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MUSICA JAZZ : IL TOP JAZZ 2009

Post n°1403 pubblicato il 28 Dicembre 2009 da pierrde
 
Tag: NEWS

 

A giorni in edicola il numero di gennaio del magazine italiano incentrato sui premi discografici del 2009. Per chi ancora non sapesse, anche quest'anno la rivista premia esclusivamente musicisti italiani. In tempi di globalismo la scelta pare rinunciataria e provinciale, ma forse i veri motivi della mancanza di un respiro più ampio risiedono altrove e difficilmente verranno alla luce. Singolare comunque questa autarchia auto-imposta : nemmeno i francesi, che in quanto a filo-nazionalismo non scherzano, sono mai arrivati a tanto. Loro si "limitano" a immettere nell'elenco degli album migliori dell'anno una buona metà di beniamini locali, che spesso non hanno nessun titolo per figurare in compagnie alto locate. 
Comunque, passando ai risultati, il premio per il migliore album dell'anno se lo sono diviso ex-equo New York Days di Enrico Rava e Stunt di Fabrizio Bosso e Antonello Salis. A Rava anche il riconoscimento quale musicista dell'anno, mentre un altro trombettista, Luca Acquino, è il talento emergente premiato. La Cosmic Band di Petrella è la migliore band, Dino Betti il compositore e arrangiatore, Francesco Bearzatti si afferma ai sassofoni, Dado Moroni al pianoforte, Roberto Gatto alla batteria e Maria Pia De Vito per la voce. Appuntamento il 18 gennaio all'Auditorium di Roma per premiazioni e concerti.

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Commenti al Post:
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Gianni M. Gualberto il 28/12/09 alle 21:57 via WEB
Interessante. Si fa un gran (stra)parlare dell'eccezionale stato del jazz italiano (ah, la provinciale tendenza a cantarsela e suonarsela... Un po' com quelli che ad ogni piè sospinto intonano la mortifera litania: "Ah, come si vive in questo paese non si vive da nessuna parte", "Ah, come si mangia in questo paese non si mangia da nessuna parte", gli stessi, credo, che hanno inventato l'ancor più mortifero assioma: "Italiani, brava gente") e poi si premiano gli stessi artisti da anni, se non da decenni... Allora, o il jazz italiano tanto bene non sta, se non in un pugno di artisti che vengono (ri)consacrati d'abitudine forzosa, o se sta bene vuol dire che lo nasconde benissimo.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 01/01/10 alle 12:28 via WEB
Caro Gianni, sai come la penso e le tue constatazioni sono corrette anche se, forse giustamente nel tuo ruolo, dicono e non dicono. Più esplicitamente io invece parlo di una informazione jazzistica che è diventata quasi propaganda, al totale servizio di un sin troppo esplicito e ormai sfacciato conflitto di interessi che certo no sfugge a chi come me segue il jazz da ormai più di tre decenni e conosce la sua evoluzione in ambito informativo nel ns paese. In effetti lo stato dell'informazione jazzistica segue percorsi paralleli a tutti gli altri settori dell'informazione nel ns paese, ha ragione chi è intervenuto in tal senso. La continua premiazione poi di un trombettista ormai artisticamente esausto come Rava ne è la dimostrazione tangibile, trombettista che peraltro, come sai, ritengo essere uno dei più sopravvalutati della storia del jazz per i suoi sin troppo chiari limiti, non solo tecnici, ma naturalmente dire una cosa del genere è diventato ormai un po' come tirare le statuine sul naso del ns Presidente del Consiglio: semplicemente non si può, a meno di essere dei pazzi... Auguri a tutti i "sani" italiani jazzofili e al jazz italiano, o requiem aeternam, fate un po' voi, a me va bene lo stesso e continuo ad ascoltarmi il jazz buono, a mio giudizio naturalmente, in barba a tutti, belli e brutti.
 
