Mondo Jazz
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IL JAZZ SU RADIOTRE
martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
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batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Non so se arruolare o meno il personaggio di Willie Dixon nella “banda” –a me cara- degli outsiders, giacchè lui di fatto lo è e non lo è, allo stesso tempo. Questo Dixon l’ho scoperto (devo dire il vero di recentissimo), con una “passata” veloce da Buscemi, lo storico negozio milanese di musica, ove campeggiava un bel vinile colla copertina in bianco nero appunto di Willie.
Debbo confessare la mia estrema ignoranza del caso: per me, Dixon, era una carneade qualsiasi. Ho preso il disco perché la sirena contrabbasso mi attirava e lo strumento, appunto, in bella mostra sulla copertina m’aveva dato il suo passepartout per l’acquisto. Invero il disco non m’era piaciuto un granché: un blues annacquato molto di rhythm and blues di non eccelsa grana. Ma una scandagliata -al solito- su youtube mi ha permesso invece di togliermi i veli di cipolla davanti agli occhi e farmi capire la grandezza dell’uomo.
Un horse d’oeuvre che spiega la caratura dell’uomo lo potete degustare in questi spezzoni dove esegue “Bassology” e “I’m nervous”. Poche note, sapienti e centellinate a dismisura, ma cantabilità da vendere e genuinità al 100%, tanto per dimostrare, se ce ne fosse bisogno, che non tocca esser super tecnici allo strumento per essere comunicativi e toccarti il cuore. Pur se Willie, dimostra andando a capotasto collo strumento (quando la mano sinistra lascia per così dire il manico della tastiera e si situa a pigiar le corde sulla zona del corpo dello strumento) che tanto sprovveduto e grezzo non lo è affatto, anche nella tecnica strumentale.
Dicevo: outsider o no? Beh, un po’ l’uno e un po’ l’altro. Nato nel 1915, persona di colore nel Mississippi, certo è che non ha avuto vita facile, e si è fatto largo a suon di sventole…con una stazza di 120 kg. per quasi 2 metri di altezza, tanto bravo nel boxare, ah! La noble art!, che finì per diventare anche sparring partner del mitico Joe Louis e vinse tornei nazionali.
A un certo puntò mollò tutto in lite col suo manager, e si dedicò alla musica finendo, cantando, componendo, suonando contrabbasso e chitarra e producendo musica, tanto da vincere un Grammy ed essere la pietra miliare e generatrice per molto rock and roll. Fu l’alfiere del Chicago blues , tassello portante della Chess records degli anni cinquanta, e suoi brani furono in bocca ad Howlin’ Wolf quanto a Muddy Waters ed altri geni della “triste e blue song”.
Ad un certo punto, purtroppo, la vita li volse le spalle ed a causa di un malevolo diabete dovette subire l’amputazione di un arto: da lì inizio la sua discesa fino alla scomparsa che risale al ’92. Che Dio l’abbia in pace.
Post a cura di Danilo
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