica, pubblicata o suonata, e perché trovavo interessante quello che veniva detto su questo o quel concerto. Non mi appassionano minimamente, invece, gli argomenti che ho citato in apertura. Per questa ragione, vorrei riportare il focus sulla Musica.

Lo faccio con un argomento che può sembrare una provocazione, ma che serve più che altro a stimolare una discussione per capire quale sia il punto di vista degli appassionati del genere musicale che si tratta su queste pagine.

Negli ultimi tempi nel mio lettore CD la fa da padrone un disco di Paolo Fresu e Omar Sosa (Alma) che a me piace molto. Trovo questo disco molto piacevole all’ascolto e lo considero – fino al momento – la migliore uscita del 2012.

Faccio questa premessa per far capire che quello che segue non vuole essere una stroncatura, ma – come ho detto – solo una provocazione per stimolare la discussione. Quello che mi chiedo e che vi chiedo è “Ma questo è un CD di jazz?” La domanda potrebbe – e forse lo è – sembrare stupida. La risposta più immediata sarebbe “Dipende cosa intendi tu per jazz…”

Bene, ve lo dico… Per me, come credo per molti altri, quello che accomuna le molte venature del jazz e che fa sì che si identifichino generi molto lontani come “Musica jazz” è l’estemporaneità del momento. In pratica, io ritengo che il jazz sia l’invenzione del momento e di conseguenza, i dischi di jazz siano la fotografia di un attimo.

Ascoltando il CD di cui parliamo, non sarà sfuggito a nessuno che in certi brani ci sono contemporanemanete una tromba, una tromba con sordina e un flicorno… Fresu è sicuramente un fenomeno, ma ho il sospetto che siano state fatte delle sovraincisioni