   
pierrde
pierrde il 01/01/10 alle 14:42 via WEB
Vivendo lontano dalla città e dai suoi protagonisti (jazzisticamente parlando), la notazione che riguarda l'informazione è esclusivamente quella su carta stampata: su tutti i quotidiani ci sono in genere le presentazioni dei concerti, ma praticamente scomparse sono le recensioni degli stessi, e quando ci sono sembrano scritte con la stessa mano. Nel senso che sono generiche, spesso poco credibili, difficilmente si legge una stroncatura o una presa di distanza. Lo stesso avviene sulle riviste specialistiche riguardo ai festival: conflitto di interessi tra l'organizzaizone e il giornalista invitato e ben nutrito ? Non lo so, e francamente dopo tanti anni di letture insipide ormai poco mi interessa. In questo concordo totalmente con Gualberto, l'informazione te la devi cercare e costruire da solo, se aspetti i canali ufficiali stiamo freschi... Non concordo, infine, con le valutazioni su Rava. Credo però che premiare continuamente gli stessi pochi nomi non sia sintomo di buona salute nè per il jazz italiano ne per la "critica" , e questo a prescindere dal valore effettivo degli album di Rava, Bollani e via dicendo .
 
     
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riccardo il 01/01/10 alle 15:26 via WEB
Non è che mi aspettassi qualcosa di diverso su Rava, come infatti avevo anticipato, ma lasciami dire che, con tutto quel che di buono c'è da ascoltare, su Rava si è perso e si sta perdendo anche sin troppo tempo. Su tutto il resto mi pare che concordiamo e certo non aspetto di conoscere il jazz da certa "informazione". Peraltro a cosa serva comprare riviste che si comportano nel modo da te descritto francamente mi pare sfugga persino al buon senso, ma, ripeto, ognuno faccia come gli pare e senta la musica che gli pare. Auguri a tutti, ce n'è bisogno.
 
     
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Gianni M. Gualberto il 02/01/10 alle 17:06 via WEB
In realtà, io credo ai risultati del Top Jazz: nella sua beata insipienza, tale tipo di classifica, con i suoi inani "classificatori", tutto sommato proclama che il re è nudo. E cioè, che i cantori degli autarchici valori nazionali praticano quello che Partch mise in musica, la delusion of the fury. Premiare per l'ennesima volta Rava e pochi altri, non è poi così fuori luogo, se non fosse che si tratta di un atto economicamente proditorio, teso a privilegiare i "poteri forti" di un mercato claudicante, cui non si offre neanche la minima speranza di un plausibile impulso. Ché, in definitiva, Rava rimane una "mosca bianca" in un panorama musicale asfittico: non perché manchino brillanti musicisti o strumentisti, difettano le personalità. E Rava rimane l'unico nostro artista dotato di originalità. Tecnicamente falloso, dal vocabolario profondamente derivativo, egli ha saputo -ulteriore prova di personalità- costruirsi uno "stile" (oggi ormai persino storicizzato) sui propri difetti, arricchendolo di un indubbio penchant compositivo, sintesi intelligente di basi africane-americane e un melodismo solare, lirico, inconfondibilmente italiano. A ciò si aggiunga un tratto cosmopolita che rimane unico, ancora oggi, nell'ambito della nostra cultura parrocchiale (e questo vale anche per il dotato, ma ben più superficiale, Stefano Bollani). Che poi Rava ormai si comporti come un decano ingombrante e soffocante, è altro paio di maniche, in parte non è neanche colpa sua: chi potrebbe sostituirlo? E chi ci troveremmo poi a votare per le intorpidite classifiche di cui sopra? Rava rimane, come dire?, un intelligente prodotto d'esportazione (e non è poco, di questi tempi). Chi altri al suo posto? La sopravvalutazione del nostro orticello musicale non è certo fatto solo "nostrano"... Lo prova il fatto che gli stessi artisti da noi decantati, da Rava a Bollani, impazzano più o meno in tutta Europa. Ed è giusto, perché ciò risponde anche ai ridicoli peana sulle stratosferiche meraviglie e profondità del cosiddetto "jazz europeo" (classico iper-nazionalismo terrorizzato di coloro che non sono culturalment in grasdo di affrontare la sfida della globalizzazione: da un lato una Destra xenofoba, dall'altro un Sinistra che con una mano finge di accarezzare gli extra-comuniari, dall'altro si augura che non escano dai recinti e dalle fabbie in cui vengono amichevolmente ficcati). Ci si dimentica che dal 1945 la cultura europea non è più centrale (grazie al cielo) e che non ha neanche la forza economica di imporsi, neanche attraverso certi fenomeni di neo-colonialismo, tesi a esaltare costantemente le radici occidentali (in fin dei conti, ci misuriamo sempre nei confronti dell'"uomo nero", da qualsiasi parte venga: tollerato, sì, purché non si azzardi a mettersi in gara con noi...). Ci si dovrebbe misurare con il mondo, ma ciò fa paura, non siamo società poli-etniche se non per costrizione... Continuiamo a esaltare il nostro "slow food", ma il mondo è fast, delle nostre fisime da naso all'insù se ne frega e, comunque, s che prima o poi ci raggiungerà, magari superandoci. E nel frattempo noi ci trastulliamo a decantare vecchie glorie, visto che, tutto sommato, delle nuove sappiamo fin troppo, come fin troppo, sotto sotto, sappiamo di noi stessi.
 
