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Mondo Jazz

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BLOG, OPINIONI E CRITICHE

Post n°1880 pubblicato il 29 Giugno 2011 da pierrde
 

Il blog è uno spazio modesto e limitato, frutto del lavoro non di una redazione ma di un singolo appassionato, ma, a differenza dei portali ricchi di notizie, recensioni ed interviste, offre una opportunità unica che gli altri non hanno: il confronto diretto tra musicisti, operatori e pubblico.

Più che alle risorse e all'abilità del blogger spetta al commentatore cogliere queste possibilità traducendole in dibattito e ai musicisti o ai direttori artistici intervenire dando spessore e qualità.

Non sempre succede, spesso i commenti sono poco più che battute, oppure quando qualcuno ci prova tutto cade rapidamente nel vuoto e nel silenzio. Ogni tanto si innescano polemiche che il più delle volte non spostano di un millimetro le posizioni iniziali dei duellanti.

Mi auguro non sia questo il caso nella discussione che vede al centro le scelte artistiche del Festival di Clusone. Le critiche di Riccardo possono essere condivisibili, oppure no, ma credo a questo punto che sia necessaria una risposta argomentata. Diversamente meglio il silenzio.

Testa avrebbe potuto tranquillamente ignorare la polemica, come appunto è prassi di festival anche più famosi.  Mai criticati dai portali dedicati al jazz e nemmeno dai magazine specialistici ma, anzi,  ricoperti di entusiastici e acritici apprezzamenti da tutti i media indistintamente.

Difficile infatti leggere valutazioni negative sulla stampa o in rete: come sempre, e come succede anche all'estero, solo leggendo tra le righe dei magazine oppure  parlando con appassionati e/o  addetti ai lavori o, infine, nei blog indipendenti si percepisce una diversa angolazione di vedute.

Per quello che può valere la mia opinione, personalmente  non sono d'accordo con Riccardo. Ho una differente valutazione rispetto alla valenza degli esponenti italiani ed europei del jazz, ed una considerazione differente del festival di Clusone.

Indubbiamente la rassegna bergamasca ha conosciuto stagioni migliori. Il distacco tra le proposte e l'ambiente culturale nel quale un festival nasce e si sviluppa non è una caratteristica esclusiva di Clusone. Qualsiasi piccolo-medio festival potrebbe riconoscersi nelle difficoltà, non solo economiche, di Livio Testa, da Uncool ad Ambria, giusto per citarne due a me vicini geograficamente e che frequento.

Kurt Elling o Bob Brookmaier al posto di Han Bennink o Gianluca Petrella non credo possano cambiare ne la considerazione ne l'affluenza di un pubblico provinciale abituato a Vasco (quando va bene....) o ai DJ. Questa carenza culturale è una tara non solo nazionale a giudicare dalle polemiche di queste settimane negli States per i programmi pop dei festival jazz.

Per fare i numeri si ricorre a Prince  e a Santana, perlomeno quei direttori artistici (...) che hanno il budget che glielo permette, ma il problema rimane immutato: si champagna con il pop e si ruba sempre più spazio al jazz, cosi' ostico e scomodo.

Quello che sta accadendo a Perugia è già avvenuto a Montreaux e sta moltiplicandosi nei grandi e medi festival in tutto il mondo, basta scorrere i programmi.

Quei direttori artistici che non cedono alle mode o più semplicemente rimangono coerenti con la propria idea di fondo possono ritrovarsi la piazza vuota. Allora è facile domandarsi e domandare loro dove si è sbagliato. Ma si è proprio sicuri di aver sbagliato ?

Mi è difficile credere che i 6000 spettatori che riempiranno l'Arena di Santa Giuliana per Prince valgano più di quel centinaio che la scorsa estate sono rimasti fino a tardi sotto i portici del Comune di Legnano mentre imperversava la bufera ad ascoltare il quartetto di Bearzatti suonare acustico per mancanza di elettricità.

Il successo delle rassegne cittadine non è un buon termine di paragone. Milano può facilmente riempire il Teatro manzoni anche a fronte di riflussi culturali e crisi economica. Il bacino di utenza è infinitamente più vasto ed il budget pure.

Con questo non ho certo la pretesa di aver convinto Riccardo. Credo che ci debba essere un giusto rispetto per qualsiasi opinione, ma proprio per confrontare le idee e non la capacità ironica di ognuno di noi mi piacerebbe che Livio esponesse pacatamente le sue posizioni.

