Mondo Jazz
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IL JAZZ SU RADIOTRE
martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30
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JAZZ & WINE OF PEACE
Pipe Dream
violoncello, voce, Hank Roberts
pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig
trombone, Filippo Vignato
vibrafono, Pasquale Mirra
batteria, Zeno De Rossi
Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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Stiamo parlando dell'industria discografica che, almeno a sentire Ernesto Assante sulla Repubblica del 20 gennaio, dichiara finita la guerra al downloading illegale con una solenne sconfitta:
"Basta fare guerra a chi scarica la musica su Internet. Mandarli in galera non ci farà guadagnare un solo dollaro in più. L'industria deve dare ai consumatori quello che vogliono, in maniera legittima, assicurandosi che gli artisti, i compositori e le case discografiche siano pagate".
"Dopo dieci anni di inutili battaglie legali, dopo aver fatto chiudere decine di siti di file sharing illegale e combattuto una infruttuosa guerra ai "pirati", l'industria discografica ha ufficialmente annunciato la fine di un'era e l'inizio di una strategia nuova. Visto che il file sharing non può essere combattuto, visto che la musica gratis è una realtà incontrovertibile, "meglio adattarci a questa realtà", dice ancora Sharkey, "Il 2009 sarà l'anno in cui l'industria della musica smetterà di preoccuparsi e imparerà ad amare la bomba. Il file sharing on line va trasformato in un opportunità, in una fonte di ricavi".
"Se potessimo avere una licenza in grado di far pagare a chi si connette a Internet un solo euro al mese per poter scaricare liberamente la musica, l'industria potrebbe guadagnare 500 milioni di euro al mese, circa 26 miliardi di euro l'anno". Il modello è quello che dai primi anni del '900 è in vigore per le radio, che consentono di ascoltare musica gratis, ma che pagano una licenza per poterlo fare. "Alla fine di tutto quello che conta è la musica", tiene a sottolineare Feargal Sharkey, "e dobbiamo tornare a pensare alla musica prima di tutto".
Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, anche se non ho letto una sola riga di autocritica per i prezzi assurdi imposti per decenni, vero boomerang della vicenda. A mio parere le case discografiche hanno poco tempo per sfuggire al disastro completo: questo pare che l'abbiano recepito, ora bisogna vedere se sapranno adeguarsi velocemente e con profitto alle nuove realtà. Intanto, magari, sarebbe il caso di far scendere un poco i prezzi. Non parlo naturalmente delle piccole etichette nate dalla passione di qualche sfegatato jazzofilo: le conosciamo e sappiamo quanto lavoro, dedizione e fatica si cela dietro ad ogni album prodotto. Non a caso il costo di un compact di una piccola etichetta indipendente è del 25-30 % in meno rispetto a quello di una major.
L'articolo completo su Repubblica
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Andrea Baroni
Fabio Chiarini
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Franco Riccardi
Ernesto Scurati
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