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Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Post n°3936 pubblicato il 26 Marzo 2015 da pierrde
Cari amici, oggi ero in macchina e tra un semaforo e l'altro ho fatto alcune considerazioni su ciò che è successo al Jazz negli ultimi anni, soprattutto dopo essere andato a curiosare su YouTube e dopo aver assistito a migliaia di concerti in tutti questi anni. Noto sempre di più che oggi i jazzisti, prevalentemente gli europei ma anche parecchi artisti di oltreoceano, salgono sul palco comunicando una tristezza infinita...procedono verso il proprio strumento come se andassero al patibolo, sorridono pochissimo, vestiti da viaggiatori notturni bloccati in qualche stazione del Nord - Europa e spesso, seppur in molti casi dotati di grande talento, suonano una musica volutamente arzigogolata e complessa senza concedere neppur un pelo di mosca agli ascoltatori. Finito il concerto lasciano la scena con visi grigi e lunghi e se vengono richiamati per un bis si riavvicinano al palco con grande rassegnazione. Poi naturalmente ci sono le eccezioni ma personalmente mi sembra che il trend sia grosso modo questo. E penso a tutti quei grandi artisti e straordinari comunicatori che hanno fatto la storia del Jazz, da Louis Armstrong a Dizzy Gillespie, da Roy Eldridge a Clark Terry, da Fats Waller a Duke, a Count Basie, Oscar Peterson, Erroll Garner, Ella Fitzgerald, James Moody, John Lewis, Dave Brubeck, Phil Woods, Dexter Gordon, Cannonball etc. etc. senza che però MAI fossero scalfiti o annacquati i valori artistici della musica. Penso al grande Clark Terry che ci ha appena lasciati...fino ad un minuto prima di suonare giù a ridere e scherzare come un pazzo poi, non appena la musica iniziava diventava tutto serio e concentrato. E la musica viaggiava... E così Dizzy e perfino Hancock e Chick Corea che sono di un'altra generazione. Comunicare non significa prostituirsi, significa cercare un punto d'incontro tra ciò che sentiamo di voler fare dal profondo del nostro cuore e ciò che il pubblico potrebbe comprendere e gradire. Noi non possiamo salire sul palco pensando che non ce ne frega nulla del pubblico e suonando cose incomprensibili, senza swing "perchè é ormai obsoleto", senza un minimo di riferimento che possa essere il punto di contatto comune. Semmai dovremmo cercare con classe e garbo ( e arte ) di prender per mano i nostri amici ascoltatori che ci sostengono e pian piano farci accompagnare nel nostro e loro cammino. Confesso che se fossi un teenager oggi, tra concerti dal vivo e registrazioni che dovessi ascoltare, probabilmente il Jazz non mi attirerebbe come invece fece all'epoca dove lo swing, la gioia, i sorrisi e, perchè no, anche i pianti mi coinvolsero al mille per mille. Perfino musicisti dalla personalità complessa, a volte malinconica e a volte ricca di humor nero come Billie Holiday, Parker, Bill Evans, Monk e Coltrane mi colpirono semplicemente perchè comunicavano emozioni VERE e non imparate alla scuola di Jazz. Una volta un vecchio musicista free afroamericano, conosciuto nell East Village, di cui purtroppo non ricordo il nome...forse era Dennis Charles, il batterista di Cecil Taylor ma non ne sono sicuro, mi disse : "se non te ne frega nulla di chi ti viene ad ascoltare, paga il biglietto...e ti aiuta a pagare l'affitto ( gran risata ), allora stattene a casa tua a far pernacchie sul tuo strumento e cercati un lavoro alle poste. Ma nel momento in cui tu esci di casa per far sentire la tua voce, allora devi accettare che sei anche un educatore e hai la responsabilità di far comprendere il tuo messaggio al pubblico!" Wow! What a lesson! Magari non ve ne fregherà nulla ma ve lo dico comunque: Fate ciò che volete ma non dimenticatevi lo swing ( che non significa suonare swing! ), il groove e qualche sorriso in più. E poi, detto da un genovese, non vi costa quasi nulla! Dado Moroni Fonte: pagina Facebook del Dado Moroni Fans Club |
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