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Mondo Jazz

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A PROPOSITO DI JAZZ

Post n°1070 pubblicato il 08 Ottobre 2008 da pierrde

Lettura istruttiva quella dell'"editoriale" di Gerlando Gatto sul suo blog, al quale vi rimando a piè di pagina. Condivido ovviamente gran parte delle affermazioni, da quelle sulla "visibilità" dei musicisti italiani non dotati di un ufficio marketing alla Giovanni Allevi fino alle critiche al Top Jazz della rivista per eccellenza dell'editoria italiana, Musica Jazz. Anche quest'anno a quanto pare il referendum si svolgerà con unico soggetto il jazz italiano.

 Scelta decisamente auto-limitante, impossibile non considerare tutto quello che di buono si aggira nel globo terracqueo, e forse paradossalmente non utile nemmeno alla causa del jazz italiano. Sottrarsi al confronto con i musicisti americani ed europei per concentrarsi sull'orticello di casa nostra non rende giustizia alla effettiva grandezza del nostro folto e splendido gruppo di jazzisti. Se è assodato che gente come Gaslini o Fresu o chiunque vi possa venire in mente non ha niente di meno e tantomeno niente da invidiare ai vari Marsalis e compagnia suonando, perchè allora ghettizzarli con un referendum a senso unico ? Forse era più logico semplicemente annullare la classifica solo italiana che c'era fino a due anni fa  e comprendere i nostri musicisti e i loro album nelle classifiche complessive.  

Una ultima annotazione: Gatto annuncia il suo album italiano preferito per il 2008. Si tratta del bellissimo Pieranunzi plays Scarlatti, che anch'io ho recensito qui sul blog attribuendogli il massimo dei voti. Ma, con tutto rispetto, l'album è tanto bello quanto lontano dal jazz anche nelle accezioni più aperte e contaminate. Per me l'album italiano dell'anno è senz'altro il conturbante Suite for Tina Modotti di Francesco Bearzatti. E con questo mi sono sbilanciato, anche se il mio è parere di semplice appassionato e non comparirà sul Top Jazz.   

http://www.online-news.it/jazz/blog/comments.php?y=08&m=10&entry=entry081002-171505

 
Rispondi al commento:
pierrde
pierrde il 14/10/08 alle 19:13 via WEB
Un intervento molto stimolante e ricco di spunti, per il quale ti ringrazio sinceramente. Molti i punti sui quali condivido le tue argomentazioni, su altri probabilmente la vediamo in modo differente, ma questo non è di impedimento alcuno ad un piacevole scambio di idee. E’ indubbiamente vero che parte della critica, soprattutto quella francese, tende a “coccolare” eccessivamente i propri rampolli, non vedo un fenomeno di egual portata da noi, dove anzi, a parte i pochi che hanno raggiunto una visibilità, gli altri possono contare al massimo sul Top Jazz autarchico per riuscire a vedere il proprio nome in qualche rilievo sui media. Certo non tutto il jazz italiano è dello stesso spessore, ma complessivamente credo che il livello medio sia notevolissimo. Concordo sul fatto che certi paragoni tra musicisti di area, estrazione e culture differenti siano più “calcistici” che reali, e quindi irrealistici e mal posti ( anch’io mi faccio spesso prendere la mano come giustamente evidenzi)., A tutti credo è capitato di osservare durante festival o rassegne che mettono a confronto europei ed americani che ogni tanto i meno interessanti sono proprio gli americani. Mai mi sono annoiato nell’assistere ad un concerto di Fresu, in tutte le sue incredibili varianti di formazioni e proposte. E se dovessi scegliere tra Franco D’Andrea e Chick Corea in concerto la stessa sera in due teatri differenti, non avrei dubbio alcuno… Non voglio generalizzare naturalmente, credo però che abbiamo sofferto forse troppo a lungo di preconcetti americanocentrici. Lo dico senza spocchia e senza nessun anti-americanismo di ritorno: sono cose vecchie e per fortuna ampiamente superate. A meno di non voler dare per buona la filosofia Marsaliana, e cioè che 1) il jazz è una musica solo americana (anzi, solo nero-americana) 2) il jazz è equiparabile alla musica classica e quindi, di fatto, privo di qualsiasi ulteriore sviluppo. Roba da vecchio conservatore, anzi da quacchero incallito. Sarebbe come dire che la musica classica è solo europea, e quindi i vari Metha, Montero, Agerich, ecc., hanno sbagliato tutto , più o meno come Martial Solal, John Surman, Paul Bley, eccetera. Negare sviluppo al jazz è poi come decretarne di fatto la morte immediata, ma soprattutto negarne la storia, fatta di continui mutamenti e contaminazioni. Oggi il jazz, pur essendo una musica nero-americana, appartiene al mondo intero, esattamente come la musica classica che viene studiata e praticata in Oriente come nelle Americhe. Certamente la mia comprensione del contesto afro-americano in cui nasce Wynton è da migliorare; da parte mia non ho mai smesso di ammirarne le formidabili doti musicali, cosa che, appunto, mi riesce più difficile con le sue concezioni sulla musica (condivido, inutile dirlo, le idee del vecchio Lester Bowie !).
 
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