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ORNETTE A QUOTA 80

Post n°1458 pubblicato il 09 Marzo 2010 da pierrde

La carriera di Ornette viene lanciata da John Lewis del Modern Jazz Quartet e dal compositore Gunther Schuller, che lo fanno incidere su etichetta Contemporary insieme a Red Mitchell, Percy Heath e Shelly Manne. Le sue composizioni, forti di un senso melodico originale, entrano quasi subito nel repertorio jazz; tra i suoi pezzi più noti ricordiamo "The Blessing", "Turnaround", Rejoicing", "Blues Connotation", "911" e "Song X"; il suo solismo al sax alto, sghembo e di strana intonazione, sempre alla ricerca di una sua propria "voce umana", convince invece meno il pubblico e la critica più tradizionali ma anche molti musicisti suoi contemporanei. Passa all'Atlantic che lo fa collaborare con Eric Dolphy, Freddie Hubbard, Scott LaFaro e Jimmy Garrison. I titoli dei dischi sono slogan promettenti: "Something else", "The shape of jazz to come", "Tomorrow is the question", "Free jazz".

Nel 1962 fonda un trio sperimentale con David Izenzon e Charles Moffett; dopo il celebre Town Hall concert, in cui viene anche eseguito il suo primo quartetto d'archi, si ritira dalla scena musicale per tre anni, durante i quali studia la tromba e il violino, che suona con tecniche non ortodosse. Nel 1966 l'uscita di The Empty Foxhole, con Haden e suo figlio Denardo Coleman (di soli 10 anni), viene accolta con molti dissensi. Gira l'Europa col trio, e tornato in America tenta organici diversi. Negli anni settanta fonda anche un gruppo di jazz elettrico, il Prime Time, con esiti artistici discontinui. Collabora con gli etnici Masters of Jujuka e con suonatori sardi di launeddas, oltre che con Jackie McLean (1967), Pat Metheny (1986), Jerry Garcia (1988) e Howard Shore (1991). In all languages (1987) presenta le stesse composizioni suonate dal quartetto classico e poi dal Prime Time.

Nel 1990 il Teatro Valli di Reggio Emilia, per la direzione artistica di Filippo Bianchi, gli dedica un festival monografico di tre giorni, nel corso del quale vengono eseguite sue composizioni cameristiche, Skyes of America, e si esibiscono i Prime Time e il quartetto con Don Cherry, Charlie Haden e Billy Higgins. Negli anni '90 suona in quartetto con Geri Allen e in duo con Joachim Kuhn, e nel 2000 incontra Lee Konitz sul palcoscenico di Umbria Jazz. Nel 2003 e nel 2007 torna all'Umbria Jazz con due applauditissimi concerti all'Arena Giuliana. Fonte : Wikipedia

Le note scritte per Wikipedia non mettono in giusta luce l'apporto straordinario di Coleman e la sua originalità espressiva nell'ambito della storia della musica afro-americana. Contrastato e criticato fin dal suo apparire, la carriera di Ornette è una sequenza cronologica e coerente della sua idea musicale: dal quartetto storico fino al Prime Time, e negli ultimi anni il quartetto con i due bassi, ciò che la musica esprime è una idea profonda, un suono del sax straziante e venato di blues, dei temi dal sapore boppistico costituiti da pochi accordi di grande musicalità, spesso  reiterati e parzialmente sommersi da una torrenziale vena improvvisativa. Oggi Ornette compie 80 anni, e per quanto la sua massima stagione creativa sia alle spalle, rimane uno dei grandi vecchi ancora in vita ad essere tutt'ora sulla scena con capacità di stupire ancora e di rinnovarsi continuamente nel solco della sua progettualità espressiva.

Ho avuto la possibilità di vedere Coleman in concerto moltissime volte: dallo straordinario quartetto con Don Cherry, Charlie Haden e Ed Blackwell fino all'ultimo quartetto con doppio basso. Nei miei ricordi rimane straordinaria la serata milanese di oltre vent'anni fa quando Ornette si esibi in due set  con lo stesso repertorio ma in differenti formazioni. Era appena uscito l'album In All Language, due dischi che vedevano all'opera il quartetto classico nel primo ed il Prime Time nel secondo. Ascoltare brani come Latin Genetic prima in versione acustica e poi in quella elettrica mi convinsero che la musica di Ornette non cambiava in qualsiasi contesto venisse espressa, e se la mia preferenza iniziale andave verso il quartetto, l'ascolto del concerto mi convinse appieno sulla validità del gruppo elettrico, meno dotato dal punto di vista del talento individuale ma indubbiamente perfettamente calibrato per la musica di Coleman.

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