Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre è possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembè di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco è possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Settembre 2008

RICHARD GALLIANO - LOVE DAY (MILAN) 2008

Post n°1065 pubblicato il 29 Settembre 2008 da pierrde
 
Foto di pierrde

Personnel: Richard Galliano (accordion); Gonzalo Rubalcaba (piano); Charlie Haden (double bass); Mino Cinelu (drums, percussion).

Una formazione di tutte stelle quella che Galliano ha riunito lo scorso aprile negli Studi Capitol di Los Angeles. In tre giorni il quartetto ha provato e poi registrato dodici nuovi brani scritti appositamente dal fisarmonicista francese per l'occasione. Il tema è ispirato allo scorrere di una giornata, dall'alba (Aurore) al tramonto (Crepuscule) con l'alternarsi delle passioni, delle emozioni, le gioie e le delusioni . Notevole lo sforzo compositivo, straordinaria la qualità messa in campo. Impossibile discutere la classe e la caratura artistica dei protagonisti, ma tenendo conto delle qualità d'assieme il prodotto finale è però lontano dal rappresentare un capolavoro. L'amalgama è faticoso, il gruppo non carbura al meglio, l'improvvisazione sembra legnosa e mai perfettamente sciolta. Cosi' se il primo brano è magnifico (Aurore) ,  segue poi un duetto pianoforte-fisarmonica (Birds) mai disteso, piuttosto legato, incapace di librarsi altissimo.E' la falsariga dell'intero album, dove a brani ispirati e carichi di malinconico lirismo (Love Day, Aria, Hymne) fanno riscontro improvvisazioni troppo brevi e mai folgoranti. Puo darsi che la scelta di soluzioni introspettive e la rinucia a cambi di tempo e di ritmo abbiano in parte influenzato il risultato finale. Va dato merito a Galliano di avere comunque cavato il meglio da un gruppo nato e finito nel giro dei tre giorni di registrazione, rinunciando cosi' a quella continuità che probabilmente avrebbe meglio definito il materiale e  messo a fuoco i solisti. Al di là delle (mie) aspettative non corrisposte , si tratta comunque di un buon album, perfettamente godibile e decisamente consigliabile. Pieno di gusto, di classe e di atmosfere raccolte. Track listing e possibilità di ascolto cliccando qui

V A L U T A Z I O N E : * * * 1/2

 
 
 

MILES FOREVER

Post n°1064 pubblicato il 28 Settembre 2008 da pierrde

Il 28 settembre del 1991 era una giornata piovosa e fredda. Lessi la notizia della morte di Miles casualmente sul televideo. Era, ed è ancora, il musicista che amavo di più. Fu come perdere un amico fraterno, un universo sonoro perfetto, una emozione permanente. Negli ultimi anni si accompagnava a musicisti spesso appena mediocri; la musica dei suoi gruppi era un impasto che strizzava più di un occhio all'aspetto commerciale ma era sufficiente che Miles fosse in serata, e, appena avvicinata la tromba alle labbra, anche se il sottofondo era alquanto discutibile, subito ne scaturiva poesia . Una brezza purissima, un filo magico, un timbro inconfondibile. Time after time, appunto... 

 
 
 

BOBO STENSON TRIO - CANTANDO (E.C.M.) 2008

Post n°1063 pubblicato il 26 Settembre 2008 da pierrde
 

Track listing: Olivia; Song of Ruth; Wooden Church; M; Chiquilín de Bachín; Pages; Don's Kora Song; A Fixed Goal; Love I've Found You; Liebesode; Song of Ruth.

Personnel: Bobo Stenson: piano; Anders Jormin: double-bass; Jon Fält: drums.

Stenson è un raffinato e colto pianista svedese che, dopo una lunga carriera a fianco di maestri come Don Cherry, Charles Lloyd, Jan Garbarek e Tomaz Stanko, ha raggiunto un formidabile stato di grazia con l'album doppio Serenity (ECM/2000). Sempre per l'etichetta di Manfred Eicher, nel corso del tempo ha prodotto album ragguardevoli e di altissimo livello come War Orphans (1998) ed il recente Goodbay (2006) con Paul Motian. Torna ora con un nuovo trio composto dal fidato Jormin al contrabbasso e dal giovane Falt alla batteria. L'alchimia operata da Stenson vede come ingredienti la musica colta (Petr Eben/Song for Ruth, Alban Berg/Liebesode), compositori sud-americani (Silvio Rodriguez/Olivia, Astor Piazzolla/Chiquilin de Bachin), grandi del jazz (Coleman/A fixed goal, Don Cherry/Don's kora song) amalgamati da una profonda sensibilità, un perfetto interplay con Jormin e Falt, ed uno stile molto personale al pianoforte. Un free jazz da camera, dove ogni nota respira, si materializza dal silenzio e ad esso ritorna dopo aver espresso un profondissimo lirismo. C'è anche un lungo brano (Pages), circa 14 minuti , in cui Eicher si è messo nei panni di Teo Macero lavorando di editing su diverse libere improvvisazioni del trio fino a raggiungere una unità stilistica ragguardevole. Il mio brano preferito è il festoso e circolare Don's Kora Song, vero momento ludico eppure concentratissimo e sempre controllato. Notevole anche il pezzo scritto da Ornette Coleman, dal tipico zig-zagare, proveniente dal materiale scritto per l'album in duo con Joachim Khun. Dopo oltre cinquant'anni dal Live at the Village Vanguard del trio di Bill Evans, ancora un trio di pianoforte-contrabbasso-batteria che pur ispirandosi al capolavoro originale, sa emozionare e battere percorsi se non inediti certamente di grande fascino ed interesse.  

