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CRITICI GENTILI E ULTRAS DA CURVA

Post n°1610 pubblicato il 19 Settembre 2010 da pierrde
 

Lo scambio di opinioni tra me e Sergio Pasquandrea a proposito di recensioni (vedi post Stroncature) pare sia stato clonato in tempo reale da altri jazz bloggers sulla rete. London Jazz, blog dal quale ripropongo la vignetta, si pone lo stesso interrogativo (Are jazz critics too kind ?) per giungere alle stesse conclusioni mie e di Sergio: il jazz è musica di nicchia, il compito del critico (nel mio caso, dell'appassionato) non è tanto quello di lavare panni sporchi in pubblico ma di promuovere i migliori album ed i migliori musicisti. Per i concerti o gli album meno riusciti, meglio il silenzio o in alternativa una critica motivata ma rispettosa. Sulla stessa linea Peter Bacon di Jazz Breakfast, che rifiuta l'etichetta di critico preferendo quella di recensore.


Poi naturalmente sui gusti personali è impossibile imbastire una discussione con parametri di giudizio comuni: basta leggere i quattro commenti ( cosi' a occhio ad opera della stessa persona) giunti tra sabato e domenica  su una mia recensione dell'album Maresia di Stefania Tallini di due anni fa (!). Affermare che Stefania è ottima pianista ma il jazz è altra cosa potrebbe aprire discussioni infinite: quale è allora il vero Jazz? Come stabilirne parametri e confini ? Discussioni cosi' sono vecchie almeno come la storia del jazz, e per chi voglia approfondire riporto a fine post un link sul quale dissertare. Per alcuni il jazz è morto con la fine dello swing, per altri con l'avvento del free. Di queste chiacchiere ne ho piene le tasche, per me il jazz è vivo e vitale, sicuramente molto più del rock o della musica classica che invece vivono una stasi molto evidente. Stefania è ottima pianista e pienamente inserita in quel concetto di musica jazz aperto alla contemporaneità e a tutte le sue diverse influenze. Chi pensa il contrario esprime legittimamente i propri gusti e le proprie opinioni ma, a mio parere, ha una visione limitata e parziale oltre che ingiustamente offensiva nei confronti della musicista. Credo sarebbe molto meglio esprimere la propria opinione in forma discorsiva e non come un ultras da curva.



 

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 20/09/10 alle 14:32 via WEB
Mi pare affronti due temi distinti: il ruolo odierno della critica e cosa rientri o meno nel "Jazz". Per il primo tema penso che oggi esprimere una reale funzione critica sia quasi impossibile, nel senso che in una situazione di mercato discografico in crisi nera come quello odierno la funzione critica è un lusso che non ci si può più permettere. Una critica negativa ad un atista o ad un suo disco sul quale magari le case discografiche hanno puntato (vale anche per il jazz ormai, valutando un marketing di nicchia) non è più accettata, ma direi che il problema si risolve a monte, ossia, si fa fare alla cirtica attività promozionale PRIMA di un concerto o un'uscita discografica ed è quello che succede oggi a mio modo di vedere. A mio avviso la critica non esiste più, nel senso che noi intendiamo o se esiste viene messa in condizioni di non nuocere. Anche giornalisti musicali e critici devono campare in qualche modo e ben si sa che una critica negativa è vista come fumo negli occhi, specie tra i ns permalosissimi jazzisti italiani. Qualcuno mi sa spiegare, ad esempio, perché praticamente l'intero catalogo ECM è approvato dalla critica o comunque mai stroncato? E' davvero così interessante jazzisticamente (e non? Una spiegazione da trovare non è così difficile. Le stroncature oggi le puoi leggere solitamente e solamente, specie dalla critica ideologizzata nostrana di cui abbiamo parlato, per grandi musicisti di successo che solitamente non sono sfiorate dalla critica, tipo Jarrett ad esempio, che gode di riscontro positivo idipendentemente dalla critica, la stessa che negli anni '70 bollava Davis di essersi svenduto e che oggi, magari approva. Anche perché parlar bene di chi ha già successo per proprio conto non "qualifica" un critico, molto meglio parlar bene di qualche signor nessuno, fa più figo... Quanto a cosa sia oggi definibile come jazz, si possono fare lunghi discorsi che credo portino solo a maggior confusione. per quel che mi riguarda può essere musicalmente anche questione poco rilevante, ma in sintesi segnalo che il jazz ha un suo canone ben definito e in particolare ha peculiarità ritmiche e di pronuncia ben precise, a mio avviso irrinunciabili, trasversalmente agli stili e alle varie proposte, non necessariamente legate alla presenza di swing. Per farmi capire con un semplice esempio,apparentemente paradossale, ma solo apparentemente, a mio modo di vedere c'è più jazz in Stevie Wonder che canta Overjoyed (concerto live a NYC del 1975, se non erro) o in Sinatra che canta "I've got you under my skin", che in tutta la recente produzione ECM di Rava, ma immagino che i più non saranno d'accordo (e non li invidio...). Saluti
 
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