 

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 30/06/11 alle 10:37 via WEB
Caro Pierrde. so benissimo che la pensiamo in modo diverso e apprezzo il rispetto che hai per l'alterità di pensiero, mi scuso con te se ho approfittato dello spazio messo a disposizione per sollevare un problema (non una polemica...) che mi sta a cuore da molto tempo, ossia la divulgazione del jazz nel ns paese che secondo me paga una situazione dovuta a una molteplicità di fattori, alcuni li hai esposti proprio tu adesso, altri li ho esposti io, ma ce ne sono altri ancora. E' un bell'intreccio che appunto richiederebbe un confronto serio che secondo me non si vuole minimamente fare. L'atteggiamento di Testa nella sua "non-risposta" è sintomatico (e per quel che mi riguarda pure prevedibile) dell'atteggiamento nell'ambiente italico jazzistico che riscontro da decenni, ossia quello di chi pensa che il modo migliore per affrontare le cose sia quello di evitare il confronto dialettico tra le parti, assumere atteggiamenti di supponente superiorità culturale (che poi nella maggior parte dei casi non esiste, personalmente ho conosciuto solo due/tre persone tra i tanti operatori del settore che mi abbiano insegnato davvero qualcosa di interessante in materia e guarda caso lo hanno fatto proprio non avendo paura di confrontarsi in rete con chicchessia. Non ho problemi a farne i nomi sono Gualberto, Luca Conti e occasionalmente Zenni quando aveva voglia e tempo di partecipare ai NG e forum. Tutti gli altri si sono sempre guardati bene dal farlo) creando nel contempo di fatto una sorta di cerchia autoreferenziale, di club degli eletti, che se la canta e se la suona. Pensare di parlare di divulgazione culturale-musicale in funzione jazzistica in questo modo è considerabile tra il risibile e il patetico, ma è quello che succede da decenni. C'è di fatto la pretesa implicita di calare dall'alto una cultura che in realtà molti di questa cerchia non conoscono poi così bene come vogliono far credere imponendo scelte culturali ed artistiche parziali, limitate, a volte settarie in cui spesso neila lettura di cartelloni i direttori artistici specchiano i loro gusti personali più che gli interessi del pubblico. E questo per essere ottimista e credere nella assoluta buonafede degli operatori, indiscutibile fino a prova contraria, poiché a volte scorrendo i nomi nei cartelloni potrei ricostruire il giro di amicizie tra direttori artistici e musicisti (a volte poi sono la stessa cosa, il che a mio avviso comoporta un chiaro ed inevitabile conflitto di interessi, ma questo ci porta ad un altro discorso che adesso non voglio affrontare). Sia chiaro, in questo senso non mi riferisco a Clusone Jazz, dove mi pare invece che le scelte siano coerenti con le idee programmatiche del suo dirtettore, anche se io come detto le contesto. Davvero il Jazz Europeo e la musica improvvisata europea è in cima ai pensieri degli appassionati del jazz di nuova e vecchi data? Sarebbe curioso andare ad indagare nelle discoteche di ciascuno e vedere quanto jazz europeo c'è rispetto a quello africano americano o americano tout court... Io penso che un cartellone debba tenere in grande considerazione più che i gusti degli organizzatori o le aspettative dei musicisti le esigenze del pubblico, inteso come pubblico del jazz, per cominciare, ma non solo, senza inorridire in modo scioccamente snob. In questo senso parlavo dell'individuazione del target che ovviamente deve tenere conto di diversi aspetti, altrimenti il direttore artistico che deve muoversi in un ambito così complicato come quello odierno (in questo senso Testa ha perfettamente ragione) può avere grossi problemi nel tempo che certo la crisi attuale aggrava, in quanto impone grosse capacità dello stesso al fine di garantire la sopravvivenza della sua manifestazione. Sono finiti i tempi dei festival organizzati con grande dispendio di risorse pubbliche, non siamo negli anni '70 o '80 e occorre un grande sforzo qualitativo ed organizzativo, soprattutto nel confrontarsi dialetticamente con le parti in gioco, cosa che in generale non vedo fare, mi spiace. Poi sta storia di descrivere sempre il pubblico del bacino d'utenza del jazz come musicalmente sprovveduto è un discorso di comodo. In realtà non è proprio così. Tu dici che proporre Brookmeyer o Elling con Mintzer non sposterebbe di una virgola il problema. Finchè non si prova però è difficile dirlo. Per esempio io ci verrei di sicuro e con me diversi amici melomani (di Milano) e musicisti che li apprezzano e magari a Clusone in questi anni non hanno minimamente pensato di venirci. Che tra la proposta di un Evan Parker, per dire, e Prince non vi sia una via di mezzo da proporre in termini culturali e di divulgazione musicale, fa ridere solo a pensarlo. Mi pare un discorso di comodo per non affrontare i problemi.
 
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