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MICHEL, PICCOLO GRANDE UOMO

Post n°1725 pubblicato il 05 Gennaio 2011 da pierrde

Undici anni fa, all'età di 37 anni, scompariva Michel Petrucciani, piccolo grande genio del pianoforte.

Colpito alla nascita dall'osteogenesi imperfetta (malattia genetica anche nota come "Sindrome delle ossa di cristallo"), Petrucciani considerava tale disagio fisico come un vantaggio, che gli permise in gioventù di dedicarsi completamente alla musica tralasciando altre "distrazioni". La malattia lo costringeva a ricorrere ad un particolare marchingegno realizzato dal padre e consistente in un parallelogramma articolato per raggiungere i pedali del pianoforte.

Impossibile dimenticare la magistrale statura tecnica, la genialità, il dominio della tastiera, il tocco inconfondibile di un grande musicista racchiuso in un piccolo corpo deforme.

Ho ascoltato e visto Michel molte volte in concerto, due sono i miei ricordi preferiti: il primo è legato ad una sua esibizione in solo a Milano, nella piazzetta del Cannone in una afosa serata ferragostana. Sembrava che i pochi rimasti in città si fossero dati appuntamento li', vista la moltitudine di appassionati accorsi. Da poco era uscito l'album in solo dedicato alle musiche di Duke Ellington ed il programma della serata prevedeva appunto la riproposizione dell'album. Concerto strepitoso, che colpiva non solo per raffinatezza ma sopratutto ed incredibilmente per potenza. Michel aveva un controllo perfetto delle mani ed arrivava nei lati più estremi della tastiera senza sforzo.

Ad Umbria Jazz nel 1996 si presento' con un gruppo comprendente il padre ed i fratelli. Tutti buoni musicisti, ma assolutamente non allo stratosferico livello di Michel, che suonò di buon grado strappando applausi a scena aperta. E al termine del concerto, mentre il pubblico tutto in piedi applaudiva, Tony Petrucciani, il padre, andò al microfono per presentare i musicisti e ringraziare. Con voce rotta dall'emozione ma carica di felicità ed orgoglio disse semplicemente: " Michel, mio figlio..." ed i Giardini del Frontone esplosero in un tripudio.

Indelebile il ricordo della prima volta che ho visto entrare sul palco Michel: era in braccio ad Aldo Romano, suo batterista nel trio a proprio nome. Lo stupore per le dimensioni fisiche di Petrucciani è durato per il tempo che Michel ha impiegato prima di mettere le mani sulla tastiera: un gigante nel corpo di un bambino. 

 

Nel libro La bellezza e l'inferno, Roberto Saviano dedica un capitolo a Michel Petrucciani ricavandone un ritratto appassionante e vivo.Ne riporto alcuni passaggi trovati in rete:

La prima volta che tutte le sue ossa si rompono è il 28 dicembre 1962, ovvero il giorno della sua nascita. Le mani di Michel Petrucciani sono portate per la musica, ma il resto del corpo è fragile, fragilissimo. Osteogenesi imperfetta, meglio conosciuta come “ossa di cristallo”.

Il nome è terribilmente chiaro: le ossa ti si rompono come fossero di cristallo. (…) Petrucciani, l’unico pianista europeo mai entrato nelle classifiche jazz americane, non arriva ai pedali, non può aprire le braccia: deve inventarsi un modo di suonare completamente nuovo, impossibile per tutti gli altri pianisti “normali”.

Zompetta sul seggiolino e le sue dita sembrano pizzicare direttamente le corde e non che stiano suonando su una tastiera. E il miracolo avviene: il suo limite fisico gli fa superare un limite universale.(…)

Il problema alle ossa lo costringe, quando suona a una postura quasi mistica, non perché sia estasiato, ma perché ha bisogno di respirare. Nel ’93, in Umbria, era talmente in affanno mentre suonava che si interrupe e al pubblico che sembrava preoccupato chiese: “State bene?”, sciogliendo così la tensione.

Era quello il suo modo di respirare, di suonare, di vivere. Per Michel Petrucciani non c’era nota che non fosse sacrificio ma allo stesso tempo un invito a campare, un invito a vivere a pieno.

 
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