     
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riccardo il 03/01/10 alle 12:09 via WEB
Sono d'accordo sull'analisi generale circa la situazione culturale e di pensiero in Europa, soprattutto sul punto dell'incapacità di affrontare apertamente la sfida alla globalizzazione, richiudendosi in un pensiero conservatore e con forti derive xenofobe, ben espresso dal successo in Italia leghista e della destra. Un approccio certamente perdente già di partenza, che pensa di risolvere il problema chiudendosi a riccio. Circa Rava non posso certo negare il suo ruolo in ambito nazionale che è indiscutibile. Il fatto è che per mio gusto personale non sopporto improvvisatori nel jazz con gravi handicap ritmici come quelli che manfesta da sempre Rava. E ciò per quel che mi riguarda è più grave delle sue fallosità tecniche. Me ne frego di certo melodismo privo di adeguato senso ritmico o così pesante ritmicamente come il suo, altrimenti mi posso anche ascoltare Nini Rosso. Non so che farmene, jazzisticamente parlando, ma è naturalmente opinione strettamente personale e legata al mio gusto e al mio modo di vedere il jazz. Non pretendo la condivisione, ma per me la tromba e il jazz a certi livelli, cioè quelli cui competono al riscontro attuale di Rava, si suona e si fa in un altro modo. Mi sbaglio? Può darsi, ma non credo.
 
     
pierrde
pierrde il 03/01/10 alle 17:34 via WEB
La parte più intrigante di questo scambio di idee, per me oltremodo interessante a prescindere dalla comunanza o meno di vedute, è che si svolge in tempo pressochè reale, in modo assolutamente civile (non scontato visto quello che si legge sui forum dedicati alla nostra musica) e che difficilmente sarebbe possibile sui magazine dedicati, e non solo per la tempistica. Personalmente rivendico il mio status di semplice appassionato: non sono un giornalista, faccio tutt'altro mestiere per guadagnarmi da vivere, non ho parrocchie da difendere. Mettendo in rete questo blog quattro anni fa volevo solo dare spazio e sfogo alla mia passione. Ospitare interventi di questo tipo significa far crescere notevolmente il livello dello scambio di idee e di conoscenze, e quindi rendere la lettura del blog più interessante e partecipe. Ringrazio quindi Riccardo e Gianni: da dire ci sarebbero ancora moltissime cose, lo spazio è sempre a vostra disposizione cosi' come lo è di chiunque abbia idee e commenti da fare.
 
