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Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)
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E' il titolo di una recensione comparsa sul La Stampa del 14 febbraio ad opera di Roberto Mazzone, e si riferisce ad un concerto di Raphael Gualazzi.
L'autore, che si professa "non esperto di jazz" ( e si capisce....) tra le altre cose scrive:
Non sono un esperto di musica jazz, mi piace ascoltarla, e non goderne pienamente mi ha rammaricato. Ammetto comunque che il mio orecchio non è solitamente avvezzo alle sperimentazioni che, nel caso di Raphael Gualazzi, come di molti altri artisti (da Paolo Conte fino a Mario Biondi) rappresentano un punto di forza.
A parte che sia Conte che Biondi onestamente ammettono che il jazz nella loro musica è tutt'al più un colore, una fonte ispirativa, un felice momento strumentale, ma in realtà fanno ben altro, cioè canzoni, sono le "sperimentazioni" di cui parla Mazzone che proprio non vedo negli artisti di cui parla, nemmeno usando la "troppa fantasia" del titolo.
L'errore, almeno nel caso di Gualazzi, credo sia imputabile in toto alla sua casa discografica e all'ufficio marketing: spacciarlo per la "nuova promessa del jazz italiano" non è ne serio ne credibile, ma solo desolante.
Peccato che molta stampa, anche in apparenza qualificata, e, non so quanto in buona fede, molti direttori artistici di Jazz festival l'abbiano bevuta in pieno, tanto da ignorare musicisti italiani seri, credibili e misconosciuti, in nome di una visibilità maggiore (sigh) sui media, tanto la maggior parte del pubblico si beve qualsiasi cosa.
Nulla di personale ovviamente verso Gualazzi, che mi pare di pasta ben diversa rispetto alla saccenza di un Allevi, ma una minore invasività del suo ufficio stampa credo che gli farebbe solo bene.
In quanto a Mazzone, stando a Torino, se vuole ascoltare jazz le opportunità non mancano certamente, basterebbe consultare il programma del locale Jazz Club....
Il link:
http://www3.lastampa.it/digito-news/sezioni/municipio-le-testimonianze/articolo/lstp/442489/
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