Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre è possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembè di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco è possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Ottobre 2008

POLEMICHE AMERICANE

Post n°1089 pubblicato il 31 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

In questi giorni difficili in cui si promulgano leggi che penalizzano la solidarietà e in cui si vedono file di celerini assistere impassibili a pestaggi che se provenissero dalla parte avversa sarebbero mostrati al rallenti su tutti i telegiornali del rais con esemplari pistolotti di condanna dei liberi (ehm) giornalisti (?), ebbene, in questi giorni mi è più difficile parlare a mente serena di vicende musicali.

Mi consolo grazie alla rete, dove trovo una vicenda interessante e dai risvolti che potrebbero incuriosire anche i lettori di Mondo Jazz. Un blogger americano qualche giorno fa posta un articolo dal titolo forte (Why our jazz magazines are bad) in cui prende posizione, in modi decisi ma garbati, contro le scelte editoriali ed i contenuti delle due maggiori rivista americane di jazz, Down Beat e Jazz Times. Si può essere più o meno d'accordo, in fondo gli argomenti del blogger potrebbero essere validi anche per un jazzofilo italiano e per i magazines nostrani. La cosa interessante è però che l'editore di Jazz Times in persona, Lee Mergner, nel giro di poche ore gli risponde, e, sempre in toni rispettosi, controbatte punto su punto tutti gli argomenti. 

Una lezione di pragmatismo e di rispetto delle opinioni che travalica gli stessi contenuti della polemica. 

Leggi  Whyour jazz magazines are bad

Leggi la risposta di Lee Margner

 
 
 

DATEGLI UNA NOMINATION

Post n°1088 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

Gustoso post quello comparso su Rifftides (vedi link nella blogosfera) , uno dei migliori jazz blogs americani ad opera del giornalista e scrittore Doug Ramsey. In questo periodo tutti gli artisti fanno pressioni sui critici e sulle riviste specializzate per avere una nomination per i Grammy, il premio discografico più ambito. E cosi' Doug pubblica una corrosiva lettera ricevuta da John Altman , compositore inglese di colonne sonore, sassofonista e band leader.  Troppo simpatica per non pubblicarla, ma troppo lunga per tradurla (e poi c'è sempre Google Translation...):

 

I'm really disappointed. My new CD, The Jazz Soul Of Paris Hilton, has not been nominated for a Grammy. The followup to my brilliant CD Britney Spears: The Jazz Years, it has garnered rave reviews in the jazz press and received NOT ONE vote in this year's Grammy build-up. I worked closely with Paris herself, assembling an all-star aggregation of jazz talent to interpret the Abdullah Ibrahim/Boney James-inspired compositions of the reality TV star and all around credit to society. For the talented Ms. Hilton's understanding of social issues, I'm especially proud of "I Come From Barack Obama with a Banjo On My Knee."  It is reminiscent of Max Roach's Freedom Suite. Accompanied by an all-star aggregation, Paris H, guest rappers Jay Z, Jazzy B and fiery jazz virtuoso sax man Kenny G deliver an astonishing piece of jazz social commentary.

The incredible handpicked lineup of jazz stars includes Herbie Hancock on clavinet, Woody Allen on clarinet and Wynton Marsalis on the internet. Possibly one of the best rhythm sections ever assembled in the history of jazz recording -- George Segal on banjo, bass virtuoso Charlie Haden on banjo, Marcus Miller showing his versatility on banjo, and Diana Krall and Elvis Costello sharing drum duties -- shows why jazz is still a living art form appreciated by millions all over the world.

Other guest appearances include Cuthbert Marsalis, the least known member of the jazz dynasty, probably because he is an English aristocrat who does not play any musical instruments and did not invent jazz in 1980; legendary godfather of smooth jazz and easy listening Cecil Taylor; Michael Bublé crooning the all-time favourite "I Never Heard of Mel Tormé;" and James Carter playing "Salt Peanuts." Oops. That should read Jimmy Carter, reprising the famous White House duet with Dizzy Gillespie that defined his jazz credentials.

Some of the critical raves:

"I laughed till I cried" -- Don Heckman, Los Angeles Times

"What a load of rubbish" -- Nat Hentoff

"Is this man serious?"-- Brick Wahl, LA Weekly

"Brilliant!!!" - Stanley Crouch New York Times

"My personal iPod favourite" -- George W Bush

Please, everyone, vote for me in category 10,996 of this year's Grammys -- Best Jazz and Hip Hop Album By a Country Smooth-jazz Crossover Artist Not in the English Language. I promise not to write again until the Emmys are upon us. I will be soliciting votes for my two reality shows -- Newsreading With The Stars, where professional ballroom dancers learn to play pro football and read the news, and America's Idle, where no one has a job any more due to the bizarre global economic policies of the last 8 years.