     
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 04/01/10 alle 11:59 via WEB
In realtà sul ruolo nazionale di Rava in ambito jazzistico Gianni ha perfettamente ragione elecando i suoi meriti, come ha centrato il problema delle cricche intorno al jazz, ma è cosa ormai ben nota. Non come lui che è un professionista del settore, ma anch'io, nel mio piccolo delle conoscenze provinciali, conosco musicisti e situazioni analoghe a quelle qui descritte e ho riscontrato che effettivamente molti musicisti se non aggregati ad una certa "cerchia" non hanno nemmeno modo di potersi esporre pubblicamente, nelle sedi adeguate intendo. Tra gli stessi musicisti esiste una forma di scambismo e di lottizzazione del territorio (inteso come sedi di festival, locali, club etc.)molto spiccata e ormai sistematica. E' cosa ormai nota, ma si fa finta di niente e, rispondendo a pierre, dico che tutte le volte che ci si prova a parlarne seriamente di quest cose si è subito aggrediti, anche in modo verbalmente violento, mistificati e in ultima analisi emarginati. In pratica è la logica che è in voga oggi, se critichi il sistema vuol dire che ne sei nemico e se non sei un sovversivo, come minimo sei un invidioso (de che? visto che sono solo un appassionato del genere?). Caro Pierre, io, e credo anche Gianni in modo molto più competente e professionale del mio, in molti modi abbiamo dato il ns contributo su diversi blog e forum, con il risultasto di essere spesso coperti di insulti a più riprese quando si toccano certi argomenti, come questo. In realtà viviamo in un paese in cui, in generale, non si sopporta più, non dico la critica, ma nemmeno lo scambio dialettico. Dà semplicemente fastidio a chi ha come unico reale obiettivo, al di là di certe apparenze, il proprio interesse e la conservazione perenne dello stesso. Che si tratti di cultura, arte, jazz, appalti o quant'altro, poco importa. Importa solo la accondiscendenza e il conformarsi allo status quo. Tutto il resto è irrilevante o da eliminare. In questo sta a mio avviso il profondo processo di imbarbarimento e di sottrazione di libertà cui il ns paese è soggetto ormai da tempo. Avviso ai naviganti del pdl, tanto per chiarire: non sono comunista e nemmeno del pd meno l... cerco di ragionare con la mia testa, giusta o sbagliata che sia, e se è possibile, bontà vostra...
 
     
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Gianni M. Gualberto il 03/01/10 alle 17:55 via WEB
Ma sì, sono d'accordo. Il riferimento che facevo è a Rava nel panorama italo-europeo, sebbene possa capire una sua certa popolarità di nicchia anche negli Stati Uniti: d'altronde, l'influenza di Davis, Booker Little e Don Cherry è facilmente avvertibile. E' quello, d'altronde, che rende Rava un fenomeno unico nella nostra "cultura" improvvisativa: il coraggio, cioè, di essersi misurato in altri contesti e non nelle rassicuranti culle di casa o del continente. E' quello che rende Rava diverso, ad esempio, da Paolo Fresu (a quando un acuto? Non per fatto estetico, ma per pura rassicurazione di non vivere profittevolmente nel solito porto delle nebbie), sempre più un epigono maggiormente aggraziato e scaltro, ma ben meno avventuroso, di Jon Hassell. Sì, per carità, a toccare certi simboli patrii oggi si rischia di offendere labili sensibilità esulcerate e certamente non si entra nelle grazie dei profondi pensatori che complilano il Top Jazz con la certosina fantasia di un esattore delle tasse o di un furbo impiegato del Catasto, ma tant'è... Il problema del jazz italiano è che i musicisti migliori non si vedono e non si sentono, soprattutto se non fanno parte di certe cricche, cosche e camarille, delle quali il Top Jazz serve a certificare la buona e soffocante salute.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
sergio pasquandrea il 28/12/09 alle 22:57 via WEB
Forse non sta tanto bene nemmeno la critica, se è per questo.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 29/12/09 alle 14:24 via WEB
Non so cosa s'intenda per critica; in Italia non vi è musicologia africana-americana (salverei solo Vincenzo Caporaletti e nessun altro), sul resto non commento; d'altronde, collaborando a delle pubblicazioni, mi parrebbe di essere nei panni del bue che dà del cornuto all'asino. Mi astengo perciò da giudizi specifici, non sono nella posizione adatta e non amo i conflitti d'interesse. Ho, evidentemente le mie idee: dovessero mai interessare i posteri, cosa di cui dubito, stenderò le mie memorie...
 