V A L U T A Z I O N E : * * * * 

 
 
 

ANTONIO FARAO' - WOMAN'S PERFUME (CAMJAZZ) 2008

Post n°1062 pubblicato il 24 Settembre 2008 da pierrde
 

Da diverso tempo il pianista romano ha raggiunto una cifra stilistica ed una invidiabile maturità artistica che ne fanno uno dei pianisti più interessanti della realtà europea. A riprova di quanto detto ecco un nuovo album per Cam Jazz in cui il nostro affronta il repertorio di Armando Trovajoli accompagnandosi ad una eccellente ritmica francese, con Dominique Di Piazza al basso elettrico e Dedè Ceccarelli alla batteria. Il repertorio in cui Faraò scava non appartiene nè ai pezzi più famosi nè tanto meno a quelli più jazzistici usciti dalla penna del maestro Trovajoli. Singolare è anche il trattamento che il pianista riserva ai brani, cambiandone il tempo a seconda delle proprie esigenze espressive. L'album infine è completato da quattro composizioni originali, perfettamente calate nello spirito e nell'ambience propositiva. Le fonti ispirative di Faraò sono riconducibili all'energia di McCoy Tyner e alla creatività di Herbie Hancock, ma Antonio riconduce il tutto entro un personale ambito e il risultato è un pianismo agile, generoso e contemporaneamente potente, con una profonda vena lirica che sempre più spesso affiora. In questo senso magnifici sia la versione in solo de Il Prete Sposato che il brano scritto in ricordo del padre, grande appassionato di jazz, scomparso nei giorni della registrazione dell'album (My Father's Song II). Ennesimo plauso anche all'etichetta romana per la qualità tecnica ed artistica della registrazione. Non solo l'album suona bene, ma c'è anche un grande suono ! Track listing, informazioni e possibilità di ascolto cliccando qui

V A L U T A Z I O N E :  * * * * 

 
 
 

GIOVANNI GUIDI - THE HOUSE BEHIND THIS ONE (CAMJAZZ) 2008

Post n°1061 pubblicato il 22 Settembre 2008 da pierrde
 

Il primo album di Guidi aveva suscitato l'interesse e l'ammirazione di critica e appassionati. Anch'io nel recensirlo ne parlavo con stupore e curiosità. Un musicista cosi' giovane in grado di esprimere una maturità già definita e un bagaglio tecnico cospicuo è un avvenimento di notevole importanza nell'ambito del jazz italiano. Il pianista umbro vanta una preparazione accademica che gli conferisce un background raffinato e colto, senza contare il profondo amore e la conoscenza dei grandi protagonisti del jazz, Miles e Ornette in particolare . Il nuovo album vede all'opera tre quarti della precedente formazione, con l'ingresso di Stefano Senni al contrabbasso in sostituzione di Francesco Ponticelli. Complessivamente un passo avanti rispetto a Indian Summer: una compattezza ed un affiatamento maggiore, un pugno di belle composizioni ed una sagace scelta di temi noti, spaziando da Coleman alla musica latino-americana per finire all'elettronica. Kinzelmann si conferma sassofonista molto interessante, lucido e viscerale, cosi' come la sezione ritmica, incalzante ed elastica. Guidi mi impressiona ancora di più per il tocco raffinato, il gusto e la sensibilità espressiva e la varietà compositiva. Forse nell'album sono affastellate anche troppe piste da sviluppare, con il rischio di non mettere a fuoco una direzione precisa. Ma forse, avere tanta carne al fuoco, è sinonimo di ricchezza ispirativa e gusto nell'attingere a ciascuna fonte per costruire e completare la propria tavolozza. Il tempo dirà quali strade Giovanni e i suoi sceglieranno di approfondire. Per ora limitiamoci a gustare questo album prelibato: l'atmosfera sospesa di Qizas, quizas, quizas, il rockeggiante Franckie Bear, il grappolo di note maliconico e dolcissimo che introduce You are here ed infine The House Behind This One, il brano struggente e miracolosamente equilibrato che da il titolo all'album e che forse è ripreso da una poesia di Raymond Carver dallo stesso nome. Track listing, formazione e informazioni, e la possibilità di brvi ascolti cliccando il sito  Cam Jazz .

