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GIOVANNI ALLEVI : CONCERTO DI NATALE AL SENATO

Post n°1120 pubblicato il 22 Dicembre 2008 da pierrde
 

E ORA LIGABUE ALLA SCALA
Sono appassionato di musica classica e ne ho scritto per anni, ma credo che a questo punto smetterò di aspettarmi ancora qualcosa dal mio Paese e dalle mie istituzioni. Il discorso è lungo, ma pietra tombale ne sarà il concerto di Natale che si terrà domani in Senato con tanto di diretta televisiva: perché protagonista, ebbene sì, ne sarà il pianista Giovanni Allevi. Ora: chi sa ha già capito. Chi non sa, e lo dico moderandomi, dovrebbe sapere che Allevi sta alla musica classica come Adriano Celentano sta alla filosofia teoretica.

Qualsiasi residuale competente, ciò che forse è estinto dalle parti del Senato, sa che stiamo parlando della versione italiana di un genere di musica minimale, facilona, da aeroporto o da ascensore, priva di elaborazione e sviluppo, qualcosa di amatissimo dagli ascoltatori da aperitivo che alla quarta nota trovano una musica già troppo difficile. Senza cattiveria: è musica pop, easy listening, una costruzione di marketing che dovrebbe ingannare i gonzi (anche se i gusti son gusti, bla bla) e però dovrebbe andare a Sanremo, non dissacrare un luogo dove hanno diretto Lorin Maazel e Riccardo Muti. A proposito: Allevi in Senato dirigerà un’orchestra. Dettaglio: ha imparato quest’anno, ma ha detto che ha studiato i grandi maestri su Youtube. Non è una battuta. Buon ascolto. (F.Facci) http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=315938#1

Far musica al Senato è stata un’emozione travolgente. Ho sentito su di me il peso della storia e della tradizione: della nostra storia repubblicana ma anche della tradizione musicale del concerto di Natale. I miei predecessori sono stati artisti importantissimi, da Accardo a Maazel a Muti, per citare solo in parte. Quindi ho vissuto questi momenti con una grande partecipazione emotiva, quasi fisica; e con un sentimento di panico, non nel senso di timore ma di forza vitale.

E subito ho avuto una sorpresa nella direzione dell’Inno d’Italia, che lì per lì poteva essere considerato per me il brano meno impegnativo tecnicamente. Invece dirigerlo in quel luogo è stato un colpo al cuore: mi ha dato la carica anche perché ho visto la fierezza sui volti dei musicisti dell’orchestra “I Virtuosi italiani”. È scattata una magia che mi dato anche la spinta per mettere tutta l’anima nell’omaggio al grande Puccini.

Ho scelto di cominciare il programma delle mie composizioni con Whisper dal ritmo in 5/4 perché rappresenta un po’ un pezzo emblematico: di rottura e al tempo stesso di continuità con il passato, e dunque il segnale di una musica che vuole parlare di questa nostra epoca tormentata ma insieme piena di slanci positivi. Il nostro tempo raccontato con gli strumenti della tradizione:l’orchestra sinfonica che si esprime secondo canoni e forme stratificate nei secoli.

Il fatto che abbia eseguito un unico pezzo per pianoforte solo, Come sei veramente, era un modo per esaltare il lavoro di gruppo, l’idea di condivisione. Non per niente nella parte centrale di Foglie di Beslan, gli archi mi hanno regalato un “pianissimo” di grande intensità. Anche questo significa la fortuna di avere vicino persone di grande talento.

So che c’è stato un incasso di 40.000 euro che andrà all’Ospedale pediatrico Bambin Gesù: io sono stato solo un pretesto di questo meraviglioso risultato. Al termine ho ricevuto con piacere i complimenti del Presidente Napolitano e delle altre autorità, ma un’altra sorpresa è venuta quando sono uscito da Palazzo Madama e ho trovato ad aspettarmi gente che aveva sentito il concerto in tv e voleva ringraziarmi. Ci ho visto, per una volta, un collegamento diretto tra il mondo delle istituzioni e la vita della gente comune. E niente poteva farmi più felice. (Giovanni Allevi)  http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=39350&sez=HOME_SPETTACOLO