Billieholiday
Billieholiday il 30/12/09 alle 12:51 via WEB
A mio modestissimo parere credo che, l'informazione musicale in Italia, funzioni un po' come tutta l'altra (informazione). Forse per pigrizia o forse per chissà quale altro motivo, si gira sempre intorno agli stessi artisti. Ma credo anche che il fruitore estimatore di questo genere, come per ogni altro ambito, che sia politica o cronaca, debba fare uno sforzo e non demandare "solo" all'informazione, la propria cultura. Io credo che il jazz italiano e non, non stia poi così male, potrei citare ad esempio giovani musicisti valenti, interessanti come Giovanni Guidi, Mauro Ottolini, Claudio Filippini per restare in ambito nazionale. Basta soltanto, forse, cercare meglio. Tutto qui.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 30/12/09 alle 21:46 via WEB
Siamo d'accordo che la conoscenza si costruisce anche con la propria iniziativa, altrimenti basterebbero scuola, università e varie pubblicazioni più o meno amene. Questo non giustifica lo stato comatoso di certa informazione né il suo rapporto piuttosto opinabile con realtà i cui interessi non coincidono necessariamente con la "libera" informazione. Nel mondo della musica (e non solo, certo, ma limitiamoci a un'unica realtà) i rapporti fra critica, informazione e mondo produttivo sono tutt'altro che limpidi: dalla Scala a Umbria Jazz, dal Parco della Musica a MITO e a molte altre realtà sparse, v'è una rete di cointeressenze, misere o meno, che getta un'ombra sulla limpidezza e la correttezza dell'informazione stessa. Questa è la matassa da districare, ben prima di compiere voli pindarici sul ruolo o meno della critica e dell'informazione.
 
Billieholiday
Billieholiday il 30/12/09 alle 12:55 via WEB
A tale proposito mi permetto di segnalare due lavori che mi sono piaciuti: "Current Views" di Roberto Magris e "Around Jimi" di Giovanni Falzone, di prossima uscita. Entrambi per Camjazz (magari sono anche di parte :-))
 
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mario il 04/01/10 alle 18:43 via WEB
Riccardo dovrebbe però spiegare se definire Rava " uno dei trombettisti più sopravvalutati della storia del jazz per i suoi fin troppi limiti tecnici e non solo" oppure " artistista artisticamente esausto"senza produrre uno straccio di motivazione, di analisi ,rappresenta un " normale scambio dialettico" Grazie PS Con " non solo" a cosa si riferisce ?
 
 
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riccardo il 06/01/10 alle 11:43 via WEB
Fare analisi tecniche su un blog non è la sede opportuna. Se volete venite a fare un giro a Bergamo che vi metto qualche suo disco con qualche suo assolo e vi commento nel dettaglio i suoi pregi e i suoi limiti, ma di fatto non sono io che devo spiegare, anzi è esattamente il contrario. Sono i sotenitori acritici di Rava che dovrebbero spiegare, nell'ordine: quali sono i capolavori discografici di Rava che meriterebbero di entrare nella storia del jazz (visto che ormai è trattato come un grandissimo), quali trombettisti ha influenzato in ambito internazionale, quale nuova musica ha prodotto, farmi un nome di un trombettista noto della storia del jazz tecnicamente più carente di lui, particolarmente sul piano ritmico e del fraseggio, perché un suo fruitore medio da sala da concerto ha tutti i suoi dischi e nemmeno sa chi sia Woody Shaw e forse nemmeno si ricorda l'ultima volta che ha ascoltato un disco di Gillespie o Louis Armstrong, perché qui a Bergamo suona al festival un anno si e quello dopo pure a pari merito con l'icona Trovesi? Cos'è? Il Jazz si è fermato ad Eboli? Dai ragazzi, manteniamo il senso delle proporzioni, perché se c'è qualcuno che sta esagerando quello non sono certo io. Saluti e alla prox.
 