V A L U T A Z I O N E : * * * *

 
 
 

URI CAINE - THE OTHELLO SYNDROME (WINTER) 2008

Post n°1060 pubblicato il 21 Settembre 2008 da pierrde
 

Track listing: Othello's Victory; Fire Song; Drinking Song; Love Duet with Othello and Desdemona; Introduction to Act II; Iago's Credo; She's the only one I love; Iago's Web Desdemona's Lament; Am I a Fool?; The Lion of Venice; Othello's Confession; The Willow Song/Ave Maria; Murder; The Death of Othello.

Personnel: Ralph Alessi: trumpet; Stefano Bassanese: electronics; Sadiq Bey: voice; Jim Black: drums; Uri Caine: piano, keyboards; Zach Danziger; drums; Joyce Hammann: violin; John Hebert: acoustic bass; Nguyên Lê: guitar; Tim Lefebvre: acoustic and electric bass; Josefine Lindstrand: vocals; Marco Paolini: voice; Julie Patton: voice; Bunny Sigler: vocals; Brundo Fabrizio Sorba; electronics; Chris Speed: clarinet; Achille Succi: clarinet; Dhafer Youssef: vocals.

L'ennesima scorribanda del pianista di Philadelfia nel terreno della musica colta ha questa volta come obiettivo nientemeno che Giuseppe Verdi. Come per i progetti più riusciti, e penso in particolare alle Golberg Variations e alle rivisitazioni di Mahler, la ricetta di Caine è estremamente personale e complessa: dell'autore di Busseto è colto lo spirito e l'essenza musicale. Tutto il resto, filologia, struttura, melodia, è stravolto e integrato in un caleidoscopio di stili e rimandi estremamente attuali e sciorinati con facilità da un gruppo tanto eterogeneo quanto compatto. La forza di Caine nel rivisitare pagine classiche di autori celeberrimi sta proprio in questa sua capacità visionaria di leggere melodie e temi stravolgendone le forme. Cosi' in questo Otello si possono trovare elementi di rhytm and blues, musica kletzmer, chitarre rockeggianti, improvvisazioni libere e una speculare rivisitazione del testo shakespeariano, grazie tra gli altri, anche alla notevole prova dell'attore Marco Paolini. Una trasposizione di questa natura può far storcere la bocca a più di un melomane, senza parlare dei jazzfans più duri e puri. Al contrario, un ascolto ripetuto e concentrato disvela una serie di idee e di soluzioni di notevole forza ed impatto che confermano la peculiare visione trasverale e colta che caratterizza la musica di Caine.

V A L U T A Z I O N E : * * * *

 
 
 

WILLIAM PARKER - DOUBLE SUNRISE OVER NEPTUNE (AUM FIDELITY) 2008

Post n°1059 pubblicato il 18 Settembre 2008 da pierrde
 

Track listing: Morning Mantra; Lights of Lake George; O'Neal's Bridge; Neptune's Mirror.

Personnel: William Parker: double reeds, doson'ngoni, conductor; Lewis Barnes: trumpet; Rob Brown: alto sax; Bill Cole: double reeds; Sabir Mateen: tenor sax, clarinet; Dave Sewelson: baritone sax; Jason Kao Hwang: violin; Mazz Swift: violin; Jessica Pavone: viola; Shiau-Shu Yu: cello; Joe Morris: guitar, banjo; Brahim Frigbane: oud; Sangeeta Bandyopadhyay: voice; Shayna Dulberger: bass; Gerald Cleaver: drums; Hamid Drake: drums.

William Parker non cessa di stupire, non solo è un catalizzatore riconosciuto e importantissimo della scena free nero americana  ma sa anche espandere i propri orizzonti musicali in maniera aperta e convincente. Questo album è la registrazione live di un concerto tenuto al Vision Festival di New York nel 2007 con una formazione allargata, inusuale e perfettamente bilanciata. Se dal titolo del cd il richiamo corre a Sun Ra, lo sviluppo magmatico di temi e di idee ricorda anche molte atmosfere del Don Cherry più etnico e convincente. Ma Parker riesce a costruire un'opera personale tessendo fili di musiche e tradizioni disparate, dall'Africa magrebina dell'oud di Brahim Frigbane ai colori dell'India grazie alla voce leggiadra di Sangeeta Bandyopadhyay. Tutta la sessione è colorita e impermeata da una possente linea di basso, apparentemente semplice e lineare, sulla quale i fiati, gli archi e la voce improvvisano e variano temi e situazioni. E' una musica senza tempo, che pare riemergere dalle brume del Brown Rice di Cherry, ma pur tuttavia è anche di estrema contemporaneità e sa coniugare l'energia dei fiati con la riflessività delle corde . Una vera e propria goduria di spirito e corpo, semplice e trasgressiva, con materia etnica e anima free. Una sintesi felicemente riuscita di occidente ed oriente.