 
 
 

LUCE

Post n°1087 pubblicato il 29 Ottobre 2008 da pierrde
 

  • È sempre notte, o altrimenti non avremmo bisogno della luce. (Thelonious Monk)
It's always night, or we wouldn't need light. (da www.reflectionfortheday.com)

 
 
 

SPIGOLATURE ON LINE E NEWS

Post n°1086 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da pierrde

No one is original. Everyone is derivative. -- Sonny Rollins

Una veloce rassegna stampa on line con alcuni grandi protagonisti della nostra musica. La scorsa estate Sonny Rollins è stato uno dei grandi protagonisti del festival Jazz di Chicago, e il Chicago Reader gli ha dedicato un lungo e bel servizio con la storia della disintossicazione dalla droga (Come Sonny sconfisse il dragone) avvenuta proprio nella città del vento. L'articolo di Neil Tesser è gustoso e ben fatto, oltretutto corredato da due magnifici video dell'epoca che ripropongono il famoso quintetto di Max Roach e Clifford Brown con un giovanissimo Rollins.

The Unmasking of Miles Davis

I forum dedicata alla musica jazz sono ovviamente molto più numerosi e frequentati negli Stati Uniti che non da noi. Ogni tanto capita di trovare qualche leccornia on line.  Questa  in particolare merita la lettura: si tratta di un articolo-intervista a Miles Davis effettuato nel 1971 a casa del trombettista. Era un periodo fervido, di grandi cambiamenti e la lettura è sapida e intrigante.

Sull'insospettabile The Wall Street Journal ecco un articolo di Nat Hentoff sul rapporto tra i bambini e la musica di John Coltrane: 

http://online.wsj.com/article/SB121928401672659037.html

Infine i nuovi concerti in piano solo di Keith Jarrett: annunciato il 26 novembre alla Salle Pleyel di Parigi in un programma (An evening of improvisations) che lo vedrà suonare totalmente acustico, senza amplificazione. Il 1 dicembre poi sarà a Londra alla Royal Festival Hall e infine, il 29 gennaio dell'anno prossimo alla Carnegie Hall di New York. Prenotiamo ? 

 
 
 

PAUL BLEY - ABOUT TIME (2008) JUSTIN TIME

Post n°1085 pubblicato il 26 Ottobre 2008 da pierrde
 
Foto di pierrde

1. About Time 2. Pent-Up House  Paul Bley : piano solo

Paul Bley ha attraversato buona parte della storia del jazz moderno, influenzando, in maniera forse meno evidente rispetto a Bill Evans, una larga fetta delle generazioni a lui succedute. Il settantaseienne pianista canadese ha suonato con mestri del calibro di Ben Webster, Coleman Hawkins, Lester Young fino ai contemporanei Sonny Rollins, Charles Mingus, Jimmy Giuffre e George Russell. E' stato l'unico pianista che può vantare di aver suonato sia con Charlie Parker che con Ornette Coleman. La sua discografia non può che essere cospicua, e questo album in solo per Justin Time giunge a distanza di un anno dal solo piano per E.C.M.. Rispetto all'incisione per l'etichetta di Manfred Eicher, rimasta per anni nel cassetto, questa offre un ritratto molto più vicino nel tempo. Due le tracce incise: la prima, che dà il titolo all'album, è un lungo flusso assolutamente improvvisato in cui brandelli di melodie si rincorrono tra atmosfere impregnate di blues ed in egual misura di jazz, di contemporaneità classica e di assoluta libertà timbrica e ritmica. Oltre trentatre minuti di vagabondaggio intelligente tra le pieghe dell'anima, con un trattenuto lirismo punteggiato da spazi di silenzio, cosi' emblematici e rappresentativi della filosofia musicale di Bley. Il secondo brano è una composizione di Sonny Rollins, affrontata con raffinatezza e con parsimonia di note, prosciugando e sottraendo, reinventando con minimalismo e rarefazione un tema boppistico. Soffusa bellezza, palpabile intelligenza: sono le doti che hanno caratterizzato l'intera vicenda artistica di Bley, un pianista avaro di note quanto prodigo di emozioni.

V A L U T A Z I O N E : * * * *

Possibilità di ascolto di alcuni estratti cliccando :  
http://www.justin-time.com/works/JUST_228-2/

 
 
 

IN DIFFICOLTA' LA CHIESA DEL SANTO JOHN COLTRANE

Post n°1084 pubblicato il 25 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: DAL WEB

Le 14 octobre, un article publié dans le quotidien américain San Francisco Chronicle a révélé les inquiétudes de l'archevêque Franzo Wayne King, fondateur de l'église Saint John Will-I-Am Coltrane de San Francisco. Créée en 1971, l'église célèbre la mémoire de John Coltrane, artiste canonisé, dont la musique appellerait à la communion et à la méditation. Composée de nombreux musiciens, la paroisse organise annullement des concerts et s'est produite en février dernier à Paris à la Cité de la Musique dans le cadre du cycle "Jazz mystique". Or, après avoir été victime d'une éviction en 2000 et menacée d'une hausse de loyer cette année, l'église a récemment perdu son principal mécène, le New College of California. La crise pourrait bien mettre en péril cette institution dont la survie réside pour l'instant dans les maigres donnations de ses fidèles.