 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 03/01/09 alle 20:07 via WEB
Lettera aperta a Giovanni Allevi Caro Allevi, ho studiato 7 anni di pianoforte privatamente, non ho scelto il conservatorio perché la mia vita sapevo doveva essere altro, ma mi diletto per passione alla composizione, un esercizio irrinunciabile per chiunque abbia un rapporto con la musica che porti a vederla come parte integrante del proprio essere. A differenza sua però, e forse è un mio limite, sono pronto a riconoscerlo, non ho mai voluto nemmeno tentare di estendere al pubblico (al grande pubblico) le mie note. Gli occasionali ascoltatori mi hanno dato dell’egoista, financo del narciso per il fatto di tener per me quello che compongo, a loro detta meraviglioso, ma non è per queste ragioni che sono restio, la ragione si trova nel pudore, quello che a lei evidentemente manca del tutto… Chissà, forse è lei ad aver fatto la scelta giusta, del resto i risultati sono quelli immagino da lei sperati, soldi e successo, missione compiuta… In queste righe che scriverò potrò essere tacciato di invidia, voglio chiarire subito questo punto: sì, sono invidioso, è vero, caro Allevi la invidio molto, ma non per il successo, affatto, ma per il dono che il destino le ha riservato. Un talento eccezionale che chi conosce il valore della tecnica sa quanto è prezioso, peccato che nelle sue mani tutto questo sembra del tutto sprecato… Motivo: per quanto lei si sforzi (anzi, ammesso che lo faccia) la sua produzione sembra essere davvero un grande bluff, e non bastano le standing ovation dei parlamentari caro Allevi per valorizzare la propria produzione, tenga a mente il sublime dinamico kantiano, dove tanto è maggiore la meraviglia dell’uomo tanto è basso il livello di allenamento all’occhio (orecchio) clinico, proprio di chi è in grado di analizzare gli eventi criticamente. Perché è proprio delle persone allenate che lei ha paura caro Allevi, e la sua reazione stizzita alle critiche di Uto Ughi ne sono testimonianza, ha paura che gli addetti ai lavori la smascherino, perché entrambi sappiamo benissimo (e lei sicuramente meglio di me) che le sue “sono solo canzonette” come direbbe Bennato. Ha una gran tecnica, ma da sola non basta, può incantare il grande pubblico ma non può altro. Dirà, “è quello che voglio! E’ il pubblico che mi interessa, non i soloni della musica!”, benissimo, nessuna obiezione, ma la invito a riflettere sul fatto che è il suo pubblico in realtà a prenderla in giro, o almeno, la sta aiutando a prendersi in giro da solo… Che vuol dire? Che il successo oggi è qualcosa di passeggero, di aleatorio, ne rimane traccia, ma per poco e per pochi. I suoi spettatori hanno l’unico torto di cercare ricreazione, lei gliene ha offerto un po’, loro hanno accettato, ma non l’hanno eletto a paladino del futuro musicale come lei crede, affatto! Vede, esistono tanti artisti che hanno fatto la loro più o meno grande fortuna con la loro musica, in particolare riproponendo il classico in chiave popolare, il suo collega di strumento Ludovico Einaudi, o l’ancor più noto Andrea Bocelli, ma a differenza loro lei ha preso il successo come spunto di autoaffermazione universale, ha visto nei suoi concerti gremiti una dimensione generale invece di intenderla per quello che è realmente, ovvero un microcosmo di interesse delle migliaia che esistono… Per quel che ne so folle oceaniche si accalorano ai concerti di Gigi D’Alessio, tanti se ne vedono ai quotidiani megaconcerti delle susseguentesi stars del pop-rock mondiale. Una grande virtù dell’uomo si dice essere l’umiltà, lei è un virtuoso, ma sembra di questa qualità farne tranquillamente a meno. Impari dai suoi colleghi, che hanno avuto il buongusto di riconoscere i propri limiti, che non hanno voluto vedere il loro seguito come un lasciapassare per la “hall of fame” dei grandi della musica. È la presunzione il suo più grande difetto, peggiore dell’immaturità artistica che dimostra alla sua veneranda età, cosa particolarmente grave vista la sua capacità sublimata in un redditizio “easy listening”. E questo suo atteggiamento che fa irritare gli addetti ai lavori di un settore martoriato, che di tutto ha bisogno tranne che dei fenomeni autoproclamatisi messia. Non può sorprendersi se le reazioni sono scomposte quando lei, dall’alto del suo trono di cartapesta, si sente in diritto di prendersela con “la casta” (cliché davvero troppo facile) mentre placidamente va a tener concerti istituzionali nell’aula dove vengono decretati i tagli alla cultura in un paese dove già i soldi che giravano erano pochi, pochissimi… Mio caro Allevi, si faccia un bel bagno di umiltà e, se ne ha il coraggio, sfrutti il suo talento finché è in tempo. Anonimo pianista
 
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