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CONSIDERAZIONI SUL FESTIVAL DI CLUSONE

Post n°1294 pubblicato il 11 Agosto 2009 da pierrde

La recensione di Paolo Peviani su AllaboutJazzItalia credo giunga al nocciolo del problema sul futuro di uno dei festival italiani più longevi e più importanti. Peviani ha sicuramente gusti e visioni diversi dai miei, spesso concerti che a me sono piaciuti  l'hanno visto di parere opposto, e viceversa. Ma questo non è importante, anzi è assolutamente normale e fonte di dialettica e confronto. Non è su questo che vorrei soffermarmi bensi' sull'analisi lucida sugli effetti che la crisi economica in atto può produrre sulle future edizioni del festival. Peviani scrive:

"Gli economisti dicono che la crisi sarà lunga, molto lunga. Strutturale, non contingente. Questo significa che le condizioni difficili in cui gli organizzatori di Clusone Jazz si sono trovati ad operare quest'anno potrebbero diventare la norma. Si impone quindi una riflessione su come affrontare le edizioni future. Se fare un passo indietro e tornare alle origini, ovvero ad un festival fatto di pochi, eccellenti concerti sul palco di Clusone, e di un ristretto numero di concerti nei comuni immediatamente limitrofi, nei quali dare spazio a musicisti meno conosciuti ma accuratamente selezionati e meritevoli di attenzione. Oppure se proseguire nell'espansione territoriale e temporale avviata negli ultimi anni, puntando ad una manifestazione grande dal punto di vista dei numeri (molti concerti, in molte località, su un'area geografica molto estesa), ma inevitabilmente diluita nella sua identità. A nostro avviso, si tratta di un dilemma di facile soluzione. Il confronto tra le vecchie e le più recenti edizioni del festival parla chiaro. "-1," segna l'orologio di Clusone Jazz. Transizione. Agli organizzatori il compito di decidere cosa e come sarà il festival nei prossimi anni. In bocca al lupo!"

Personalmente concordo con l'opinione che trapela dal redattore di AAJ. Credo che tornare ad una formula più spartana e concentrata possa essere una buona scelta. Quest'anno, anche se a favore della presentazione di due libri interessanti, sono scomparsi i consueti concerti mattutini e pomeridiani durante la tre giorni finale, per non parlare dell'ormai abbandonato concerto di mezzanotte che per molti anni si è svolto nell'affascinante cornice dell'Oratorio dei Disciplini, sotto il dipinto della Danza Macabra con risultati spesso straordinari. Moltissimi concerti sparsi per gran parte della Lombardia sono il risultato di una crescita e di un impegno notevole, ma sono anche dispersivi e difficili da centrare per l'appassionato comune, che ovviamente deve conciliare lavoro e spostamenti. Tre, quattro giorni in cui concentrare il meglio del programma credo che possano attrarre molti più spettatori, problema questo che negli scorsi anni ha lasciato qualche traccia evidente. Ricordo come ambientazioni assolutamente affascinanti la piccola chiesetta di Ardesio, la Casa Fantoni di Rovetta, il rifugio di S.Lucio. Sarebbe bello riscoprirli, magari attraverso nuovi protagonisti e "scoperte" alle quali Livio Testa ci aveva abituato. Staremo a vedere, per ora mi associo al in bocca al lupo con il quale Peviani conclude la recensione dell'edizione 2009.  

 

 

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