Fonte : www.jazzman.fr

 
 
 

ANCORA WIDGET

Post n°1083 pubblicato il 24 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: DAL WEB


VideoPlaylist
I made this video playlist at myflashfetish.com

E' stata una settimana stressante, non ho la testa per un post che non sia scacciapensieri. Allora sfrutto le nuove potenzialità rilasciate da Libero. Molte le possibilità di spaziare con la fantasia e la grafica, per ora mi limito alle proposte più facili, ma comunque gradevoli e d'effetto. Ecco una riproposta di video di diversa durata, musicali e non, ma di grande impatto.

 
 
 

CRACK FINANZIARI E BULIMIE DISCOGRAFICHE

Post n°1082 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da pierrde

Proprio ieri sera postavo la notizia dell'uscita del magnifico cofanetto Mosaic che raccoglie ben 13 Lp di Anthony Braxton usciti originariamente per Arista negli anni '70. Ma soffermandomi a riflettere, da vecchio militante braxtoniano, solo in questo 2008 a nome del nostro è uscita una produzione discografica immensa e variegata. Nemmeno Zorn riesce a far uscire una simile quantità di opere, facendo quindi un piccolo consuntivo ecco l'elenco degli album pubblicati fin qui, e siamo solo in ottobre...:

Anthony Braxton Quartet - Ghost Trance Music (Important) - 4 CDs
Anthony Braxton Quartet - Moscow (Leo)
Anthony Braxton Live At Yoshi's, Oakland 1993 (Music & Arts)
Anthony Braxton & Joe Morris - Four duo Improvisations
(Clean Feed) 4 CDs
Anthony Braxton, William Parker, Milford Graves - Beyond Quantum
(Tzadik) 1 CD
Ninetet (Yoshi's) Vol. 4 (Leo) - 2 CDs
12+1 Tet (Victoriaville) 2007 (Victo)

Trio(Victoriaville)2007(Victo)
Nine Compositions 2003(6+ hour music DVD on Rastacan)
Creative Orchestra(Guelph)2007(Spool)

A questo elenco vanno aggiunti gli 8 cd della raccolta Arista e i 9 della raccolta per Leo Records delle musiche per pianoforte suonate da Genevieve Froccule. Certo il nostro non è solo prolifico, garantisce anche un'alta qualità media con alcune punte di assoluto valore (collezione Arista e Beyond Quantum in particolare). Rimane da chiedersi come può un normale appassionato far fronte ad una simile mole di proposte senza svenarsi o avere un effetto sulle proprie finanze simile a quello dei subprime sulle borse mondiali. A me, comune mortale dalle risorse finanziarie limitate, non rimane che sperare in Babbo Natale per il cofanetto Mosaic e rivolgermi alla rete per il resto......(ebbene si, lo confesso !) 

 
 
 

THE COMPLETE ARISTA RECORDINGS OF ANTHONY BRAXTON

Post n°1081 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: NEWS
Foto di pierrde

Un monumentale cofanetto a cura di Mosaic Records è in uscita in questi giorni. Documenta le incisioni di Braxton per Arista nel periodo che va dal 1974 al 1980 e comprende 13 Lp completamente rimasterizzati e riversati in 8 compact disc, più naturalmente le note originali e molta nuova documentazione. Negli Stati Uniti il prestigioso cofanetto è messo in vendita a 136 dollari, e, parere personale, li vale ampiamente. Molti di questi album non hanno mai visto la luce su compact, ma, ragione fondamentale, qui c'è una buona fetta della musica più avanzata, creativa e stimolante di quella stagione, e va considerato che nel 1974 Braxton aveva solo 29 anni ! Nella confezione de luxe mancano però altri due album che erano usciti per Arista: si tratta del duo con Richard Teitelbaum, Time Zones, e di The Complete Braxton, Lp dal titolo ambiguo per un artista tanto proteiforme e inusuale, impossibile fissarere in un solo album la sua molteplice varietà espressiva. A mio parere il cofanetto è un gioiello imperdibile, vero evento discografico del 2008 nel campo delle riedizioni. 

Questi sono gli Lp raccolti nel cofanetto:   

Arista AL-4032  New York, Fall 1974 - 1 LP
Arista AL-4064  Five Pieces, 1975 - 1 LP
Arista AL-4080  Creative Orchestra Music 1976 - 1 LP
Arista AL-4101  Duets 1976 - 1 LP
Arista AB-4181  For Trio - 1 LP
Arista AL-5002  The Montreux/Berlin Concerts - 2 LPs
Arista A2L-8602  Alto Saxophone Improvisation 1979 - 2 LPs
Arista A3L-8900  For Four Orchestras - 3 LPs
Arista AL-9559  For Two Pianos - 1 LP

Potete ascoltare i seguenti mp3:

Composition 6K

Composition 6I

Anthony Braxton
The Complete Braxton
Freedom : 1971

6K: AB, sopranino sax; Chick Corea, piano.
6I: AB, alto sax; Kenny Wheeler, trumpet; Dave Holland, bass; Barry Altschul, drums.