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riccardo il 06/01/10 alle 13:24 via WEB
Per inciso, nel suo ultimo "New York days" suona un mucchio di pezzi vecchi e tra l'altro molto più riusciti in dischi di undici anni fa come ad esempio in "Rava plays Rava", che è una specie di summa delle sue migliori composizioni e che ai tempi meritava davvero un premio, ma siccome non c'era ECM da sponsorizzare allora... Più che artisticamente esasusto direi consunto e tristemente ripetitivo. Certe cose e certi buoni prodotti si facevano già in Italia senza aspettare la grancassa dell'ECM che è diventata una specie di marchio di qualità e di consacrazione a priori, ma non è così. Ma non siete stufi di sentire la duecentesima versione di "Certi angoli segreti"? Del resto, cosa vi aspettate di un musicista di 70 anni? Che dia ora il meglio? E' storicamente contraddittorio, nessun musicista della storia del jazz ha dato il max creativo a quest'età. Suona sempre le stesse cose, allo stesso modo, sempre rigorosamente a tempi lenti o medi, perché non è in grado di affrontare decentemente un brano a tempi fast per i noti problemi tecnici. Basta ascoltarlo in quelle rare occsioni che lo fa per rendersene conto. Il suo melodismo senza l'adeguato approccio ritmico (ha serissimi problemi sul tempo e di fraseggio, se aprite bene le orecchie, che si manifesta proprio in brani medium fast o fast che lui si guarda bene dal suonare perché non è fesso) non ha alcunché di jazzistico. E' solo un o' meglio di Nini Rosso. Per il mio gusto jazzistico suonare melodia senza adeguato approccio ritmico e di pronuncia è poco interessante e comunque alla lunga stancante. Niente a che vedere strumentisticamente con Davis che certo non aveva problemi sul tempo, anche se aveva talvolta incertezze tecniche. Vi piace? bene? Per voi e per i gestori dei premi è il massimo? Bene. Per me e molti altri di mia conoscenza è il minimo. Poco male...saluti.
 
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mario il 06/01/10 alle 23:06 via WEB
Riccardo Facchi , nel giudicare i musicisti che non ama, suole dire che si trovano a malpartito sui fast. Lo afferma per Rava e qualche anno fa , in un post da lui firmato, condannò anche Bollani reo,a suo parere, di "arrancare sui fast". Mi è rimasto impresso questo giudizio,allora espresso, perchè qualsiasi persona che abbia un pò di orecchio, può dire tutto di Bollani ,tranne che si trovi in difficoltà sui tempi veloci. Quindi,mi spiace per lui, ma i suoi giudizi mi sembrano campati per aria ed io non li tengo assolutamente in considerazione.
 
 
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riccardo il 07/01/10 alle 14:24 via WEB
Come dicevo non ho la pretesa della condivisione delle mie opinioni. Quello che però tollero male è che mi si mettano in bocca pensieri o parole che non ho mai minimamente concepito, specie in modo così rozzo generico e privo di serie argomentazioni. Mario (Fragiacomo forse?) ha il difetto consolidato di mettere in bocca cose mai dette, in particolare quelle su Bollani, che non mi sognerei mai di dire, anche perché mettere insieme i problemi di Bollani con quelli di Rava è da sprovveduti autentici, poiché Bollani non ha alcun problema tecnico e di fraseggio di nessun genere, ceto non quelli di Rava. Spiace che, come al solito, quando non si hanno seri argomenti da controbattere (che ne dici per esempio di rispondere alle domande che ho fatto?) si tenti come sempre di mistificare e di deleggittimare la controparte in modo spesso patetico. Tecnica ben consolidata e ben nota del resto. Peraltro che si tenga conto o meno dei miei giudizi o delle mie osservazioni è un problema che non mi pongo, perché come ho già detto ognuno è libero di apprezzare ciò che vuole e di farsi le proprie icone di cartapesta che meglio desidera. Del resto anch'io me ne frego altamente della disinformazione che circola in merito al jazz, sul jazz italiano in particolare, e dei vari Top Jazz, dell'ambientino intellettualmente bolso e ormai decrepito che circola in Italia e di cui le scelte immutabili del Top Jazz ne sono la chiara rappresentazione, e lo faccio da decenni migliorando continuamente le mie conoscenze in ambito jazzistico grazie a questa preziosa scelta. Cordialità.
 
danilofabbroni
danilofabbroni il 12/01/10 alle 13:07 via WEB
...la sola cosa buona del Top Jazz è il premio a Dado Moroni...il resto è solo NOIA!.....Il fatto è che Rava, Fresu e Bollani fanno del "jazz leggero", anodino, omnicomprensivo 8un frullato di tutto e niente....Monteverdi, Mina, Bacharach, Miles e via di seguito...) che sa di tutto e di niente...e questo rassicura le recchie di tutti.....è tipico dei ns. tempi che si ritengono così cool e invece sono solo conformisti al 100%! avete notato che la parola conformismo è l'unica parola tabù del dopo 68'?
 
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