E allora mi chiedo, ma questo è jazz? A voi la parola… Milton

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 26/04/12 alle 18:27 via WEB
Io invece ritengo abbastanza fuorviante, poco utile e avolte pèersin mistificatorio, manifestare la necessità continua, che riscontro sempre più spesso, di classificare come jazz ciò che si ascolta per assegnargli una specie di etichetta di buona musica o musica d'arte. Quel che ascolto qui di sottofondo è indubbiamente piacevole e può avere una valenza musicale indipendentemente dalle classificazioni. E' Jazz "Innervisions" di Stevie Wonder, o e Pop o R&B o Soul? Non lo so e non mi interessa ma per me è gran musica, un disco capolavoro e non è lontana dal jazz più di quel che fa qui Fresu, anzi... Riguardo all'estemporaneità e al jazz come "invenzione del momento" francamente mi sembra molto riduttivo e anche abbastanza impreciso. Esiste del grandissimo jazz scritto, anche totalmente pensato e scritto (basta pensare a Mingus o a Ellington, tanto per citare casi eclatanti) che mostrano di essere "Jazz che più Jazz non si può". Dipende quindi, soprattutto dall'ambito espressivo e formale scelto dal musicista da cui a mio avviso non si può prescindere per impostare certi discorsi.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 26/04/12 alle 18:39 via WEB
Mi scuso per i casini con verbi al plurale e soggetti al singolare ma scrivo quasi sempre di getto. L'importante è farsi capire
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 26/04/12 alle 19:32 via WEB
un discorso serio e con cognizione di causa potrebbe farlo Gualberto, se ne avesse voglia. Io rispondo che una domanda del genere andrebbe applicata almeno al 40% dell'attuale produzione (escludendo il "falso jazz" della Spalding e soci, di cui si parla in Mi piace il jazz). Si potrebbe dire di si, visto che è musica eseguita da due jazzisti... Oppure si potrebbe parlare di musica improvvisata (per quanto...) o di folk jazz.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 26/04/12 alle 22:25 via WEB
Be'... non ne ho molta voglia, in effetti... un po' per evitare l'accusa di nepotismo, visto che nell'incisione in questione è presente mio cugino... Un po' perché apprezzo Omar Sosa ma, proprio in quest'occasione mi pare meno convincente. Forse si tratta di pregiudizio, perché non amo certi connubi che mi paiono forzati, perché, dato un certo contesto, mi paiono forzatamente "trendy"... Perché credo che, in effetti, il jazz oggi sia un'etichetta di comodo, a volte utile, a volte semplicemente pleonastica, una sorta di passaporto per la "liceità" espressiva, ma per la liceità espressiva non occorre il passaporto di comodo: si è, e basta. In fondo, è l'argomentazione che ha dato vita al post a lasciarmi perplesso: il volere che una sorta di omogeneizzazione che è il parto più inquietante di Internet, ancorché mascherato di pseudo-democraticità: vi leggo solo se parlate di ciò che mi interessa e mi conviene, altrimenti mi annoiate, mi venite in uggia. Per carità, in apparenza il discorso non fa una piega, in realtà nasconde una sorta di conventio ad excludendum che mi fa orrore per ciò che implica: roba da Fattoria degli Animali di Orwell. Certo che mi è più comodo e conveniente leggere ciò che mi fa tornaconto. E' la legge del mercato. Ma Internet non dovrebbe rispondere a logiche personalistiche (e, alla lunga, mercantilistiche) di tale tipo. L'esercizio della lettura è faticoso, molto più comodo partecipare alle opinioni di coloro che, in qualche modo, mi sono affini. Un tratto un po' incestuoso, a pensarci bene. Leggere opinioni discordanti può essere irritante, a seconda dell'ego di ciascuno, ma quello è il sale della discussione. Non esiste dialogo né apprendimento laddove c'è unanimità. Personalmente, a leggere certa prosa antisemita, oltre al voltastomaco mi viene voglia di far tacere certuni anche con la violenza. In realtà, l'ignoranza, ad esempio, non può essere solo combattuta con un divieto che esacerba la negatività di certi atteggiamenti. Purtroppo, c'è da imparare anche da coloro che violentano il tuo credo, altrimenti non si potrebbe leggere Céline e Von Rezzori e Junger senza raggiungere il ribrezzo. Ma il rifiuto del dialogo, ancorché giustificabile e comprensibile, lascia sempre le cose come stasnno, non semina il dubbio. Ancora peggio, dunque, quando non si tratta di valori fondanti, ma di un puro e semplice, ininfluente scambio di opinioni. Mi interessa la musica, ma solo se mi interessa: altre opinioni mi induco a non leggere. Ma questo significa, in realtà rinunciare proprio ad approfondire ciò che si ama, dunque non si ama se si rifiuta di esaminare ogni aspetto di tale amore. Inmolti blog leggo cose, dati che non mi trovano d'accordo. Questo, a meno che non si sia in presenza di bassa qualità, non mi distoglioe dall'interesse. Posso magari non intervenire, ma credo sia necessario leggere. C'è sempre chi sa più di noi o è in grado di gettare lo scompiglio del dubbio nelle nostre certezze o nelle nostre presunzioni. Per cui, non capisco il probldema: dobbiamo uniformarci a cosa per far contento chi? Un blog può essere una sorta di tribuna... Ma chi andrebbe allo Hyde Park Corner solo per ascoltare qualcuno che riecheggi, magari in forme diverse, i nostri precostituiti convincimenti? Allora, per restare in argomento: il lavoro di Fresu, Sosa e Morelenbaum mi dice poco, è un giocattolo grazioso, un bibelot, almeno per ciò che mi riguarda. Non ho molto altro da dire in proposito. Dovrei dunque rifiutare lke opinioni, invece, di chi non la pensa come me? Si legge un blog per le diversità, e si può polemizzare o meno. Escludere dal novero dei dialoganti coloro che preferiscono trattare altro mi pare un atteggiamento claudicante.
 