Il sito di Mosaic Records con note, formazioni e titoli dei brani più una video intervista a Braxton: 

http://www.mosaicrecords.com/discography.asp?number=242-MD-CD&price=$136.00&copies=8%20CDs

 
 
 

KIND OF BLUE : 50th ANNIVERSARY DE LUXE EDITION

Post n°1080 pubblicato il 20 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: NEWS

Chi non conosce il capolavoro del jazz moderno è evidentemente un fan di Mino Reitano o dei Tokyo Hotel. Tutti gli altri sono già abbondantemente informati e, naturalmente, dotati del magico dischetto. Se proprio si vuole esagerare ecco un cofanetto in edizione limitata contenente due compact, un dvd, un Lp da 180 grammi di colore blu ed un libretto di sessanta pagine fitto di fotografie, note e saggi sull'opera in oggetto. C'è anche un poster, delle fotografie singole e la riproduzione delle note originali dell'album scritte da Bill Evans. La parte strettamente musicale vede insieme agli originali le alternate takes e altri brani dello stesso periodo ad opera del supergruppo, tra i quali spicca una lunga versione di So What. Nessun inedito, il materiale non ufficiale circola da molto tempo su bootleg ed in rete. Lo stesso dicasi del dvd che presenta un documentario già conosciuto, integrato da alcune interviste inedite a musicisti di ieri e di oggi. Insomma un bel cadeau natalizio ma ai limiti dell'inutile per l'appassionato di lungo corso.

 

Miles Davis
Kind Of Blue
50th Anniversary De Luxe Edition

CD 1
1. So What (B)
2. Freddie Freeloader (B)
3. Blue In Green (B)
4. All Blues (C)
5. Flamenco Sketches (C)
6. Flamenco Sketches (alternate take) (C)
7. Freddie Freeloader – studio sequence 1 (B)
8. Freddie Freeloader – false start (B)
9. Freddie Freeloader – studio sequence 2 (B)
10. So What – studio sequence 1 (B)
11. So What – studio sequence 2 (B)
12. Blue In Green – studio sequence (B)
13. Flamenco Sketches – studio sequence 1 (C)
14. Flamenco Sketches – studio sequence 2 (C)
15. All Blues – studio sequence (C).


CD 2
1. On Green Dolphin Street (A)
2. Fran-Dance (A)
3. Stella By Starlight (A)
4. Love for Sale (A)
5. Fran-Dance (alternate take) (A)
6. So What (D) (precedentemente pubblicata in forma non autorizzata).


180-gram LP
(Side One)
1. So What (B)
2. Freddie Freeloader (B)
3. Blue In Green (B)
(Side Two)
4. All Blues (C)
5. Flamenco Sketches (C).


DVD
Celebrating A Masterpiece: Kind Of Blue documentary (55 mins);
"Robert Herridge Theatre: The Sound of Miles Davis" (26 mins);
photo gallery by Don Hunstein

MDMiles Davis (tromba)
CAJulian ‘Cannonball' Adderley (sassofono alto)
JCJohn Coltrane (sassofono tenore)
WKWynton Kelly (piano)
BEBill Evans (piano)
PCPaul Chambers (contrabbasso)
JCBJimmy Cobb (batteria)

GUIDA ALLE SESSIONS:
(A) – Session di lunedi, 26 maggio 1958: MD, CA, JC, BE, PC, JCB.
(B) – Session di lunedì, 2 marzo 1959: MD, CA, JC, WK (solo su Freddie Freeloader), BE, PC, JCB.
(C) – Session of mercoledi, 22 Aprile 1959: MD, CA, JC, BE, PC, JCB.
(D) – Concerto di Sabato, 9 Aprile 1960: MD, CA, JC, WK, PC, JCB (at the Kurhaus, Den Haag, Holland

 
 
 

NOVITA' IN CASA ZORN

Post n°1079 pubblicato il 19 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: NEWS

Doppia uscita per l'etichetta Tzadik nella serie di colonne sonore firmate da John Zorn: il ventesimo album della serie è dedicato alle musiche del film che racconta la vita dello scrittore ebraico Sholem Aleichem e vede all'opera il Masada String Trio con il rinforzo di Carol Emanuel all'arpa e di Ron Burger all'accordion. Nel  ventunesimo capitolo sono presenti le musiche di due cortometraggi, Belle de Nature della regista di film porno Maria Beatty e The New Rijksmuseum sui lavori di ristrutturazione del celebre museo di Amsterdam. Formazione di tutte stelle che vede all'opera musicisti che da sempre compaiono nella serie di Filmworks: Marc Ribot, Carol Emanuel, Cyro Baptista, Kenny Wollesen e, per la prima volta in Filmworks, Uri Caine. Ma questo sembra essere solo l'antipasto di un nuovo progetto che vedrà la luce nella prossima primavera: per la serie di rivisitazioni delle composizioni zorniane denominate Masada Book Two è prevista l'uscita di un nuovo album in quintetto che vede all'opera una formazione straordinaria con Dave Douglas, Joe Lovano, Greg Cohen, Joey Baron e, appunto, Uri Caine. Wow !  