V A L U T A Z I O N E : * * * * 1/2

  

 
 
 

JAZZ FOR OBAMA

Post n°1058 pubblicato il 16 Settembre 2008 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

Après Herbie Hancock qui apparaît dans un clip de soutien, Patricia Barber qui a chanté au Victoires du jazz avec un badge à son effigie au bras, Joshua Redman qui lui a dédié son interprétation de Just in Time à La Villette, ce sont plusieurs autres grandes figures du jazz aux Etats-Unis qui s'apprêtent à faire cause commune en faveur de Barack Obama dans la présidentielle américaine. Le 1er octobre, Dee Dee Bridgewater, Dianne Reeves, Roy Haynes, Brad Mehldau, Joe Lovano, Roy Hargrove, Christian McBride, Stanley Jordan, Hank Jones, Charlie Hunter et Doug Wamble en duo, Bilal et Robert Glasper, Stefon Harris, Kurt Elling, Roberta Gambarini et d'autres invités participeront à New York à un grand concert placé sous la bannière "Jazz For Obama" dont tous les bénéfices iront au fonds de campagne du candidat démocrate. Une affiche à faire pâlir même ceux des amateurs de jazz qui ne voteront pas pour lui !

Vincent Bessieres

Fonte : www.jazzman.fr

 
 
 

IL SECOLO DEL JAZZ - DA PICASSO A BASQUIAT

Post n°1057 pubblicato il 15 Settembre 2008 da pierrde

Il Secolo del Jazz” è in programma al Mart di Rovereto dal 15 novembre 2008 al 15 febbraio 2009. L’esposizione è co-prodotta dal Mart con il Museé du Quai Branly di Parigi e il Centro de Cultura contemporànea de Barcelona.
E’ a cura di Daniel Soutif, con la direzione scientifica di Gabriella Belli e con i preziosi contributi di Heléne Cerutti per il Quai Branly e di Josep Ramoneda, presidente del CCCB.

La musica jazz è una delle espressioni più importanti del XX secolo: nuovi ritmi, colori, e linguaggi sonori - nati da uno storico confronto tra diverse culture - hanno segnato ogni aspetto della scena artistica mondiale.

La grande esposizione autunnale del Mart propone una lettura multidisciplinare di questa storia complessa e affascinante, coinvolgendo il pubblico in un mondo di suoni che ha colorato tutte le altre arti, dalla pittura alla fotografia, dal cinema alla letteratura, senza dimenticare la grafica e il fumetto.

LA STORIA DEL JAZZ, FILO ROSSO DEL SECOLO

L’esposizione è articolata cronologicamente intorno a una timeline lungo la quale si snodano, anno dopo anno, i principali momenti della storia del jazz. Spartiti, affiches, dischi, riviste e giornali, libri, fotografie e altri memorabilia evocano i numerosi episodi del periodo storico considerato. Dalle partiture per banjo di Gottschalk a Nobody di Bert Williams (1905) – successi che precedono l’avvento del misterioso termine “jazz” – ai manifesti per il Gran Bal Dada del 1920, fino a quelli di Joel Shapiro per il Lincoln Center (1996).

Un filo rosso scandito ovviamente da una vastissima documentazione sonora, passando per dischi, concerti e registrazioni fondamentali, come quella di Strange Fruit da parte di Billie Holiday, nel 1939.
Questa timeline oltre che sonora è spesso anche audiovisiva, e guida il visitatore da una sala all’altra. Lungo tutto il percorso espositivo si aprono infatti piccole mostre autonome che si propongono di mettere in evidenza i rapporti tra il jazz e le altre arti.

Nel corso degli anni i momenti di incontro tra il jazz e le arti visive nobili o meno nobili, alte o basse, sono stati moltissimi, come dimostrano le piccole esposizioni tematiche o monografiche di approfondimento.
Picabia, Man Ray, Janco, Theo Van Doesburg sono tra i primi artisti ad accogliere con entusiasmo la nascente musica afro-americana, seguiti a ruota da molti altri artisti come Otto Dix, Jan Matulka o Frantisek Kupka.

