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Mondo Jazz

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NUOVE E VECCHIE STORIE

Post n°2070 pubblicato il 20 Dicembre 2011 da pierrde

Le storie del jazz, si sa, rappresentano un terreno infido: difficile maneggiare una materia enormemente vasta, scandirne con esattezza i percorsi e le svolte, metterne in luce i movimenti principali e secondari, quando non sotterranei e carsici; dare il giusto peso a ciascun musicista, rischiando la sovraesposizione per alcuni e la semplice citazione per altri, quando non addirittura il silenzio; tenere il passo con l'evoluzionedella metodologia di ricerca; raccontare le lingue e le scuole nazionali nate in tutto il mondo, soprattutto in Europa; trovare una lingua accessibile, tempi e modi della narrazione che non si nascondono dietro il gergo tecnico, riuscendo a comunicare al lettore fatti e concetti complessi con la massima linearità.


Fin dal suo primo apparire, all'inizio del nuovo secolo, Nuova storia del jazz di Alyn Shipton ha segnato uno spartiacque: d'improvviso, tutte le storie precedenti, rispettabili e spesso prestigiose, sono di colpo invecchiate. Ciò che fa du questo libro il più importante studio in circolazione e rende la traduzione italiana un evento editoriale, è la potente attrezzatura metodologica: agendo pazientemente e minuziosamente sulle fondamenta dei fatti e delle storie, scavando e rintracciando elementi tali da poter, con cognizione di causa e saldezza scientifica , imporre una nuova visione d'insieme a una materia lavica e debordante.

Shipton offre una ricostruzione storica impareggiabile, nel senso di una innovativa sistemazione di dati e di fatti, interpolati all'interpretazione di vicende umane e stilistiche, capace di scavalcare steccati ideologiche, certe vecchie letture ormai infeltrite, schemi di riferimento calcificati. Completano il volume un glossario che, per dimensioni, è un vero e proprio manualetto di jazz, e una riflessione in forma di saggio su un secolo di jazz italiano curati da Vincenzo Martorella. [Quarta di copertina]

 

E' appena uscita per Einaudi la traduzione italiana della «Nuova storia del lazz» del critico musicale inglese Alyn Shipton (pagg. 1150, € 50). La pubblicazione originale risale al 2007 e fu eletta in Inghilterra libro dell'anno dalla Jazz Journalist Association. Il libro come si può facilmente dedurre è ponderoso, e oltretutto ha un costo non indifferente, ragion per cui al momento non ho in programma l'acquisto. Spulciando nella rete ho trovato una recensione ad opera di Giuseppe Fiorentino, giornalista de L'Osservatore Romano, e debbo dire che non ne ho tratto impressioni positive.

Non parlo però del libro ma del recensore, la cui disamina mi fa sospettare una mancata lettura del tomo (a pensare male si fa peccato ma di solito si coglie nel segno diceva quella persona pia che è l'onorevole Andreotti) ed una frequentazione della musica afro-americana piuttosto superficiale, collocandolo tra i reprobi della seconda parte del titolo da lui stesso dato all'articolo: "La parabola del jazz e gli adoratori segreti della canzonetta".

La recensione, che potete leggere nella sua integralità nel link a fine post, termina cosi':

 

Il libro, dopo oltre mille pagine si ferma qua. Ma non affronta, né in fondo vuole affrontare, un problema legato al jazz più recente e più d’avanguardia, che come altre espressioni musicali, si arrocca nella sua presunta esclusività e diventa di difficile comunicazione se non proprio inascoltabile. Se la suonano e se la cantano, si potrebbe affermare prendendo in prestito un noto detto romano. Ma le nostre povere orecchie chi le consola?

Fiorentino è l'autore di quell'articolo sull'Osservatore Romano che molto fece parlare tempo fa: la "riabilitazione" di John Lennon e dei Beatles.

Dopo qualche secolo oltre Tevere hanno riabilitato Gailei, dopo qualche decennio i Beatles, non rimane che aspettare buone nuove anche per Coleman e l'Art Ensemble of Chicago. 

 

 

Link:

http://sottoosservazione.wordpress.com/2011/12/17/la-parabola-del-jazz-e-gli-adoratori-segreti-della-canzonetta/

 

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
sergio pasquandrea il 21/12/11 alle 01:03 via WEB
"Quando poi le blue notes — l’aggettivo blue oltre al colore rimanda a una sensazione di malinconica perdita — hanno incrociato la sensibilità carioca, permeata di quella sorridente nostalgia chiamata saudade, è nato il bossa nova che nelle sue espressioni migliori è probabilmente la musica più raffinata del secolo scorso." Ecco, basta già un passo del genere a qualificare l'autore come un analfabeta musicale totale.
 
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