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Luca Conti il 26/04/12 alle 22:39 via WEB
A me non appassiona minimamente, invece, il cd di Fresu e Sosa (musicisti che peraltro apprezzo in altre, diverse circostanze). Che si tratti di un cd di jazz o altro, non potrebbe fregarmene di meno. Peraltro, a meno che Fresu non si sia trasformato nottetempo in Roland Kirk (e forse non bastava neanche lui), dubito che riesca a suonare contemporaneamente tromba, tromba con sordina e flicorno. Ma tutto può essere:-)
 
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Jazz from Italy il 27/04/12 alle 00:34 via WEB
Soprattutto emergono i suoi suoni. E' musica diversa, nelle forme, nei modi di produzione, nelle relazioni, nella qualità organica. Chi cede alla tentazione di definirla, di codificarla, si deve accorgere che è impossibile. L'alterità della musica creativa comincia infatti fin dalla sua inafferrabilità ai concetti, alle classificazioni, all'etichette, dell'ordine dell'artificio. Non è un genere, perchè attraversa e scompagina i generi. Non è uno stile, ma piuttosto un modo d'essere. Ad accostarsi ad esso con le regole convenzionali, si smarriscono le certezze della «normalità». Perchè questa musica sperimenta ma è del tutto naturale e spontanea; è funzionale, corposa, e insieme distende una fantasia dilagante; coniuga insieme utopia e scienza, emozioni e materiali esatti. Qualcuno dice: «è un modo nuovo di definire il jazz», ma è un'affermazione mezza ambigua. C'è infatti continuità fra il cosiddetto jazz e la musica creativa, anzi il «jazz» stesso è musica creativa, Louis Armstrong è musica creativa, Charlie Parker è musica creativa. C'è dunque un filo corposo e limpido a congiungere blues, be bop, free e nuove scoperte. Ma è un filo che si spezza se si considerano queste come etichette rigide, se si considera il «jazz» come un genere. La continuità infatti non sta nella grammatica, ma in quel profondo rapporto fra musica e vita, fra bisogni ed espressioni, fra desideri e forme, che è peculiare alla musica non-occidentale, e al cosiddetto «jazz» in particolare. La musica creativa è questa espressività che nasce dal respiro stesso e che si cerca, si trasforma, si vive. Se qualcosa è in questo senso venuto a cambiare negli ultimi tempi, è la sedimentazione di questa pratica: a nuovi valori corrispondono nuove forme; la dilatazione delle emozioni e delle problematiche approfondisce linguaggi e poetiche musicali e apre la propria possibilità perché più gente la viva secondo la propria sensibilità. […] Franco Bolelli, da Musica Creativa _ Squilibri Edizioni 1978
 
 
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Gianni M. Gualberto il 27/04/12 alle 06:48 via WEB
Caro Elfio, purtroppo il testo di Bolelli, di cui credo molti scaffali riescano a fare a meno, esprime banalissimi stereotipi che si addicono a qualsiasi bene immateriale. Con pochi cambiamenti di punteggiatura lo stesso testo avrebbe potuto parlare persino della musica accademica europea... Perdonami, ma alla retorica di questo tipo di letteratura, tanto à la page quando era in voga l'intellettualismo zoppo e amatoriale, venato di una sana, ingenua incompetenza, di una pubblicazione come "Gong", non mi appassiona. Come non mi appassiona la genericità, il gusto condizionato dagli "ismi" e cui perciò viene dettato e imposto un vademecum comportamentale. Nel 1978 molte banalità e molto ciarpame sono stati dispensati a piene mani, soprattutto da chi non aveva neanche la cultura sufficiente per bluffare.
 