Ad Harlem un nutrito gruppo di talenti – scrittori come Langston Hughes o Claude McKay, pittori come Aaron Douglas, Palmer Hayden, Archibald Motley jr., William H. Johnson, Winold Reiss e altri – inaugurano la celebre Harlem Renaissance, con il sostegno di personalità bianche affascinate dalla cultura nera quali – tra gli altri – Carl van Vechten, che le renderà omaggio con un celebre romanzo, Nigger Heaven (1926).

Il jazz, tuttavia, non infiamma solo gli artisti neri della Harlem Renaissance, ma diventa una fonte d’ispirazione rivendicata da molti pittori modernisti americani degli anni venti e trenta. Le opere astratte di Arthur Dove o quelle più ambigue di Stuart Davis costituiscono, tra le tante produzioni, un esempio emblematico.

Conquistato dal jazz e dalla danza fu Piet Mondrian, appassionato in particolare dei ritmi indiavolati dei pianisti di boogie woogie di cui possedeva i dischi. Dopo il fox trot alla fine degli anni venti, questa musica influenzò direttamente i suoi ultimi capolavori newyorkesi.
Poco più tardi, un altro pittore di prima grandezza, Henri Matisse, intitolerà Jazz uno dei libri d’artista più noti del XX secolo.

Il rapporto privilegiato tra jazz e arte si intensifica ulteriormente nel dopoguerra. Spesso senza il minimo intento illustrativo, i pittori astratti tentano di ritrovare sulla tela la spontaneità e l’improvvisazione propria dei musicisti. È il caso, per esempio, di Jackson Pollock, i cui drippings sono spesso eseguiti con la musica jazz in sottofondo. Nessuna sopresa, dunque, che Ornette Coleman utilizzi il White Light dell’artista per illustrare la copertina del suo celebre album Free Jazz (A Collective Improvisation), capostipite del free jazz.

Certi artisti, come Larry Rivers, si cimentano in modo più o meno regolare nella pratica di uno strumento. Sassofonista di tutto rispetto, Rivers non manca di evocare la pratica musicale in molte delle sue tele.

Questi musicisti-pittori non devono tuttavia impedire di considerare attentamente che dopo l’estinzione della Harlem Renaissance e la fine della seconda guerra mondiale numerosi artisti di grandissimo talento mantengono alta la fiaccola della creazione artistica africana-americana, molto spesso in rapporto diretto con il clima musicale proprio del jazz. Da Romare Bearden a Jean-Michel Basquiat, la creatività nera nel dopoguerra e nel periodo contemporaneo non cessa di crescere e perfezionarsi, assumendo una specificità sempre più marcata.

Celebrata da un’ esposizione al Whitney nel 1998, la memoria di Bob Thompson, artista meteorico ispirato sia dalla Free Music, sua contemporanea, sia dall’Italia del Rinascimento, non può essere dimenticata. Batterista a tempo perso, Thompson, prima della sua recente riscoperta da parte del mondo dell’arte, era famoso tra gli amanti del jazz, a causa di una suite che il sassofonista Archie Shepp gli aveva dedicato.

Il parallelismo, a una ventina d’anni di distanza, tra due carriere stroncate dalla droga ha talvolta giustificato l’avvicinamento di questo notevole artista e di Jean-Michel Basquiat.
Infine, attorno agli anni sessanta, divenuti pop, minimali, concettuali, poveristi, in una sola parola contemporanei più che moderni, molti artisti attingono comunque, ciascuno a suo modo, al jazz e dintorni.

LA FOTOGRAFIA

Più di ogni altra musica il jazz ha suscitato l’interesse dei fotografi. Alcuni, come Herman Leonard o William Claxton, ne fanno una vera e propria specialità e gli devono la loro fama. Altri, destinati a essere ricordati come i più rappresentativi del secolo, gli dedicano una parte importante della loro carriera.
Il lavoro di Lee Friedlander per la casa discografica Atlantic è ricordato da una trentina di dischi, tra cui veri e propri monumenti della storia del jazz com Giant Steps di John Coltrane o In a Silent Way di Miles Davis. Tra gli altri nomi di fotografi presenti in mostra vanno ricordari Roy DeCarava, Giuseppe Pino, Roberto Masotti e Guy Le Querrec.

IL CINEMA

Al di là dei grandi classici del cinema che, da Ascenseur pour l’échafaud a La Notte, hanno utilizzato il jazz sia come protagonista che come colonna sonora, esiste una moltitudine di Soundies — questi cortometraggi musicali sono gli antenati dei nostri videoclips e sono stati girati per la maggior parte intorno agli anni trenta e quaranta — e un numero non meno considerevole di trasmissioni televisive. Una selezione molto nutrita di questo ricchissimo materiale audiovisivo assicura la dimensione sonora e vitale dell’esposizione.
Il cinema d’animazione – come Clean Pastures di Friz Freleng, senza dimenticare i tre porcellini alle prese con un grande lupo cattivo occasionale trombettista – non è certo trascurato, come non lo è il cinema sperimentale rappresentato da una ricca selezione di capolavori firmati da Norman McLaren, Charles e Ray Eames.