 
 
 

A PROPOSITO DI JAZZ / ONE MORE

Post n°1078 pubblicato il 17 Ottobre 2008 da pierrde

Ho riflettuto a lungo se e in che modo, possibilmente costruttivo, continuare la “querelle” con GMG. Il rischio è di un continuo botta e risposta, magari senza una partecipazione di altri appassionati e con la assoluta certezza di rimanere alla fine ognuno sulle proprie posizioni. Credo che chiunque sia giunto fin qui e abbia un comune amore per la musica afro-americana abbia di per sé le proprie convinzioni, e leggendo gli scritti miei e di Gualberto si sia formato una opinione senza bisogno che lo si tiri necessariamente da una parte o dall’altra. Penso comunque che la prosa appassionata e indubbiamente colta di Gianni meriti uno spazio più visibile rispetto al commento al post n° 1070, al quale rimando per chi voglia ricostruire l’intera vicenda. Qui riporto il primo ed il secondo intervento di GMG, intervallati dalla mia replica.

Avrei parecchie perplessità, fermo restando che intorno al jazz italiano (dove non tutto è oro ciò che riluce) tira ormai una ventata di vanesio nazionalismo che, nel suo essere piuttosto provinciale, invita al sorriso (nel senso che non riesce neanche ad essere irritante) Ho sempre trovato certa critica europea, sia quella inglse che francese, smodata nel sostegno sciovinista ai propri artisti, anche quando di valore nullo; da tempo la critica italiana (dalle armi culturali persino inferiori alla critica franco-britannica) si è allineata a questo approccio che non è neanche tronfio, è semplicemente acritico, ricolmo com'è, poi, di un sottile e banale antiamericanismo di radici comuni fra Sinistra e Destra, che sente di prendersi rivincite a destra e a manca, dal 1945 ad oggi, di là e di qua dello scomparso Muro di Berlino. Mi pare anche piuttosto gratuito, se non facilone, il disprezzo a piene mani distribuito nei confronti del nazionalista africano-americano Wynton Marsalis (paragonato addirittura a Gaslini e a Paolo Fresu... via, non scadiamo nell'esilarante...: certi paralleli non hanno senso storico, culturale, linguistico e neanche tecnico) la cui figura, una volta tanto, senza preconcetti, pregiudizi e paraocchi, andrebbe inquadrata con maggiore rispetto e più acuta obiettività. E forse, con una migliore conoscenza di determinate correnti di pensiero all'interno del processo estetico africano-americano.

