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ANCORA SU BRASS BANG AD AMBRIA JAZZ

Post n°1571 pubblicato il 02 Agosto 2010 da pierrde

L'eco del concerto si è appena attutito, ma il ricordo è ancora vivo. Ne approfitto allora per qualche considerazione: l'esibizione di Fresu-Bernstain-Petrella e Rojas concludeva una mini tournè tutta italiana di undici giorni. L'affiatamento era dunque calibrato, testimoniato anche da alcune composizioni scritte appositamente per il gruppo da Paolo. Del Brass Bang mi ha impressionato la capacità di passare da una situazione all'altra con eguale pertinenza: musica swingante, brani dal sapore cameristico, ballate popolari, canzoni famose. Con gusto, classe e tecnica debordante senza per questo diventare un concerto di virtuosi che si rubano la scena l'un l'altro. Mai più centrato il ricordo che ha tracciato Fresu di Lester Bowie e del suo meraviglioso Brass Fantasy, gruppo che ha luminosamente segnato molte notti perugine di Umbria Jazz. Nessuna parentela però con il Brass Bang, estremamente diversi personaggi e approcci: la dove Lester Bowie disegnava traettorie esplosive e ritmicamente impareggiabili, perfettamente inserito nel filone della grande musica nera, il quartetto italo-americano ricerca armonie e melodie in punta di fioretto, sfuggendo a clichè e a situazioni troppo definibili.

Se critica debbo ricercare la potrei individuare in un utilizzo a tratti ridondante di alcune situazioni create dall'elettronica. Cose che in una esibizione live ci possono stare, e che sicuramente, se il progetto approderà in sala di incisione, verranno corrette e prosciugate da un produttore attento. 
Vista la notevole affluenza di pubblico mi rimane la curiosità sul perchè l'evento non si sia svolto nella attigua Piazza Garibaldi, poche decine di metri a fianco con un grande palco già pronto. 
A Giovanni Busetto (al centro nella foto), instancabile progettista di Ambria Jazz, mi piacerebbe anche chiedere spiegazione di quale impossibile perversione l'abbia convinto a fare aprire la serata ad un gruppo tanto estroverso quanto simpaticamente indecente. Credo che la formula di Ambria sia molto interessante: un festival itinerante, senza punti di appoggio fissi ma in continuo divenire con realtà territoriali diverse. Allora, fermo restando il giusto interesse ed appoggio per i musicisti locali, non sarebbe più auspicabile per il futuro puntare di più sulla qualità e lasciar perdere la quantità ?  

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Commenti al Post:
sandbar
sandbar il 05/08/10 alle 21:26 via WEB
Caro Pierrde, ti invio per un confronto di impressioni,questo mio pezzo sul concerto genovese della Brass Bang, scritto per il magazine web cittadino "Mentelocale". A proposito, complimenti per il blog, è uno dei miei riferimenti jazzofili. Andrea Baroni “A spasso nell’ubiquità” .Rubo un verso a Vinicio Capossela per descrivere il concerto della Brass Bang, proposto in anteprima dal festival Gezmataz al Porto antico venerdì sera. Un “bang di ottoni”, con quattro eccellenti solisti , Paolo Fresu e Steven Bernstein, leader dei Sex Mob alle trombe., Gianluca Petrella al trombone e Marcus Rojas al basso tuba , riuniti in un progetto nato fra Berchidda e Bolzano all’insegna dell’eclettismo, dell’ironia e della sperimentazione. Nelle due ore di concerto , non a caso aperto da un omaggio al grande Lester Bowie , forse una sorta di nume ispiratore del gruppo, la road map del quartetto ha toccato le mete più distanti: da composizioni originali oscillanti fra contemporanea e free jazz a “Moon river” di Henry Mancini/Johnny Mercer, restituita in una splendida veste adornata da una introduzione originale, da pezzi che richiamano le marching band alla sperimentazione pura . A metà concerto un lungo raga si trasforma in “As tears go by “ , mentre il bis è affidato ad una versione di “Guarda che luna”, in un cielo costellato di stelle elettroniche. C’è ironia, c’è poesia, ma anche un approccio composito in cui ognuno dei quattro, in un continuo gioco di scambi, rappresenta un’identità e contribuisce con contributi ben individuabili : Fresu è la voce lirica, Petrella lo sperimentatore , Bernstein preme il registro dell’espressività più istintiva e Rojas , diviso fra l’impegnativo basso tuba e alcune percussioni, lo spirito libero a cui sono affidate anche alcune incursioni vocali. Ma il gioco è spesso mescolato e le carte a seconda dei brani sono distribuite in modo diverso. Lo sfondo del palco popolato dai passaggi costanti dei traghetti vacanzieri ha fornito un elemento in più per giocare con i timbri degli strumenti a fiato emulando di tanto in tanto il suono della sirena navale, mentre, per ricalcare l’atmosfera fra gioco e poesia della serata, molto suggestiva è l’idea di introdurre la musica con una registrazione sovrapposta nella quale ognuno dei quattro, nella propria lingua madre, dialetti inclusi, racconta i primi approcci con lo strumento scelto. A ribadire come nel jazz quello che conta è sviluppare e poi condividere il proprio linguaggio.
 
 
pierrde
pierrde il 06/08/10 alle 22:09 via WEB
Caro Andrea, leggo una comunanza di impressioni ed una visione complessiva molto simile. Daltronde si tratta di due concerti della stessa tournè e a distanza di pochi giorni, difficile "vedere" differenze estreme. Ti ringrazio per gli apprezzamenti, ciao Roberto
 
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