LA GRAFICA

Come altre arti dello spettacolo, il jazz ha ampiamente ispirato grafici e illustratori: affiche, inserti pubblicitari, prospetti, programmi di concerti.
Tuttavia, a partire dal 1939, anno in cui Alex Steinweiss lancia per la Columbia la copertina del disco, una sequenza interminabile di piccoli capolavori “illustra” la musica nello spazio limitato — ma estremamente ispiratore — del quadrato di cartone che avvolge i supporti prima di gommalacca, poi di vinile, cari agli appassionati.
Le copertine di Steinweiss vengono celebrate nel 1941 nella rivista di design PM Magazine. In mostra anche le coperine disegnate da Jim Flora, o Marvin Israels, le illustrazioni di Ben Shahn, David Stone-Martin o del francese Pierre Merlin. Il lavoro di questi artisti mostra come il contributo della grafica all’estetica del jazz sia stato fondamentale.

Alcuni di questi personaggi talvolta giocavano su più fronti; come Burt Goldblatt, le cui innumerevoli copertine lo mostrano di volta in volta fotografo, disegnatore o grafico. Questa musica dunque sembra essere un’instancabile fonte d’invenzione: dalla tipografia d’ispirazione svizzera al kitsch, passando per le infinite variazioni sul tema dell’arte moderna. Una nota particolare meritano le diverse copertine di dischi realizzate da un giovane Andy Warhol, tra cui quelle per Kenny Burrell e Johnny Griffin.

COMICS & FUMETTI

Arte molto vivace, anche il fumetto ha riconosciuto nel jazz tematiche atte a nutrire le sue vignette.

Da Jost Swarte, discendente distaccato e ironico dell’arte moderna, a Loustal, a Louis Joos, a Muñoz & Sampayo, molti disegnatori di fumetti hanno raccontato a loro modo le storie, piccole o grandi, della musica nera americana.
Guido Crepax è presente in mostra non solo con fumetti come “L’uomo di Harlem”, ma anche con la copertina di “Charlie Parker Plays”, disegnata attorno al 1953.

IN EUROPA

Il Secolo del Jazz non dimentica naturalmente la dimensione europea dell’effetto jazz. Questa musica sincopata infatti invade l’Europa sin dagli esordi. È noto per esempio che l’arrivo a Parigi della Revue Nègre e di Joséphine Baker segnano profondamente gli anni del primo dopoguerra, immortalati in pubblicazioni come Le Jazz Hot, del 1934, di Hugues Panassié.
Allo stesso modo, senza l’apporto del jazz la rive gauche e la vita artistica o intellettuale degli anni cinquanta sarebbero ben differenti.

È sufficiente nominare Boris Vian, che fu direttore di Jazz News, per evocare questo periodo della cultura francese che naturalmente viene trattato in mostra con un’attenzione del tutto particolare. D’altronde la Francia non è forse teatro di una vera e propria guerra, se non di religione, di clan scatenati dall’invenzione del Be-Bop?

Il medesimo scompiglio travolge ugualmente l’Italia e la Spagna. Là come altrove, concerti, dischi e riviste specializzate, alimentano la cronaca locale di una vita musicale che ispira artisti importanti quali Lucio Fontana, Renato Guttuso e Pino Pascali in Italia o, in Spagna, Antoni Tapiès.

Info:
MartRovereto
Corso Bettini, 43
38068 Rovereto (TN)
numero verde: 800 397 760
tel. +39 0464 438 887
Email: info@mart.trento.it
Web: www.mart.trento.it

 
 
 

BARRY GUY/PAUL LYTTON/MARILYN CRISPELL-PHASES OF THE NIGHT

Post n°1056 pubblicato il 12 Settembre 2008 da pierrde
 

Track listing: Phases Of The Night; Insomnie; The Invisible Being Embraced; With My Shadow.