Un intervento molto stimolante e ricco di spunti, per il quale ti ringrazio sinceramente. Molti i punti sui quali condivido le tue argomentazioni, su altri probabilmente la vediamo in modo differente, ma questo non è di impedimento alcuno ad un piacevole scambio di idee. E’ indubbiamente vero che parte della critica, soprattutto quella francese, tende a “coccolare” eccessivamente i propri rampolli, non vedo un fenomeno di egual portata da noi, dove anzi, a parte i pochi che hanno raggiunto una visibilità, gli altri possono contare al massimo sul Top Jazz autarchico per riuscire a vedere il proprio nome in qualche rilievo sui media. Certo non tutto il jazz italiano è dello stesso spessore, ma complessivamente credo che il livello medio sia notevolissimo. Concordo sul fatto che certi paragoni tra musicisti di area, estrazione e culture differenti siano più “calcistici” che reali, e quindi irrealistici e mal posti ( anch’io mi faccio spesso prendere la mano come giustamente evidenzi)., A tutti credo è capitato di osservare durante festival o rassegne che mettono a confronto europei ed americani che ogni tanto i meno interessanti sono proprio gli americani. Mai mi sono annoiato nell’assistere ad un concerto di Fresu, in tutte le sue incredibili varianti di formazioni e proposte. E se dovessi scegliere tra Franco D’Andrea e Chick Corea in concerto la stessa sera in due teatri differenti, non avrei dubbio alcuno… Non voglio generalizzare naturalmente, credo però che abbiamo sofferto forse troppo a lungo di preconcetti americanocentrici. Lo dico senza spocchia e senza nessun anti-americanismo di ritorno: sono cose vecchie e per fortuna ampiamente superate. A meno di non voler dare per buona la filosofia Marsaliana, e cioè che 1) il jazz è una musica solo americana (anzi, solo nero-americana) 2) il jazz è equiparabile alla musica classica e quindi, di fatto, privo di qualsiasi ulteriore sviluppo. Roba da vecchio conservatore, anzi da quacchero incallito. Sarebbe come dire che la musica classica è solo europea, e quindi i vari Metha, Montero, Agerich, ecc., hanno sbagliato tutto , più o meno come Martial Solal, John Surman, Paul Bley, eccetera. Negare sviluppo al jazz è poi come decretarne di fatto la morte immediata, ma soprattutto negarne la storia, fatta di continui mutamenti e contaminazioni. Oggi il jazz, pur essendo una musica nero-americana, appartiene al mondo intero, esattamente come la musica classica che viene studiata e praticata in Oriente come nelle Americhe. Certamente la mia comprensione del contesto afro-americano in cui nasce Wynton è da migliorare; da parte mia non ho mai smesso di ammirarne le formidabili doti musicali, cosa che, appunto, mi riesce più difficile con le sue concezioni sulla musica (condivido, inutile dirlo, le idee del vecchio Lester Bowie !).
A me non dispiace la polemica. Anzi, reputo quella acremente bizzosa pur sempre meglio del civilissimo consenso in punta di forchetta. Qualcuno la scambia per astiosità. Sbaglia. Ma, insomma, non si può piacere a tutti, una fra le poche cose autenticamente belle dell’esistenza. Beh, chissà perché l'"universalità" del jazz torna sempre comodo quando si tratta di affibbiare agli africani-americani la patente dei superati (naturalmente a favore degli europei, gli unici, a quanto pare, a partire da Guillaume de Machaut e anche prima, in grado di maneggiare le doti di Euterpe): è un buon traguardo, finalmente si riesce a strappare ai nero-americani (e di contorno, agli americani tout court) anche una fra le poche cose che era sfuggita alla smania colonialistica europea. Si ritorna finalmente a un sano mondo non più globalizzato ma a un'altrettanto sana conduzione europea (con i bei risultati ottenuti, se non erro, a partire dal 1932). Curioso, in un mondo in cui la Sinistra (cui un tempo mi vantavo di appartenere: oggi è meglio pregare perché arrivi una Third Stream anche in tali ambiti...), fino a pochi anni fa, considerava obligé esaltare il nazionalismo africano-americano degli Amiri Baraka, dei Sun Ra, dell'AACM o delle Black Panther (tutta gente che non la pensava troppo diversamente da Wynton Marsalis, almeno su alcuni punti, visto che, in fondo, alcuni considerano lo stesso Marsalis culturalmente un po' troppo inquinato con il potere istituzionale bianco, nella sua sprezzante diffidenza verso un'avanguardia che, a sua volta, egli non considera africana-americana abbastanza: quando la lana caprina si fa fitta...)... Oggi, invece, con i mirabili capovolgimenti che il crollo delle ideologie continua a comportare e, dunque, con l'ondivaga genericità che esso implica, si è pronti a sostenere che nella loro stessa lingua gli africani-americani sono maldestri, in nome dell'universalità della stessa. Passati i tempi in cui gli intellettuali nostrani (quelli che ancora non avevano voltato gabbana in omaggio alla lotta contro quella globalizzazione di cui il jazz è stato primo e imponente profeta culturale) agitavano " Blues People" più del libretto rosso di Mao. Per carità, crollano le Borse, godiamo tutti della caduta a picco non di un comune modello di mercato, come è già accaduto altre volte, ma dell'odiato "capitalismo americano" (una fra le tante idiozie di cui si può leggere di questi tempi), niente di strano, perciò, che finalmente si possa godere anche del crollo (assai ipotetico) dell'orribile jazz "americano", a favore di un sano europeismo, ancorché infarcito di un provincialismo deleterio bene avviluppato nella copertina di un ruttino di supremazia bianca. E si scopre che è bestemmia sostenere che il jazz sia primariamente una musica africana-americana, inscindibilmente legata ai processi della cultura americana (ben originale) sviluppatasi nel corso del Novecento e eminentemente rivolto proprio ai popoli meticciati, protagonisti della globalizzazione. Ma sì, in fin dei conti una manica di patetici imbecilli ha decretato a Stoccolma che Philip Roth è merce imputridita, vuoi mettere con il sano, bianco, europeo Le Clézio, anche se scrittore turpemente mediocre... Ed è divertente (e anche un po' razzista ma, insomma, gli europei, si sa, possono concedersi questo ed altro, dall'alto dei loro duemila e passa anni di Storia, fra un'Inquisizione, una Shoa e altre amenità trascurabili) che da queste parti si voglia dettare agli africani-americani anche come comportarsi nella loro stessa cultura: ragazzi, che ve ne fate del nazionalismo di Marsalis... ma come si permette questo buzzurro... pretende persino di imporre una classicità -che è, riconosco, criterio certamente suscettibile di critiche e dubbi- roba da europei... questi neri stanno diventando troppo americani, li preferivamo quando contestavano in un linguaggio a noi appetibile... Ritornassero a fare i neri, che al resto ci pensa la gloriosa cultura europea, con il putridume estetizzante del surrogato culturale prodotto da ECM & C. per incliti evoluti (ma non abbastanza). Per non parlare poi dei terribili musicisti bianchi americani, accettabili solo se sufficientemente europeizzanti e estetizzanti (Que viva Tristano!): il jazz, in fin dei conti, è nato malauguratamente negli Stati Uniti, dove ormai non sanno che farsene (dev’essere un altro effetto del bushismo…)… Un’avanguardia inesistente (peccato che il rapporto fra jazz e performing arts stia dando dei frutti notevolissimi ; peccato che l’incalzare di nuove ondate migratorie, da quella slava a quella asiatica originatasi in India e Pakistan, stia dando vita a connubi linguistici straordinari, di cui una eco ben più ridotta si avverte anche in Inghilterra: immagino che artisti come Vijay Iyer e Rudreesh Mahanthappa siano dei relitti di qualche naufragio culturale; peccato che il dialogo fra gruppi etnici diversi stia creando nuovi laboratori di cui, nella nostra purezza, nordica o mediterranea, non avvertiamo alcun impulso, preferendo noi l’esaltazione delle radici, a rischio di scivolare nella melma appiccicosa della più neo-colonialista world music d’accatto…), un’insistenza sulle proprie radici meticciate (quella volgare insistenza sui dati dello hard bop, che qualcuno già trenta e quaranta anni fa viveva come un rigurgito di conservatorismo), l’evoluzione metrica del bop nelle forme di rap e hip hop, le evoluzioni ritmiche allineatesi alla ricchezza immaginifica della slam poetry, il riallaccio costante alle varie forme culturali derivate dal mondo culturale africano e africano-americano… Minuzie, naturalmente, di fronte all’innovazione europea, che da decenni ormai continua a girare su sé stessa, come Narciso di fronte a uno specchio d’acqua. Mi stupisce come certa autoreferenzialità autarchica (e pensare che, ad esempio, Enrico Rava ha dato il meglio di sé, che non è poco, proprio nella sua ispirazione più cosmopolita, ben prima che vezzosamente, come una nonna perennemente incinta, si dedicasse a fare il profetta dell’italica cultura popolare con una spruzzata di europeismo, tanto per non sembrare troppo provinciale…), che non di rado sfocia in una spocchiosa auto-sopravvalutazione, venga spacciata per innovazione: insomma, rinnovare il guardaroba dei propri avi rischia di passare non per una sana politica anti-tarme, ma per creatività allo stato puro, non un elegante, ancorché di corto respiro (in un mondo che comunque insegue il sincretismo, vivaddio), accenno alle proprie radici, ma un vero e proprio processo creativo ex novo… Ho sempre ammirato Esbjorn Svensson perché, pur alla ricerca di una sua originalità locale (glocale?), non si vergognava di esibire il fatto che la fonte del suo sostentamento creativo fosse in larga parte extra-europea, anzi americana e africana-americana. Riconosco di avere in uggia l’estetismo europeizzante che puzza di nazionalismo: ho amato il secolo di quei barbari che si chiamavano Ives e Cowell, Gershwin e Armstrong, Copland e Jelly Roll Morton, Cage e Mingus, Feldman e Coltrane. E ci aggiungerei, per buona misura, che so, Chávez e Revueltas, Arturo Márquez e Javier Álvarez, magari pure Peter Sculthorpe o Ernesto Nazareth e, perché no, anche lo stravolgimento indio che Villa-Lobos fece di Bach. Amerei avere le tue certezze, quelle certezze che ti fanno preferire Franco D’Andrea (eccellente pianista, persona squisita e, certamente, modesta e rigorosa) a Chick Corea… Peccato che D’Andrea, pur con tutta la sua strepitosa bravura, non abbia cambiato la storia della musica improvvisata di una virgola, mentre Corea di virgole ne ha cambiate tante (altrimenti, parte del pianismo modale sarebbe rimasta ferma a McCoy Tyner). Esistono anche i ruoli storici, a meno che non si voglia creare nuove scale di valori. E, certo, apprezzo anch’io l’intelligenza, anche l’astuzia di Paolo Fresu, la sua eleganza, ancorché abbia inventato poco o nulla di nuovo. Anzi, lo ammirerò ancora di più quando l’avrò sentito cavare anche un acuto, così, tanto per fare “nu muorzo e’ vita”, come dicono a Napoli). Lungi da me negare il talento di tanti artisti italiani (oggi orgogliosamente riuniti in casta), non vorrei però doverne negare invece la derivatività, che nel jazz, ahimé, è cosa piuttosto comune in ambito idiomatico, per chi non vuole essere cosciente della primari età africana-americana. Sì, è pur vero che mio padre era di colore e che i bianchi gli stavano un po’ sulle scatole: devo avere ereditato qualcosa da lui.

