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GIOVANNI ALLEVI : FENOMENO O SOPRAVALUTAZIONE ?

Post n°1093 pubblicato il 04 Novembre 2008 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

Nel gestire il mio blog ho appreso da subito che il tempo va gestito al meglio. Inutile parlare di album o di musicisti che non mi convincono, meglio dedicarsi a tempo pieno alla musica  che amo. Raramente sono uscito da questa semplice regola, e quando l'ho fatto è stato sempre per puntualizzare, mai per stroncare, anche perchè la mia stroncatura fa giustamente un baffo a chicchesia.

Allevi l'ho sempre visto come un sopravalutato, ma sopratutto come un musicista che è o puo essere molte cose, ma certamente non un jazzista. D'altronde lui stesso, persona intelligente e simpatica, l'ha ribadito molte volte. Non si considera un jazzista, e certamente non c'è traccia di qualsivoglia improvvisazione nei suoi album e nemmeno nelle registrazioni dal vivo. Questo per me basta a chiudere il discorso.

Oggi mi sono imbattuto su Allaboutjazz nella recensione di Paolo Peviani dell'album Evolution. Mi sono pienamente riconosciuto nell'analisi limpida e pacata, senza furori critici e a mio giudizio molto equilibrata. Avendo anch'io ascoltato l'album in questione, mi sono trovato a meravigliarmi della incredibile pochezza musicale delle composizioni e delle orchestrazioni. Una sensazione di vacuità profonda che mi ha riportato  al concerto di Michael Nyman durante il festival di Novara  nella scorsa estate. In un mondo colmo di jazzisti misconosciuti, sottovalutati e dalle straordinarie qualità, parlare di Nyman e Allevi è solo perdere tempo. Speriamo che anche i direttori artistici dei festival italiani prima o poi arrivino alla stessa conclusione...

Leggi la recensione di Paolo Peviani

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 05/11/08 alle 09:24 via WEB
Allevi è la prosecuzione, in salsa italiana, di quel tipo di "invenzione" che il marketing ha cavato fuori di fronte alla crisi di pubblico della musica accademica, un tipo di linguaggio che, soprattutto in Italia, ha avuto valenza da status symbol presso la classe media (e non solo). Di fronte alla complessità del jazz, linguaggio oltetutto privo di titoli aristocratici e indissolubilmente legato a una tradizione extra-europea e a una concezione economica popolare, e di fronte alla popolarità diffusa ma senza costrutto del pop odierno, si è provveduto a creare un nuovo gingillo per la nuova classe media di recente arricchimento: musica semplice ma -in apparenza- ben vestita, capace di veicolare nozioni apparentemente complesse come quelle del jazz o della musica accademica ma con la levità e la digeribilità del pop. L'arte (se così si può chiamare) di Allevi (come dell'altrettanto fumoso, ma più preparato, Ludovico Einaudi) è l'arte dell'inganno, il gesto dell'illusionista che camuffa da finta fuori serie un trabiccolo per gite domenicali. Illude nella forma e nella sostanza, vuole essere oggetto, bibelot, ammennicolo decorativo da salotto, a poco prezzo ma con l'aria costosa, un volgare specchietto per le allodole che propaganda un diploma in pianoforte (titolo che sin dall'Ottocento parrebbe nobilitare chi lo porta) dalle funzioni curiosamente taumaturgiche (si sfrutta astutamente il ritardo culturale di una società provinciale, attaccata a simboli d'antan che ancora reggono di fronte al nulla): come se una laurea fosse necessariamente garanzia di qualità. Certo, un diploma di conservatorio, con un giovanotto che s'atteggia a fare la caricatura della caricatura di Einstein, fa da veicolo promozionale miracolistico. Allevi offre l'illusione della qualità accademica e, scopiazzando fra i divi del virtuosismo fine Ottocento e l'astuzia ieratica di un Keith Jarrett, produce il suo simil-rituale per una borghesia post-yuppie che s'illudeva di potersi arricchire in ogni modo e di poter pure comprare tutto a poco prezzo. Ché la musica di Allevi promette molto (e non ha nulla che possa mantenere) e, soprattutto, garantisce poca fatica. Non perché si dichiari per quello che è, cioè poca cosa, ma perché la facilità d'apprendimento è possibile solo in virtù delle capacità del Grande Taumaturgo, abile nello svelare con semplicità complessi riti misterici che, naturalmente, in altre mani farebbero fatica a essere svelati e compresi. Il Codice Penale prevede poca comprensione per i truffatori ma, non di rado, anche per i truffati. E' comprensibile: Allevi e altri come lui non potrebbero smerciare il loro gioco delle tre carte senza un'implicita volontà, da parte di certo pubblico, di essere truffato. E, attenzione: con ciò non si vuole criticare la semplicità a favore della complessità a tutti i costi, anche gratuita. Il tanto criticato minimalismo (che, comunque, ha dato i natali ad un genio come Steve Reich) ha da tempo illustrato come la semplicità possa operare ad alti livelli di complessità, ribaltando molti dei cliché socialmente razzisti delle avanguardie europee di parte del Novecento. Altresì, il mondo del song e della canzone hanno sfornato autori geniali, in grado di elaborare la semplicità (spesso genialmente tutta apparente) con risultati straordinariamente complessi. Allevi, ovviamente, nulla ha a che fare con tutto ciò: è un penoso bluff ben gestito da Paolo Scotti e Gian Mario Longoni, cui -almeno economicamente- bisogna fare i complimenti, per quanto certi investimenti e certe fatiche dovrebbero essere degni di miglior causa. Però, non confondiamo. Michael Nyman non ha nulla a che fare con Allevi. Mentre quest'ultimo mostra, pericolosamente e quasi pateticamente, di credere in quello che fa, Nyman è artista perfettamente conscio del Frankenstein commerciale, con cui egli intesse rapporti tutt'altro che ingenui. L'autore inglese è un compositore dotato di mezzi professionali e culturali non trascurabili che, furbescamente, sono stati posti al servizio delle stesse istanze che servono gli Allevi e gli Einaudi. Forse, in questo, Nyman è persino più criticabile di Allevi, perché l'autore inglese non bluffa, esercita invece un feddo cinismo da panem et circenses. Alla plebe che ha fame, Nyman concede il pane raffermo pur essendo in condizione di distribuire discrete brioche a tutti. Basti ascoltare i quartetti di Nyman, o il suo Concerto per trombone, o l'intensità di pagine come "The Fall of Icarus", per capire che quanto meno siamo di fronte a un professionista capace di dare qualcosa che, però, è evidentemente meno redditizio di altro. Il commercio di Nyman ha mezzi diversi da quelli di Allevi: quest'ultimo crede che la propria chincaglieria sia alta gioielleria, Nyman vende bigiotteria di buon artigianato, riservando il meglio del campionario per pochi, selezionati clienti. GMG
 
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