Personnel: Marilyn Crispell: piano; Barry Guy: bass; Paul Lytton: drums

A riprova che le arti e gli artisti si influenzano vicendevolmente ecco quattro composizioni del bassista ispirate a tele di Max Ernst, Dorotea Tanning, Yvers Tanguy e Wilfredo Lam che portano, in ordine, gli stessi titoli dei brani. E come i dipinti la musica si fa astratta, onirica e sfumata, oppure limpida e lirica, carica di suggestioni ed indefinita come un sogno surreale che sfuma alle prime luci dell'alba. Prevalentemente l'atmosfera è rarefatta, fatta di momenti riflessivi e di cellule di silenzio alternati a fiammate improvvise, mai eccessive e senza riferimento durevole ad uno stile predeterminato. Il free dei passaggi mossi viene subitamente stemperato dall'intenso lirismo che  la tastiera di Marilyn evoca in momenti di pura contemplazione. Il tema forse più immediato è With My Shadow, un grappolo tematico costituito da poche note ripetute, affrontato prima in solitudine da Marilyn poi elaborato e sviluppato in trio fino al parossistico finale. Insomnie è invece un brano inquieto, teso e allucinato. Momenti di lirismo melodico e scambio caratterizzano The Invisible Being Embraced, dove il magnifico suono del contrabbasso, ricco di riverberi e di profondità, lega perfettamente con il drumming poliritmico e "rumorista" di Lytton.  L'empatia tra i tre protagonisti è eccellente, nessuna figura è preponderante, ognuno apporta materiale e idee nello sviluppo tematico. L'album è molto interessante e sfiora l'eccellenza.

V A L U T A Z I O N E : * * * *  

 
 
 

UN NUOVO SITO : JAZZ IN RETE

Post n°1055 pubblicato il 11 Settembre 2008 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

E' nato un nuovo sito italiano dedicato alla nostra musica: si chiama Jazz In Rete e lo si può trovare cliccando qui .

Articoli, notizie, video e novità, il tutto con una grafica semplice e ben fatta. Il mio benvenuto alla redazione e buon lavoro !

 
 
 

BRAXTON/GRAVES/PARKER  BEYOND QUANTUM (TZADIK) 2008

Post n°1054 pubblicato il 09 Settembre 2008 da pierrde
 

Track listing: First Meeting; Second Meeting; Third Meeting; Fourth Meeting; Fifth Meeting.

Personnel: Anthony Braxton: saxophones; Milford Graves: percussion; William Parker: bass.

Tre maestri della musica improvvisata danno vita ad un incontro tanto imprevisto quanto fruttuoso. Due grandi musicisti dalla discografia sterminata, Parker e Braxton, e un batterista decisamente avaro di registrazioni, ma forse per questo ancora più atteso, registrano per l'etichetta di John Zorn  una serie di incontri in cui il dialogo è fitto e lo scambio altissimo. Non è un trio in cui il sassofonista è leader e gli altri due costituiscono la sezione ritmica. Nella musica c'e' ascolto, scambio, dialogo, interazione e profondo rispetto reciproco. Il flusso che ne scaturisce è del tutto improvvisato ed il livello altissimo. Dopo molti dischi con il proprio gruppo in cui predominano atmosfere contemporanee spesso algide e cerebrali, qui Braxton ritrova il calore e la passione di una seduta di ottimo free con due straordinari comprimari. E' magnifica la tecnica e il drive che Anthony sciorina su ognuno dei fiati impiegati, ma altrettanto splendido è il gioco percussivo teso e molto fisico di Milford Graves e l'elastico e possente lavoro di William Parker al contrabbasso. Dopo un primo efficacissimo meeting poliritmico e meditativo, il secondo pezzo è all'insegna di un pan-africanismo percussivo e vocale di Graves al quale risponde, non senza ironia, il soprano di Braxton. Il Third Meeting è sperimentale e avventuroso, con i fiati protagonisti in tutte  le gamme di tonalità, esplorate con gusto e padronanza tecnica. Impressionante nel Four Meeting il gioco ritmico del batterista, esibizione di forza fisica e straordinario senso del tempo. Ultimo brano con Parker che imbraccia uno strumento a fiato, probabilmente un oboe dell'India del nord, spostando e allargando i confini della musica nel fitto dialogo con Braxton. Un album bellissimo, musica allo stato dell'arte, un lungo flusso di eccezionale valore.

V A L U T A Z I O N E : * * * * *     

 
 
 

