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I FESTIVAL ITALIANI

Post n°1519 pubblicato il 03 Giugno 2010 da pierrde



Con l'uscita del mensile Musica Jazz ecco delinearsi l'estate festivaliera italiana nel suo complesso. Nonostante le unghiate della recessione la buona parte delle rassegne è comunque riuscita ad allestire il proprio cartellone e, come ormai d'uso negli ultimi anni, l'intera penisola sarà investita da concerti di ogni genere ed ordine. Spicca per importanza, mole e quantità di musica concentrata in pochi giorni il festival italiano per eccenza, Umbria Jazz. All'interno del cartellone si possono delineare molti percorsi, adatti a tutti i gusti e, fortunatamente, interessanti anche per chi vuole ascoltare qualcosa di diverso dalle banalità commerciali di cui comunque il festival è infarcito. Dei problemi che Umbria Jazz si porta appresso ho parlato diverse volte; mi è parso di capire anche dagli interventi di addetti ai lavori che la trasformazione in un enorme raccoglitore in cui sfavillano stelle del pop accanto ai giganti del jazz sia un processo irreversibile e dettato in parte se non sopratutto da chi controlla i cordoni della borsa. Persa l'aurea idealista (o ideologica ?) di ricerca e di sperimentazione non mi rimane che sperare che comunque il festival mantenga aperti spazi cospicui verso il jazz, magari provando a rinnovare nomi che, se si vanno a spluciare i programmi degli ultimi dieci anni, sono praticamente immutabili.

Nello scorrere i nomi dei moltissimi altri festivals balzano all'occhio poche ma evidenti considerazioni:

 1) nella quasi totalità dei casi non c'è un progetto o una traccia di qualsivoglia percorso, bensi' un affastellamento di musicisti dettato evidentemente più dalle agenzie e dalle occasioni che non da una logica. Cosicchè è possibile ascoltare più o meno le stesse cose dal Veneto alla Sardegna
 2) mediamente l'impostazione generale è univoca: molti musicisti italiani, un cocktail tra i migliori americani di passaggio e qualche idea più o meno riuscita che si affaccia verso altri generi 
3) manca in questa programmazione estiva in maniera evidente uno o più festival di tendenza, per intenderci un equivalente italiano di proposte tipo Willisau (Svizzera), Saalfelden (Austria) o Moers (Germania). L'unico festival che si avvicina all'avanguardia parrebbe essere Sant'Anna Arresi, dedicato alla memoria di Albert Ayler, ma ancora il programma non è interamente definito  

Fatte queste premesse ne deriva che è difficile misurare lo stato effettivo dell'interesse e della capacità di attrazione della musica afro-americana nel nostro paese: sicuramente Perugia farà l'en plein, ma sappiamo benissimo in che modo e con quali compromessi, basti pensare che la scorsa edizione vedeva regolarmente disertata dal pubblico la migliore proposta musicale assoluta (George Lewis ed i musicisti AACM). 

Altri festival vedranno, come purtroppo succede troppo spesso, una partecipazione di pubblico inversamente proporzionale rispetto al valore artistico delle proposte, pregiudicandone la continuità e la motivazione da parte degli organizzatori. 

Alla fine quasi tutti stileranno bilanci positivi, qualcuno anche entusiastici, ma sarà vera gloria ?

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Commenti al Post:
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donatogue il 08/06/10 alle 22:48 via WEB
Condivido pienamente lo spirito dell'articolo; il problema del cartellone "come capita capita" e quello della contaminazione non troppo fertile sono purtroppo largamente diffusi. Nel panorama dei musicisti italiani, percepisco anche il monopolio degli "onnipresenti", ma anche l'ostilità nei loro confronti delle giovani leve che hanno poco spazio per emergere. E' stato piacevole trovare una mia foto da Otranto Jazz Festival 2009 a corredare l'articolo sui festival italiani.
 
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