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GALLIANO IN CONCERTO: QUALCHE NOTA CRITICA

Post n°2180 pubblicato il 11 Marzo 2012 da pierrde

Pubblico delle grandi occasioni quello accorso sabato sera all'Auditorium Sant'Antonio di Morbegno per il recital in solo di Richard Galliano.

Successo prevedibile con più bis e caloroso apprezzamento, giusto riconoscimento ad un grande musicista, virtuoso dello strumento ma anche straordinario evocatore di emozioni come nella finale Libertango o nel primo bis Gnossienne N. 1 di Eric Satie. 

Il racconto potrebbe finire qui, e tutto sarebbe riconducibile a generose dosi di classe e anima. Rimane però a mio avviso un lato di più difficile definizione e più arduo da estrapolare rispetto ad una serata finita in gloria, dove il rumore degli applausi potrebbe rendere vacuo qualsiasi appunto critico.

Eppure la formula del concerto in solo è sicuramente un'arma a doppio taglio sopratutto per uno strumento "difficile" come la fisarmonica. Galliano è stato abile ad evitare le secche di un prevedibile riflusso di concentrazione, ma ha ottenuto l'attenzione del pubblico solo mostrando le numerose anime della sua esperienza musicale. Cosi' sono sfilati il tango, la musica brasiliana, la new musette parigina, l'omaggio a Lucio Dalla, Bach, Piazzolla, la musica di Edith Piaf, il ricordo di Nino Rota e le composizioni originali, in un contesto un pò sfilacciato e senza un vero filo conduttore se non la perizia strumentale del musicista, sicuramente formidabile ma non del tutto bastante ad un orecchio appena un pò più smaliziato. 

Del resto era prevedibile che, vista la formula solistica del concerto e nonostante le note di presentazione degli organizzatori, di jazz non se ne sarebbe ascoltato affatto, anche in considerazione del fatto che Galliano è jazzista solo in parte, poichè le sue influenze sono molteplici e solo parzialmente riconducibili alla musica afro-americana.

Gli appassionati valtellinesi ricorderanno il concerto di Galliano con il suo gruppo nella piazzetta di Berbenno alcuni anni fa: un vibrante tributo alla musica di Astor Piazzolla condotto con maestria e originalità. Stesso straordinario musicista ma con ben altro progetto ed un risultato finale di spessore molto superiore.

Ma, e chiudo con i miei rilievi critici, spesso un progetto non basta neppure:proprio l'ultimo album di Galliano inciso per Deutsche Grammofon ne è la prova. Cinque formidabili jazzisti alle prese con le straordinarie musiche di Nino Rota strappano sbadigli e fanno rimpiangere abbondantemente l'originale. 

 

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
riccardo il 11/03/12 alle 12:15 via WEB
Un paio di note a commento in particolare sulle considerazioni finali. Galliano in effetti è un maestro in generale della fisarmonica e in particolare nel riprendere le composizioni di Piazzolla di cui, se non erro, è stato anche allievo. A questo proposito suggerirei per chi ancora non l'avesse in discoteca l'acquisto di "Ballet Tango" tutto dedicato alle composizioni di Piazzolla che se non è il suo capolavoro poco ci manca. Tuttavia annoto che nonostante l'assoluta pertinenza nell'approccio al materiale tematico e al Tango argentino di Galliano, in generale trovo l'originale, cioè Piazzolla che suona le sue composizioni, più profondo e intenso del pur stupefacente Galliano. Ho in mente ad esempio la versione della "Milonga del Angel" contenuta su "Tango, Zero Hour!" di Piazzolla rispetto a quella di Galliano in Laurita (vado a memoria con i titoli, spero di ricordare giusto) che perde qualcosa in termini di drammaticità rispetto a quella di Piazzolla che ti prende allo stomaco a livello emozionale e, si sa, l'aspetto del dramma nel Tango argentino è essenziale. Un altro che andrebbe rivalutato in generale e in particolare sul Tango è Gato Barbieri che su certo materiale ci lavorò molto prima di Galliano ( i suoi dischi "terzomondisti" dei primi anni '70 comprendendo anche il notevole "The Third World non sono da trascurare) e forse in modo anche più originale per certi versi. Infine riguardo alla interpretazione "jazzata" di Nino Rota, credo che sia un must avere "Amarcord Nino Rota" un lavoro di fin anni'70 mi pare che non so se era un progetto unitario o era una collezione di diversi interventi a tema con il coinvolgimento di moltissimi grandi jazzisti americanoi come Carla Bley, Jaky Byard, Steve Lacy, Bill Frisell e se non ricordo male anche Wynton Marsalis e diversi altri nomi di primo piano. In particolare sono formidabili le prestazioni di Byard al piano solo (pianista e jazzista straordinario, mai abbastanza lodato) e dell'orchestra della Bley. Non per rinfocolare la solita polemica ma a volte ho la sensazione che l'approccio al materiale tematico europeo degli improvvisatori americani sia più originale rispettoso e pertinente di quello che, viceversa, hanno gli improvvisatori europei su quello americano...
 
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