E.S.T.  - LEUCOCYTE (2008) ACT

Post n°1053 pubblicato il 08 Settembre 2008 da pierrde
 

La prematura scomparsa di Esbjorn Svensson avvenuta in giugno da una particolare luce malinconica a quest'ultima registrazione in studio del trio. Appartengo a quella folta schiera di appassionati che ha amato il suono acustico del trio svedese e che ha vissuto il passaggio all'elettronica e  il grande consenso di pubblico ottenuto in maniera inversamente proporzionale . Ho sempre ritenuto l'elettronica una risorsa importante nella musica, ma il gusto ed il tempo nell'uso di computer e deley appartengono purtroppo ad una netta minoranza di musicisti. Gli ultimi album del trio, a parte il doppio live ad Amburgo che ne è un pò la summa, non mi erano particolarmente piaciuti proprio a causa di questo motivo. Appena ho messo il dischetto nel lettore ho creduto di aver sbagliato album tanto da pensare di aver scambiato il cd di Medesky Martin & Wood con l'E.S.T..  Difficile ora giudicare un progetto che fa dell'elettronica e dei tempi funky il proprio manifesto propositivo. Appare evidente comunque che il lavoro non era ultimato e che la morte di Svensson ha impedito il lavoro di rifinitura, sopratutto nella lunga suite che da il titolo all'album .  Nonostante le mie perplessità appena la musica diventa acustica il tocco morbido e raffinato del pianista conquista immediatamente, e nel complesso ci sono alcuni brani veramente molto godibili: Jazz, Still, Ajar e la prima parte di Premonition, il brano migliore dell'album. Complessivamente Leucocyte appare un lavoro di ulteriore smarcamento dalla formula tradizionale piano-basso-batteria e rimane il rimpianto di aver perduto il possibile sviluppo futuro di un trio che al di là dei gusti personali ha comunque significativamente marcato la scena jazzistica europea negli ultimi quindici anni. 

V A L U T A Z I O N E : * * *

 
 
 

FILM : CENTOCHIODI DI ERMANNO OLMI

Post n°1052 pubblicato il 05 Settembre 2008 da pierrde
 

L’ultima opera annunciata di un grande maestro è film da non perdere, anche se, come nel mio caso, con abbondante ritardo rispetto all’uscita e non in una sala cinematografica ma grazie alla programmazione di Sky . Di Centochiodi ho letto recensioni che coprono l’intero arco dei possibili giudizi, da Lietta Tornabuoni (E’ un film bellissimo) a Douane Byrge (Pomposo, pretenzioso, noioso). Tutto questo leggere e armomentare ha aumentato le mie aspettative che puntualmente sono state in buona parte disattese. Olmi da credente da voce a quelle istanze che le gerarchie della Chiesa da sempre osteggiano e spesso perseguitano. In questi tempi bui di neo teco con, di clericalismi retrò o di pura convenienza, dire che “le religioni non hanno mai salvato il mondo” è diventata anziché una constatazione, una affermazione a tinte forti . Purtroppo però nel film non c’è nessun credibile processo di maturazione che porti a comprendere il percorso spirituale del protagonista, la storia è molto naif e assolutamente improbabile e una forte impressione di incompiutezza pervade le scelte di un Raz Degan per’altro ben calato nella parte. La vicenda si dipana in un susseguirsi privo di introspezione, troppo “leggera” per avere autentica credibilità, con una ambientazione da spot pubblicitario per niente credibile. Pare addiritura l’opera di un esordiente tanto è raffazzonata e palesemente finta. La mano del maestro si avverte però nel colore e nella consueta capacità di regalare emozioni grazie ai protagonisti non professionisti, cioè alla gente del fiume. Splendide le scorribande  di Paolo Fresu e Antonello Salis  co-protagnisti di una colonna sonora variegata. Il film però non mantiene le premesse: per essere un testamento spirituale pare inconcludente e posticcio. Di sicuro non dà il benché minimo grattacapo ai Bertone e ai Ruini . Deludente.

 
 
 

CAM JAZZ ACQUISISCE BLACK SAINT E SOUL NOTE

Post n°1051 pubblicato il 04 Settembre 2008 da pierrde
 
Tag: NEWS

               Bel colpo del management dell'etichetta romana. Leggo sul comunicato, che riporto in parte, delle acquisizioni dei marchi milanesi che tra la metà degli anni 70' e gli 80' hanno significativamente illustrato la scena jazzistica mondiale. A questo punto Cam Jazz si pone come la realtà discografica italiana più rilevante in campo jazzistico.

La CAM, storica casa discografica e di edizioni musicali, ha acquisito i prestigiosi cataloghi Black Saint, Soul Note, che in passato hanno trionfato nei referendum di Down Beat e che adesso vanno ad affiancare la CAM Jazz, che negli ultimi tre anni si è aggiudicata ben quattro Grammy Nomination, a testimonianza della qualità delle sue produzioni.Nei cataloghi Black Saint e Soul Note, oltre che in quello dei Dischi della Quercia, figurano numerosi lavori di musicisti che hanno fatto la storia del jazz moderno e contemporaneo, da Max Roach a Chico Hamilton, da Archie Shepp a David Murray, da Mal Waldron a Cecil Taylor, da Muhal Richard Abrams a Steve Lacy, ad Anthony Braxton. Anche il jazz italiano è ben rappresentato da opere di Enrico Pieranunzi, Enrico Rava, Giorgio Gaslini, Gianluigi Trovesi e altri.

 
 
 
 

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