Ancora una brevissima replica. Non ho mai affermato, ovviamente, che il jazz europeo è superiore o migliore o in qualche modo preferibile rispetto a quello afro-americano. Non essere forzatamente americanocentrici nelle scelte non significa essere automaticamente eurocentrici. Da parte mia amo profondamente tutta l’avanguardia chicagoana, i musicisti della AACM grazie ai quali mi sono avvicinato al jazz, per poi esserne conquistato e formato. Ho infatti effettuato un percorso a ritroso: partito da Braxton, Leo Smith, George Lewis e Art Ensemble of Chicago sono poi risalito ai giganti che li hanno preceduti, amandoli e riconoscendo in essi gli ispiratori della AACM e delle generazioni successive. Condivido buona parte delle tue affermazioni sociologiche, storiche e anche politiche, compreso l‘accenno allo scrittore veramente meritevole del Nobel di quest‘anno. Ricordo con un misto di ironia e rabbia gli anni in cui qualsiasi musicista, purchè suonasse free, era applaudito a prescindere da effettivo merito e valore. e un gigante come Stan Getz inesorabilmente fischiato perché bianco, quindi reazionario e superato. Scemenze che per fortuna costituiscono solo il folklore di un certo periodo. D’accordo anche sul valore nel contesto storico: Corea ha scritto pagine, indubbiamente. Oggi però è molto meno interessante di alcuni dei migliori pianisti italiani, quindi, se voglio andare ad ascoltare musica viva, vibrante, sincera, rigorosa evito Chick e scelgo Franco. Non è che Corea non sappia più suonare, naturalmente, è che ha fatto scelte differenti e sicuramente più gratificanti per il suo portafoglio e non mi basta riconoscerne il valore storico quando vado ad un suo concerto. Gustosi i tuoi ricordi famigliari, io posso solo vantare una nonna tedesca ed un nonno pittore: bianchi, nord-europei e vissuti senza aver mai visto un nero americano.