defgio
defgio il 27/04/12 alle 06:11 via WEB
jazz o improvvisare , sapendo di regole o semplicemente per orecchio ... c'è chi ha entrambi le doti , ma spesso ci si perde a capire se è jazz ... io non ho sufficienti cognizioni per decidere .... ma se le note sono suonate e non vengono da apparecchiature che le ripetono o le creano matematicamente rappresentano sempre l' estro di persone che sanno leggere lo spartito o che sentono le note con l' orecchio , ho conosciuto persone che hanno l' orecchio assoluto , che invidio tanto ... e persone che ascoltano un brano e poi lo ripetono molto simile con qualche imperfezione , direi col proprio jazz o interpretazione .... a volte il proprio jazz non si esprime perchè noioso , perciò se c'è qualche ritocco per migliorare l' armonia e la dinamica dei suoini , io l' accetto volentieri .... anche se a volte è più la tecnica e il virtuosismo che mi affascina , che cerco di immginare , per intuire la difficoltà che viene vinta e superata in un esecuzione difficile ed orecchiabile .... Gio
 
pierrde
pierrde il 27/04/12 alle 11:21 via WEB
Sinteticamente anche la mia opinione: a) il blog in quasi 7 anni di vita è cambiato molto e molto ancora cambierà, mi pare normale e irreversibile a meno di voler fare un blog di sole recensioni b) nonostante il parere di molti amici anch'io ho le stesse sensazioni di Conti su Alma: massimo rispetto per i musicisti ma album epidermico, che scivola senza lasciare solchi duraturi c) il percorso di Bolelli, che non conosco personalmente ma di cui ho letto i libri, mi ha sempre lasciato esterrefatto: da "profeta" della musica creativa a corsivista della Repubblica. O scherzava prima o scherza adesso.....
 
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loopdimare il 27/04/12 alle 11:34 via WEB
In fondo il problema potrebbe anche essere semplificato. Da una parte c'è il jazz coi suoi codici (da modificare, integrare, violare ecc) e dall'altra ci sono dei musicisti che spesso nell'esprimersi vanno ben oltre i codici e le convenzioni per finire in terre poco esplorate. Visto che l'ispirazione ed il gusto della scrittura non sono regolamentabili, non possiamo impedire a Fresu di incidere con i cori corsi o a Garbarek di fare madrigali o mantra. Non possiamo dire a Jimmy Giuffre che sta andando un po' troppo oltre con "Free fall" nè consigliare a Jarrett nei suoi concerti soli di smetterla di fare esercizi di riscaldamento in pubblico (anche perchè sono esercizi molto ben pagati), nè sconsigliare certi percorsi molto affascinanti ma eterodossi a John Surman o a Wadada Leo Smith. Il risultato finale è che tanti bravi jazzisti si sono incamminati in percorsi anomali interessanti. e spesso è proprio su questi terreni impropri che avvengono gli incontri più stimolanti, come quello di Fresu, Sosa e Morelenbaum, il cugino di Gualberto.
 
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Milton il 27/04/12 alle 12:42 via WEB
Bene. La mia era evidentemente una provocazione e la discussione che ne è nata è - a mio avviso - molto interessante perché ha messo sul tavolo diversi modi di considerare il jazz o la musica più in generale. Ci tengo solo a specificare che non ho mai detto cose del tipo "Se non dici quello che voglio non ti leggo" nè mai mi sarei sognato di farlo. Mi sono limitato ad esprimere un'opinione che accidentalmente era divergente da quella di altri. Per questa mia opinione chiedo solo il rispetto della stessa e non vorrei essere messo in nessun caso nella stessa frase con il termine antisemita... Questa reazione, onestamente, mi è parsa parecchio fuori misura, ma ogniuno ha le sue opinioni...
 
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Jazz from Italy il 27/04/12 alle 21:16 via WEB
Caro GMG, ma chi è Elfio??? E' vero, sicuramente si potrebbe fare a meno di molti dei libri/dischi accumulati sugli scaffali di un appassionato... il mio era più uno stimolo ad allargare il dialogo/ragionamento oltre gli stereotipi, che un consiglio letterario datato. «diffidare del dischi [libri] mi sembra in generale davvero necessario. La riproduzione tecnologica ruba alla vita assai più di quanto non offra alla conoscenza ed alla socializzazione» [sempre il banalissimo Bolelli] Se «nel 1978 molte banalità e molto ciarpame sono stati dispensati a piene mani, soprattutto da chi non aveva neanche la cultura sufficiente» [GMG], ancor oggi, cioè quasi 90 anni dopo il Wolwerines di Jelly Roll Morton, stare ancora a discutere su cosa è jazz e cosa non lo è, non mi sembra un gran passo avanti... con tutto il rispetto, della diversità, che c'è. roberto
 
