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Post n°2805 pubblicato il 14 Maggio 2013 da pierrde
Per una combinazione curiosa di date oggi è sia l'anniversario di nascita (14.05.1897 New Orleans) che di morte (14.05.1959 Garches) di Sidney Bechet, un musicista temporalmente a noi lontano ma della cui importanza sono pieni i testi sulla nostra musica. Riprendo da Wikipedia proprio il capitolo che si intitola L'importanza di Bechet nello sviluppo del linguaggio solistico nel jazz: L'ipotesi della posizione centrale di Bechet nello sviluppo del solismo jazz è stata avanzata dal suo maggiore biografo, John Chilton. È possibile che la portata del contributo di Bechet possa apparire oggi meno evidente, e sia giudicata minore rispetto a quella di Louis Armstrong. Questo per alcuni motivi. Il primo è che Bechet incise poco negli anni venti, che sono gli anni in cui più sarebbe stata avvertibile non solo la portata della sua originalità, ma soprattutto la grandezza del dislivello tra lui e tutti gli altri musicisti che per primi svilupparono l'arte dell'improvvisazione jazzistica (con l'unica eccezione, naturalmente, di Louis Armstrong). Infatti Bechet incide abbondantemente con Clarence Williams per appena due anni, dal 1923 al 1925, dopodiché va in Europa e ci rimane per 4 anni, rimanendo lontano dalla scena musicale americana. Invece Louis Armstrong, l'altro grande iniziatore del linguaggio solistico nel jazz, rimane negli Stati Uniti e incide la serie d'oro degli Hot Five e degli Hot Seven. Quando, agli inizi degli anni trenta, Bechet torna negli Stati Uniti il suo stile è, se possibile, ancora più maturo ed espressivo che negli anni venti, ma il dislivello tecnico ed espressivo tra lui e le nuove leve è diminuito, quasi colmato. Per esempio, cinque anni prima Coleman Hawkins non sarebbe ancora stato in grado di articolare un vero e proprio assolo jazz e non avrebbe retto il confronto con Bechet. Cinque anni dopo non è più così: Hawkins è in grado di non sfigurare. Insomma, agli inizi degli anni trenta molti musicisti di Chicago e di New York hanno ormai assorbito la lezione di Bechet e di Armstrong e combattono ad armi pari. Diventa quindi meno facile capire che Bechet è stato uno dei padri dell'assolo jazz. Un secondo motivo è che Bechet è un solista ma non un leader. Egli non organizza intorno a sé un gruppo di seguaci e di accoliti, come fece Armstrong e come faranno Gillespie e Parker. Non sa mettersi alla testa di un movimento musicale, ma mantiene una posizione laterale. Le sue incisioni sono più occasionali. Un'altra occasione che diede modo a Bechet di esercitare una influenza profonda sugli sviluppi successivi del jazz fu la collaborazione con la prima orchestra di Duke Ellington, i Duke Ellington's Washingtonians. Sfortunatamente non incise mai con quella orchestra. Nell'orchestra di Ellington Bechet incontrò l'allora giovane ma già promettente Johnny Hodges, destinato a diventare uno dei più grandi solisti di sax alto della storia del jazz. Lo stile di Hodges fu potentemente influenzato da Bechet, e ne adottò la sonorità sontuosa e il fraseggio barocco e decorativo. Ma non basta. Lo stesso Ellington fu influenzato da Bechet, in termini di swing, fraseggio e sonorità. È plausibile che come Fletcher Henderson apprese il linguaggio ritmico del jazz durante il passaggio di Louis Armstrong nella sua orchestra, lo stesso potrebbe essere accaduto ad Ellington con Bechet. |
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