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Mondo Jazz

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martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

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trombone, Filippo Vignato

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Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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DOWN BEAT 73rd READING POOL: SONNY è L'UOMO DELL'ANNO, MA KEITH.... 

Post n°1109 pubblicato il 09 Dicembre 2008 da pierrde
 
Tag: NEWS

Doppio trionfo per Sonny Rollins nell'annuale referendum tra i lettori abbonati alla rivista americana (quest'anno non ho votato...): migliore tenor sassofonista e artista dell'anno. L'album più votato è Pilgrimage dello scomparso Michael Breker, poi si segnalano i successi di Wynton Marsalis (tromba), Steve Turre (trombone), Wayne Shorter (soprano), Phil Woods (alto sax), James Carter (baritono), Paquito D'Rivera (clarinet), James Moody (flute), Herbie Hancock (piano), Joey De Francesco (organ), Chick Corea (keyboard), Pat Metheny (guitar), Christian Mc Bride (contrabbasso), Steve Swallow (basso elettrico), Jack De Johnette (drums), Poncho Sanchez (percussioni), Bobby Hutcherson (vibrafono), Toots Thielemans (miscellaneus), Kurt Elling (voce maschile), Diane Krall (voce femminile), Maria Schneider (compositrice). Infine successi per la Blue Note (record label), il trio di Metheny tra i gruppi, B.B. King per il blues. The complete On The Corner Session di Miles Davis è la riedizione dell'anno, mentre l'album blues è Bad  Blood in the city di James Blood Ulmer. E gli italiani ? Ci sono, compaiono nelle classifiche Enrico Rava, Roberta Gambarini, Gianluigi Trovesi e Gianluca Petrella.

 Lascio per ultimo il successo di Keith Jarrett, che entra nella Hall of Fame con grande vantaggio su Ahmad  Jamal. A Keith è dedicata un'ampia intervista sul numero di Down beat in edicola, in quello che appare come un momento spartiacque della sua vita: da pochi mesi si è separato dalla moglie Rose Anne dopo venticinque anni di matrimonio. Sembra che l'intensa attività concertistica in solo dipenda anche da una ricerca di motivazioni; è della scorsa settimana il concerto in solo alla Salle Pleyel di Parigi, a raccontarci come è andata è Alex Dutilh di Jazzman :

 Première surprise, l'âge moyen du public : plutôt 25-30 ans. Comme par hasard, le prix des places (50 et 70 euros tout de même) était nettement plus bas que d'habitude. Jarrett avait aussi ajusté son cachet (certes encore confortable) pour cela. Du coup, une salle à l'écoute aiguisée, laissant échapper son enthousiasme à bon escient et patiente quand le pianiste cherchait ses idées…
Première partie entamée côté free et prenant progressivement de l'ampleur sur les ostinatos rythmiques. Deuxième partie un peu plus généreuse avec deux moments de grâce absolue, l'un rythmique, éblouissant de swing profond, suant le siècle de jazz par tous ses pores avec la puissance d'un big band déchaîné, l'autre une ultime ballade sur le fil ténu du chant et du dépouillement extrême, chargée d'une sensibilité imposant un silence absolu. Tout cela entrecoupé pour un tiers d'impros abstraites à la Cecil Taylor, où tout se joue sur le toucher, les surprises de l'atonalité, les effets de contrastes et de dynamique. Dans la lignée de "Radiance". Trois rappels enfin, pour le partage du plaisir. Piano sublime, acoustique assortie. Et une fois de plus, l'implication du corps entier du musicien, au-delà de ses mains : les pieds, le dos, le bassin, la voix… Le chant était hier soir plus explicite que jamais.

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