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Gianni M. Gualberto il 27/04/12 alle 21:28 via WEB
Scusa, ho sbagliato interlocutore... O almeno il suo nome... Per il resto, per l'appunto, avendo superato persino gli amori giovanili per quell'ammasso di banalità che era Free Jazz/Black Power (e dunque, figurati quanto posso sorridere di certa prosa bolsa, tronfia, vuota e ignorante, sia di Bolelli o altri), cosa posso dirti? Che è un miracolo discutere dopo novant'anni e più di Jelly Roll Morton? E perché mai? Pensa, è dal 1804 che si discute dell'Eroica...
 
 
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riccardo il 28/04/12 alle 13:36 via WEB
si vede che fa più intelligente e "jazzy" ascoltare Bollani che perdere tempo con Jelly Roll... Magari oggi ci fosse un rivoluzionario come Morton...
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 27/04/12 alle 21:33 via WEB
E aggiungo: magari certi autori o soi disant musicologi si ponessero (meglio ancora, si fossero posti) certi interrogativi... Quanti sciocchezzai ci avrebbero risparmiato... Purtroppo, le tue affermazioni non mi fanno ben sperare... Certo che dopo novant'anni si possono porre determinate problematiche... Pensi che le analisi sul canto gregoriano si siano fermate per sopraggiunti limiti d'età... Peraltro, il problema è che pochi si occupano di Jelly Roll Morton e moltissimi, troppi si occupano d'altro. Scusami, dunque, se sono in disaccordo con te.
 
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rodolfo il 27/04/12 alle 21:54 via WEB
Chissà perchè solo i jazzisti debbano essere "estemporanei". Personalmente, mi è capitato di ascoltare musica estemporanea da un'orchestra di liscio composta, peraltro, da musicisti molto bravi. E anche i musicisti klezmer per non parlare di certe jam di pizzica ascoltate nel Salento, roba da lasciarti spossato per dieci giorni. E poi, questa musica di Fresu e Sosa mi sembra tutta scritta su spartito. Ma forse non ho capito cosa si intendeva per estemporaneità. Per quanto riguarda il termione "improvvisazione", credo che debba essere ridefinito e precisato. Io credo che i primi vagiti improvvisativi, nel jazz, siano arrivati negli anni '50 (do you remember Tristano?) e sotto l'influsso della musica occidentale, fra l'altro. Non ho mai pensato, per esempio, di chiamare improvvisazioni quelle variazioni armoniche su accordi o intervalli vari. Nelle migliori ipotesi le chiamerei variazioni armoniche, nei casi peggiori, invece, abbellimenti. Il bebop non ha prodotto improvvisazioni. Se non ci fosse ritmo, swing e ottime melodie, la musica di Parker & C sarebbe assolutamente monotona e sempliciona. Per quanto riguarda, infine, le varie piste messe in campo da Fresu non dimentichiamo che Bitches Brew, considerato unanimemente un capolavoro, fu costruito in studio con un gran lavoro di copia e incolla (Macero)
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
loopdimare il 27/04/12 alle 23:34 via WEB
credo che sull'improvvisazione Rodolfo abbia scritto un po' delle corbellerie. E Parker lo lascerei stare. l'improvvisazione c'è sempre stata, una volta in forma di parafrasi, magari breve, per poi diventare più ampia con la maggior durata dei brani. le jam sessions che avvenivano nei vari locali (e almeno quelle del Minton ci sono arrivate) non sono improvvisazioni? sui dischi non ce n'era molta solo per via della durata delle incisioni, ma le testimonianze parlano da sole. non scordiamoci che lo stile polifonico di New Orleans era in fondo una lunga improvvisazione attoeno ad un tema semplice.
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 28/04/12 alle 13:24 via WEB
altro che un po'...
 
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