Ma a questo punto , per evitare di annoiare e di scrivere un libro, passerei volentieri il testimone ad altri. A Gianni un caro saluto, è bello condividere una passione cosi’ forte….

 
 
 

DAVE HOLLAND SEXTET - PASS IT ON (DARE2) 2008

Post n°1077 pubblicato il 15 Ottobre 2008 da pierrde
 

Track listing: The Sum Of All Parts; Fast Track; Lazy Snake; Double Vision; Equality; Modern Times; Rivers Run; Processional; Pass It On.

Personnel: Dave Holland: bass; Eric Harland: drums; Antonio Hart: alto saxophone; Robin Eubanks: trombone; Mulgrew Miler: piano; Alex Sipiagin: trumpet.

Dave Holland è oramai sulla scena da più di quantant'anni, e se la prima parte della sua carriera si è contraddistinta per l'appartenenza a gruppi di grandi leader dall'impatto dirompente e rivoluzionario (Miles Davis e Anthony Braxton), dagli anni '80 in poi il contrabbassista inglese è diventato leader di formazioni e grandi orchestre con risultati notevolissimi ma all'insegna di un moderno e classico mainstream di matrice free-bop, in cui la parte scritta e l'arrangiamento sono comunque preponderanti rispetto all'improvvisazione pura. Dopo una lunga militanza per l'etichetta di Manfred Eicher, Holland firma il suo diciottesimo album da leader, il terzo per Dare2. Il menù è variato ma il prodotto è eccellente: per la prima volta nella formazione compare un pianista, il bravo ed eclettico Mulgrew Miller (ascoltatelo nella ballad Equality), ci sono tre ottimi fiati che comunque già gravitavano nelle formazioni precedenti, e compare un giovane talentuosissimo batterista, Eric Harland, vero  trascinatore dotato di eccellente tecnica. L'intesa con Holland è istantanea, e già nel primo brano dal sapore latino (The sum of all parts, un inedito a firma Robin Eubanks) l'incontro produce faville. Dei nove brani presenti nell'album ben sette appartengono al repertorio di Holland e compaiono in diversi dischi pubblicati in un arco temporale che abbraccia gli anni '80 e '90. Sono stati rigenerati e ripensati con nuovi arrangiamenti ed adattati alla nuova formazione con risultati spesso superiori agli originali. Splendida l'improvvisazione collettiva dei fiati nella versione aperta di Rivers Run, capace di non far rimpiangere la versione originale presente nell'album Triplicate del 1988 in trio con Jack de Johnette e Steve Coleman. Il brano inedito a firma Holland è Fast Track, che sembra mutuato dagli album Blue Note degli anni '60 tanto è classicheggiante, con un Miller lanciato sulle orme di Mc Coy Tyner, spumeggiante e teso. Come tutti i lavori precedenti Pass It On piace immediatamente e convince sempre più ad ogni ascolto successivo.

V A L U T A Z I O N E : * * * *

 
 
 

UN FILM SU LOUIS ARMSTRONG

Post n°1076 pubblicato il 14 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: NEWS

L'acteur et réalisateur américain Forest Whitaker débutera cet été le tournage d'un biopic de Louis Armstrong. Intitulé What a Wonderful World, le film retrace la vie et la carrière du trompettiste depuis son enfance à la Nouvelle Orléans jusqu'à son décès en 1971. Le film est le premier projet autorisé par les légataires de Satchmo et les scénaristes ont eu accès à un ensemble d'archives ainsi qu'à la correspondance d'Armstrong. Pour Forest Whitaker, il s'agira alors d'incarner pour la deuxième fois une figure majeure du jazz. En 1988, son incarnation inspirée de Charlie Parker dans le très beau Bird de Clint Eastwood lui avait valu le prix d'interprétation masculine au Festival de Cannes.

 
 
 

LA SCOMPARSA DI CLAXTON, UN FOTOGRAFO DEL JAZZ

Post n°1075 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da pierrde
 
Tag: NEWS

William Claxton, a photographer whose portfolio included many of the world’s most famous people—among them numerous greats of jazz—died of congestive heart failure on Oct. 12 at Cedars-Sinai Medical Center in Los Angeles. Claxton was 80.

Claxton’s iconic portraits of trumpeter and vocalist Chet Baker helped boost the musician’s popularity in the 1950s, and Claxton’s other subjects ran the gamut from Joni Mitchell and Bob Dylan to Frank Sinatra, Barbra Streisand and Steve McQueen. Jazz artists who came before Claxton’s camera included Thelonious Monk, Mel Tormé, Duke Ellington, Dizzy Gillespie, Charlie Parker and Stan Getz.

Leggi l'articolo completo su : http://www.jazztimes.com/columns_and_features/news/detail.cfm

Da You Tube un omaggio a Jazz Life, uno dei più bei libri fotografici sul jazz

 
 
 
 

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