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IDRIS ACKAMOOR AL MANZONI

Post n°2450 pubblicato il 10 Novembre 2012 da pierrde

Il sassofonista Idris Ackamoor, di ritorno sulla scena europea dopo una lunga parentesi, è stato uno dei leader, negli anni Settanta, di quell’afrocentrismo che rappresentò la riscoperta dello storico legame spirituale esistente fra il jazz e il mondo africano: con il proprio gruppo, The Pyramids, Ackamoor realizzò una serie di straordinarie registrazioni musicali che ancora oggi rappresentano una potente testimonianza musicale di un’epoca.

L’impasto fra jazz, libera improvvisazione, ritualità, ritmi africani e trascinanti scansioni funk, condensato in un acceso spettacolo teatrale, si è ulteriormente arricchito, negli anni, grazie alla lunga permanenza di Ackamoor e dei suoi musicisti in nazioni africane come Uganda, Etiopia, Ghana, Kenya e Marocco: non solo un concerto, dunque, ma una vera e propria performance che lascia un segno indelebile nell’immaginazione di ogni spettatore.

Ammetto di essere in parte curioso ed in parte timoroso (di rimare deluso) dell'impatto con questo musicista. Prima assoluta per l'Italia, nome di lunga e provata carriera artistica ma mai sotto i principali riflettori, il concerto di Ackamoor vissuto  nelle note di presentazione della rassegna sembrerebbe una riedizione del panafricanismo tribale di gruppi molto più conosciuti e generazionalmente precedenti quali l'Art Ensemble of Chicago o la Sun Ra Arkestra. Non rimane che andare a verificare di persona....

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 10/11/12 alle 18:14 via WEB
Nei Pyramids il riferimento all'Africa non era simbolico e spirituale, non era "inventato" o "ricostruito", non era ideologicamente "esotico" (come nel caso di un Pharoah Sanders), ma era antropologicamente corretto, specifico, da parte di musicisti che avevano vissuto e studiato a contatto delle fonti più o meno autentiche (oggi, ad esempio, sarebbe impresa ben più difficile). In più, direi che nei Pyramids (ricordiamoci che Idris Ackamoor è stato uno fra i più importanti organizzatori teatrali in ambito africano-americano) l'elemento tribale assumeva e assume un contesto narrativo, sia teatrale che rituale molto più accentuato. Poi, bisogna vedere come ci si pone di fronte a determinati tipi di approccio che hanno relativa attinenza con il nostro concetto di "realizzazione artistica". La "seriosità" europea è virtualmente assente in talune culture africane, in cui tutto è comunitario, orizzontale e non verticale. La riscoperta dei Pyramids ha, direi, questo senso: sono stati fra i primi a verificare... the real thing, in epoca non sospetta. Certo, scaturiscono da un'estetica che è stata data per trapassata, forse un po' troppo presto. E vivono in California, in una comunità che vive la musica in modo meno "tecnologico", più artigianale rispetto alla frenesia metropolitana di New York o Chicago. Direi che Ackamoor ci ricorda, per certi versi, quanto poco conosciamo delle molte, tante culture africano-americane.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
LC il 11/11/12 alle 19:44 via WEB
Proprio sicuro che Sun Ra facesse del "panafricanismo tribale"? Avrei parecchi dubbi in proposito.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 11/11/12 alle 19:59 via WEB
D'accordo, in effetti. Su Sun Ra sopravvivono molti equivoci di lettura... Anche sul panafricanismo tribale dell'AACM avrei dubbi...
 
 
pierrde
pierrde il 11/11/12 alle 20:30 via WEB
Dubbi ragionevoli legittimati da uno scritto troppo sintetico e veloce. Ridurre l'Aeoc o Sun Ra a musica tribale o pan-africana è se non sbagliato almeno riduttivo rispetto alla effettiva consistenza della proposta musicale. Per tornare a Ackamoor, non riuscendo stasera a commentare il concerto, posso dire che non sono affatto deluso come invece paventavo....
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 11/11/12 alle 20:48 via WEB
Sullo scritto hai sicuramente ragione. Mi fa invece piacere che Ackamoor non ti abbia deluso. Ma è sempre difficile parlare dei propri "figli"...
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
LC il 11/11/12 alle 20:14 via WEB
La biografia di Sun Ra scritta da John Szwed lascia capire molto chiaramente come il Nostro abbia sempre sofferto di clamorosi problemi d'identità e si sia sempre sentito rifiutato, soprattutto dalla comunità afro-americana (dichiararsi arrivato dallo spazio e non dal Congo, in fin dei conti, sembra abbastanza indicativo). Peraltro, basta guardare la scena dell'incredibile film "Space Is The Place" in cui Sun Ra viene catapultato da Saturno a redimere gli sfaccendati neri che giocano a carte e a biliardo dentro una bettola del ghetto (e ai quali non può fregare di meno di lui e di tutti i suoi discorsi) per capire che tra lui e la "sua" gente non tirava certo una grande aria.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 11/11/12 alle 20:21 via WEB
Proprio Sun Ra affermava: Unfortunately the Black musician over here has been diverted into playing [popular music] instead of playing the natural things we're supposed to play as black men. Instead of holding their units together to play for their people in an organized way with the big bands, they moved down to trios and combos. They moved down to duos and the ego. …And then, you look at what the Black race did in America and it's not what I can be proud of.
 
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