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INTERVISTE

Post n°1965 pubblicato il 12 Ottobre 2011 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

D

 

Due interviste interessanti a due dei grandi vecchi del jazz, l'uno europeo, Martial Solal e l'altro americano, Wayne Shorter.

Franco Fayenz intervista Solal per Il Sole 24 Ore di ieri e, tra le domande, ne spunta una oltremodo interessante:

Molti pensano che il jazz, musica del Ventesimo secolo, sia finito con il "suo" secolo: altri invece (e mi metto fra questi) ritengono semplicemente che abbia cambiato casa, avendo trovato in Europa il suo principale centro di produzione.

È Solal, invece, che mi sorprende. «No» risponde. «Il jazz è musica americana senza altri aggettivi. È cosa loro. Così sosteneva anche un grande maestro come Lennie Tristano, e mi sono convinto che aveva ragione. Quando sono andato per la prima volta in tour negli Stati Uniti (nel 1963: aveva 36 anni, ndr) il pubblico mi ascoltava con curiosità perché, pur essendo europeo, sapevo suonare "il jazz americano". Lo chiamavano così, la parola e l'aggettivo erano per loro inscindibili, e oggi non è cambiato nulla».

Leggi tutta l'intervista cliccando su 

http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-10-11/martia-solal-musica-pianista-114655.shtml?uuid=Aagsm1BE

Su La Repubblica di oggi Giacomo Pellicciotti intervista Wayne Shorter in Italia per tre concerti. Titolo provocatorio (Jazz e pop sono in mano ai conservatori) senza poi riscontro nel testo ma comunque anche qui un paio di domande interessanti:

Oggi abbiamo musicisti formidabili, che suonano tutto e hanno studiato tutto, ma senza quell´aura straordinaria che emanava dai grandi maestri del passato. Come se lo spiega?

«Perché i musicisti che suonano oggi non irradiano l´aura della loro storia. Parlo anche dei musicisti pop, rock e più commerciali che danno l´impressione di non sapere raccontare neanche la loro vita di tutti i giorni fuori dal palco. Penso che nel suono della musica di oggi non debbano esserci al primo posto la tecnica e il virtuosismo. Diceva spesso Art Blakey ai musicisti più giovani: "Suoni il tuo strumento molto bene, sei abile e, come un acrobata, riesci a fare esercizi complicati, ma dove sei tu? Dov´è la tua persona? Non ti puoi sempre nascondere dietro lo strumento». 

e poi ancora:

Oggi come vede la situazione, anche politica, in America?

«Adesso dobbiamo sperare nella sfida di Obama o di qualcuno più giovane, anche se la politica oggi è un po´ deludente. Per questo la musica che suono ora parla dell´inatteso. Oggi tutta la gente del mondo deve imparare come comportarsi di fronte all´inaspettato, negoziando di continuo con ciò che suona familiare, il conservatorismo e le abitudini più castranti tipo "amo questa canzone perché mi ha fatto incontrare mia moglie" o cose del genere. No, no, devi interagire con l´inatteso se incontri qualcuno che non è come te, non è della stessa razza o il tuo vicino di casa ti sembra differente perché parla un´altra lingua. Devi tenere conto dell´inatteso a tutti i livelli della politica, dell´arte, di tutto. Siamo in mezzo ad un grande cambiamento epocale che non è più possibile ignorare». 

Leggi tutta l'intervista cliccando su:

http://micciacorta.it/home/naviga-tra-le-categorie/25-libri/4966-wayne-shorter-qpop-e-jazz-sono-in-mano-ai-conservatoriq.html

 

 

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 13/10/11 alle 10:52 via WEB
Mi fa piacere che musicisti di questo calibro, in particolare Solal che pure è europeo, espongano esplicitamente e sinteticamente concetti che a me, da fruitore, peraltro sono estremamente chiari da molto tempo e sono quindi d'accordo con loro. Mi spiace per Fayenz che dopo tanti anni di jazz arrivi a certe conclusioni a mo avviso completamente errate e per diverse ragioni che in questa sede sono complicate da spiegare in poche righe. Non basta il marketing ECM e la propaganda (più che critica) europea a veicolare certe forzature a mio avviso prive di un reale riscontro culturale. L'Europa è da decenni un continente in chiaro ed evidente declino a trecentossessanta gradi, di cui la crisi economica ne è solo l'ultimo, ma non meno importante effetto. Non si capisce perché dovrebbe essere oggi il centro culturale di riferimento e della creatività artistica e musicale. Non lo è più da molto tempo (e probabilmente, anzi, quasi certamente, non lo è più nemmeno il Nord America oggi, decisamente protagonista del Novecento). Le novità secondo me stanno da altre parti e probabilmente da ricercarsi nei paesi e culture emergenti in questo XXI secolo. In Italia poi stiamo a trastullarci esaltando i Rava i Fresu e i Bollani di turno un po' come si fa con Silvio e Veltroni in politica. Non è con Alfano o sedicenti giovani che pensano peggio dei vecchi che si cambiano le cose. Il mondo va da un'altra parte e nemmeno ce ne rendiamo conto. Avanti imperterriti...
 
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